Questa recensione fa parte di Cordelia di giugno 25

Fragile, luminescente e segreto. Nello spazio mentale e purgatoriale (soffitta? cantina? trans-loco?) della scena (cristalleria, deposito) pendono lampadari a varie altezze e stazionano vuote casse di legno (che saranno luci, mari in tempesta e giostre, palchi e abissi, nascondigli, sentieri, fuochi). Il corpo a corpo simbiotico, simbolico e fraterno (ma in ogni fraternità vi è pur il riverbero di Caino e Abele) è una danza densa (con tracce di Bausch) di gesti e sudore, gioco di inseguimenti, mosca cieca e nascondino, caccia a tesori, infanzia (per etimologia: muta) che affiora dalle fiabe e nel mito (da Pinocchio in cerca di Balocchi a Icaro in cera che si scioglie). Siamo nel luogo incandescente della trasformazione e dell’incastro, nella lotta/abbraccio di un fratello narratore e un fratello provocatore (che sono anche figli e genitori reciproci), nel tentativo vano e necessario di provare a dire, o anche solo sentire, e nel sabotaggio domestico che il mistero e la malattia (lo spettro dell’autismo: tratto dal romanzo di Carmelo Samonà) operano. Cura e protezione del maggiore, ma anche esasperazione, voglia di mondo e desiderio di fuga (tentazione d’indossare quell’abito che farebbe l’adulto, là su una gruccia). Un vortice dentro nel minore parla con i suoi tic, petizioni e ripetizioni, opposizioni, macigni dentro, testate opache e parole indiziarie. La diversità è nocciolo duro (ferite di cui il teatro di Antonio Viganò e la compagnia la Ribalta, per citare Otello Circus, non ha paura), è sasso nella scarpa, pietra d’inciampo (scandalo), masso di Sisifo (fatica escheriana) e sassolino di Pollicino (per tornare a casa). “Cercami, cercami ancora, anche se mi hai trovato”. Intorno a questo movente paradossale si formano e decostruiscono i gesti e la parole, gli scontri e le carezze messe in corpo da Paolo Grossi e Michele Calcari con una fisicità ri-sentita e sprizzante emozioni, in un teatro capace di evocare senza spiegare, gioie e attrito dei legami, credibile e toccante anche se (o proprio quando) la logica deve arrendersi come il cadavere dormiente di un bimbo spiaggiato, calco finale in cui la parentela intima si fa eco dello stare al mondo. (Matteo Columbo)
Visto al teatroLaCucina nell’ambito del festival Da vicino nessuno è normale Liberamente ispirato al romanzo di Carmelo Samona regia, costumi e scene: Antonio Viganò testi: Carmelo Samonà, Antonio Viganò, Remo Rostagno, Michele Fiocchi con: Michele Calcari e Paolo Grossi light designer: Melissa Pircali assistenza drammaturgica: Gianluigi Gherzi produzione: Teatro la Ribalta-Kunst der Vielfalt in collaborazione produttiva con Balletto Civile e Gli Scarti ETS