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TUTTE LE PERSONE VIVE (di Rosalinda Conti)

Questa recensione fa parte di Cordelia, marzo 2023

La straziante gentilezza che «cerca di convincere e convincersi» arrovellandosi nelle curve delle parole, come in una corsa ma senza affanno, anima Tutte le persone vive, scritto da Rosalinda Conti per la regia di Lorenzo Montanini. Il lavoro, dopo la residenza multidisciplinare della bassa Sabina al Teatro delle Condizioni Avverse, della quale si percepisce la stratificazione di tempo e studio, debutta a Fortezza Est che lo produce e presenta in anteprima in una sala strapiena di pubblico, per il quale c’è stato bisogno di aggiungere sedie e panche ulteriori rispetto a quelle previste. Una struttura di ferro esile rivestita di pannelli di plastica è montata al centro della scena, una sorta di serra all’interno della quale in alto a sinistra è accesa una tv con segnale assente, mentre sulla destra al tavolo di legno è seduta l’attrice Giordana Morandini, Agata. Bandierine colorate a tagliare in obliquo lo spazio, una bottiglia di spumante, una torta. Nessuna festa: «ho letto che inevitabilmente i funghi […] prenderanno possesso di ogni nostro oggetto». Da questo assunto prende la discesa, perché non ci sarà risalita alcuna se non l’umanità di una conclusione nichilista che confessa «io non so niente», il soliloquio sulla vita e la perdita, denso di anafore e ripetizioni e congiunzioni e avverbi compressi in frasi che si alternano a pause di lunghi silenzi e a sfoghi sulle note di Rocky Roberts. E anche lacrime, quelle che scivolano sul volto insieme allo sciogliersi del trucco. La scrittura segna il momento in cui, prima o poi, tutte e tutti ci troveremo scoperti nel nostro mezzogiorno della vita, «in un tempo senza riparo e senza rifugi» e così Agata, davanti al lutto dell’albero con il quale condivideva il rettangolo davanti casa, escogita una dichiarazione di emotività, esagerata in alcune ridondanze interpretative e testuali che sarebbe consigliabile limare ulteriormente, che ci interroga palesando i disgraziati tentativi tramite cui non accetta la fine, «io posso morire gli altri no», e che permettono, nella solitudine, di trovare tuttavia «un modo di salvare me e di salvarmi il cuore». (Lucia Medri)

Visto a Fortezza Est: di Rosalinda Conti, regia Lorenzo Montanini, con Giordana Morandini, locandina Francesca Mariani, uno speciale ringraziamento a Daniela Dellavalle, Residenza multidisciplinare della bassa Sabina Teatro Delle Condizioni Avverse, produzione Fortezza Est. Foto Manuela Giusto

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Lucia Medri
Lucia Medri
Laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale, sceglie di dedicarsi alla scrittura critica partecipando a workshop e seminari presso la Fondazione Romaeuropa. Dal 2013 è redattrice presso la testata online Teatro e Critica e approfondisce parallelamente la sua formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi). Negli ultimi anni si specializza in web editing prendendo parte a master e stage dedicati al Social Media Management presso aziende operanti nel settore culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018 riceve il Premio Garrone «al critico più sensibile nel leggere il teatro che muta».

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