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SEROTONINA (regia Patrick Guinand)

Questa recensione fa parte di Cordelia di maggio 25

© ivan nocera per teatro di napolii

L’uomo di Houellebecq zuppo di misoginia, virilità fallica, fastidio per la puzza degli “altri” (gay, ciechi, poveri, stranieri, senzatetto) e disprezzo per i rattoppi di sinistra messi al reale. Vino e antidepressivi, tra ricordi di scopate e un sentimento di debacle. In Serotonina è sul ciglio d’una fossa che ha la forma d’una stanza asettica, scelta per non lasciare impronte, eredità. Sta dunque a un istante dalla morte, a un passo dal suicidio. Due conseguenze: può dire solo il passato, nell’attimo estremo e dilatato del presente; parla troppo – non per rinviare la fine, come in Beckett, ma per andare vuoto d’ogni peso e sfogo all’aldilà, come in Bernhard. Abita una stanza bianca, poltrona, divano, finestre con tapparelle chiuse su un fondo che a un punto s’apre sul buio (è la notte scelta per non farsi vedere sfracellato), a destra lo scarico dell’immondizia in cui versare vetro, lattine e uova (sabota così la differenziata cara ai borghesi eco-responsabili), a sinistra la custodia che allude a una tastiera e serba un fucile, con cui fa coincidere memoria dell’ascolto di un disco e decisione di farla finita. Ha la chiarezza d’occhi (sotto cui però sta l’abisso), il volto glabro e i gesti di rancore (mai privi d’eleganza) di Andrea Renzi, attorno a cui gira Rebecca Furfaro, che fa da serva di scena, spettro, restanza e controcanto: porta oggetti, partecipa al racconto, commenta certe frasi scuotendo la testa, annuncia il lutto cambiando la sottoveste bianca dell’inizio con una identica, di colore nero. D’accordo, sapere d’un uomo è scoprire un mondo: vale sempre la pena. E Andrea Renzi se ne fa carico testimoniandolo per incarnazione. Ma la letteratura resta (troppo) letteratura. Due ore di parole frontali, corpo pressato in proscenio, disequilibrio tra verbo e azioni, nessuna emersione di un immaginario dalle parole. Che sono portate ma non trasformate sul palco in qualcos’altro. Ciò che vediamo insomma è quel che è, punto. Verrebbe da chiedere al regista Patrick Guinand: qui il teatro in che consiste? E al Nazionale che l’ha prodotto: sicuri di aver fatto la scelta giusta? (Alessandro Toppi)

Visto al Mercadante di Napoli. Crediti: adattato da Serotonina di Michel Houellebecq, adattamento e regia Patrick Guinand con Andrea Renzi e Rachele Furfaro, scene Claude Santerre, costumi Giuseppe Avallone, disegno luci Hervé Gary; aiuto regia Manuel Di Martino, produzione Teatro di Napoli-Teatro Nazionale.

Cordelia, maggio 2025

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Alessandro Toppi
Alessandro Toppi
Alessandro Toppi è critico e giornalista napoletano. Scrive prima per il Pickwick, di cui è fondatore e direttore fino al 2022. Dal 2014 è redattore per Hystrio, dal 2019 scrive per le pagine napoletane de la Repubblica e dal 2020 è direttore de La Falena, rivista semestrale di cultura e teatro promossa dal MET di Prato. Negli anni suoi interventi, prefazioni, postfazioni e approfondimenti sono comparsi in varie pubblicazioni. Del 2024 la curatela condivisa con Maria Procino del volume Tavola tavola chiodo chiodo… Il teatro di Eduardo nello spettacolo di Lino Musella edito dalla redazione napoletana de la Repubblica.

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