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Foresto di Babilonia. Un sorprendente Koltès tra dialetto e LIS

Recensione. Babilonia Teatri ha debuttato a Pergine Festival con Foresto, da La notte poco prima delle foreste di Bernard-Marie Koltès. Andrà in scena anche il 23 agosto a Bassano nell’ambito di B.Motion –  Operaestate Festival.

Foto Elisa Vettori

Il teatro di ricerca insegue da sempre l’utopia dei nuovi linguaggi, il sogno delle nuove forme. Talvolta, quando tutto sembra già sperimentato, basta dirigere lo sguardo altrove, in un luogo prossimo ma inesplorato. Accade quando si rompono i tabù e si forzano i confini, quando la disabilità in scena ad esempio non ha obiettivi sociali o terapeutici ma diventa nuova possibilità estetica per un nuovo pubblico. È accaduto a Pergine Festival, ma è sempre più presente un movimento tra danza e teatro in cui l’artista disabile è protagonista e creatore. Anche la Lingua dei Segni Italiana ha cominciato a intercettare il palcoscenico della ricerca contemporanea con interessanti sviluppi: recentemente su queste pagine è stato raccontato Monumentum di Cristina Rizzo e Diana Anselmo, e ora ha debuttato il nuovo e bellissimo spettacolo di Babilonia Teatri, Foresto.

Elisa Vettori

Alla destra del palco c’è Enrico Castellani, stringe il microfono in una mano e di fronte, su un’asta, ha un laptop. Recita – ma è cone un canto – parole in veneto, anzi veronese per la precisione, è appassionato, preciso: il corpo si piega in avanti come quello di un cantante rock all’apice della performance, con una ritmica potente, ma che si discosta dall’abituale scansione metrica dei Babilonia. Anche perché qui le parole sono di Bernard-Marie Koltès e Castellani rimane ancorato alla vertigine della Notte poco prima delle foreste che grazie alla traduzione dialettale si arricchisce di una musicalità naturale e di un’asprezza che rende ancora più ruvido questo racconto di anime nel buio. Alla sinistra di Castellani, in mezzo al palco, protagonista della pièce, c’è Daniel Bongioanni, performer sordo che attraverso la lingua dei segni recita il testo (ne è anche traduttore) con una fisicità dirompente e una mimica, che con la sua verve grottesca, ha un potere magnetico per la platea. Sullo sfondo il monologo viene proiettato in italiano chiudendo così il trittico linguistico di un’opera che appare semplicissima per il pubblico celando però al contempo diversi livelli di complessità e sfumature.

Elisa Vettori

Siamo a Pergine per la seconda edizione a guida Babilonia Teatri dello storico festival trentino, Valeria Raimondi – l’altra metà della compagnia veneta che da vent’anni ciclicamente scuote il teatro italiano – mi ha spiegato come durante la ricerca si sia aperto un mondo inesplorato: l’inclusività è uno dei fili rossi del festival e così l’accessibilità per spettatori ciechi o sordi. Babilonia ha spesso lavorato con corpi altri e artisti disabili, ma qui il focus appunto è anche sulla platea: numerosi spettacoli del festival prevedevano infatti sovratitoli oppure audio descrizioni. Ed è stato proprio il lavoro su questo nuovo spettacolo, Foresto, e l’incontro con Bongioanni a fare emergere il piano spettatoriale, a cui dovrebbero cominciare a guardare con maggiore sistematicità e impegno anche altri festival e teatri; a partire da una semplice dotazione informativa, ovvero la presenza di un programma in cui siano segnalate le diverse possibilità di apertura per pubblici con disabilità.

Il Foresto del titolo naturalmente richiama le foreste del testo originale e in veneto indica proprio il cuore della drammaturgia di Koltès, ovvero essere straniero, forestiero. Qui l’adattamento di Castellani fa una piccola ma necessaria virata, lo straniero diventa la persona sorda nella nostra società abilista e il viaggio del protagonista diventa dunque anche il viaggio di chi deve trovare un modo di comunicare, di chi agita le mani senza essere capito, anzi ricevendo solo derisione.

Comincia con la pioggia il peregrinare di una voce che non può fare a meno dell’altro, di nominarlo: «Eri dietro l’angolo quando ti ho visto», con quella celebre seconda persona singolare che è come un vocativo per lo spettatore. Un uomo sotto la pioggia cerca una stanza per dormire una notte, se dovessimo incontrarlo come reagiremmo? Lo aiuteremmo? Oppure anche noi penseremo: «cosa fa con quelle mani?», «Sa falo con quele mane? Elo mia bon de star fermo?»

Dopo qualche minuto si comprende che quest’uomo perso nella notte non cerca solo una camera per dormire, ma un compagno, qualcuno con cui sfidare il destino. Il testo, primo successo tra le drammaturgie di Koltès, debuttò nella sezione off del Festival di Avignone del 1977 con l’interpretazione di Yves Ferry; erano gli anni della fede comunista per il giovane autore, cosciente e dolente per la tipica contraddizione dell’artista che si definisce comunista mentre è alla famiglia borghese che deve il proprio sostentamento. L’idea del personaggio di Koltès è quella di fondare un sindacato internazionale, che difenda i più deboli, oltre le frontiere. Tutto si mescola, la politica, la solitudine e la solidarietà. Il sesso va sacrificato per una causa più alta: «non bisogna mia farselo vegnar duro / no bisogna mia vegner,/ bisogna controllarse a tutti i costi- perchè l’è lì che i ne speta per fregarne- fin quando la me idea de sindacato internazionale non la vinsarà, / allora sarà tutto nostro, bar, strade, puttane, i butei con le catene e i bastoni, tutta la terra e tutto el ciel / allora i sarà i foresti a goder». Come un fiume in piena, come un poema senza voce ma pieno di parole, mentre la musica elettronica dal vivo e il sound design di Giovanni Frison vibrano nei bassi per riverberare sul corpo del performer – Babilonia ha dovuto calibrare l’impatto musicale rispetto a una platea di persone sorde usando anche le luci con un criterio ben preciso.

Foto Elisa Vettori

In questa versione dell’opera il lato simbolico cresce esponenzialmente e il dato reale riferito all’incapacità di esprimersi a parole sfuma lentamente, non c’è bisogno di ulteriori riferimenti. Il protagonista è il giovane e formidabile interprete della lingua dei segni, oppure l’attore quarantenne alla sua sinistra? È il performer con la faccia pulita oppure il ruvido interprete? Siamo noi persi nel buio delle nostre esistenze, è l’immigrato ai lati delle nostre strade, sono gli occhi di chi non ha nulla quando incontrano chi è nato dalla parte fortunata del mondo.

Andrea Pocosgnich

30 Giugno 2024, Pergine Festival

Prossime date in calendario tournée

23 agosto 2024 Bassano, B.Motion

Foresto

Da La notte poco prima delle foreste di Bernard-Marie Koltès
Cura, regia Babilonia Teatri
Traduzione Francesco Bergamasco
Adattamento in dialetto veronese Enrico Castellani
Traduzione LIS Daniel Bongioanni
Con Enrico Castellani e Daniel Bongioanni
Collaborazione scientifica Jean Paul Dufiet
Musica live e sound design Giovanni Frison
Light design Luca Scotton
Consulenza accessibilità Ass. Fedora
Interprete LIS Andrea Consolaro
Foto e video Giulia Lenzi
Co-produzione Pergine Spettacolo Aperto, OperaEstate Festival, Teatro Scientifico di Verona
Con il sostegno di Fondazione CARITRO
In collaborazione con l’Università degli Studi di Trento
In accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di François Koltès
L’opera “La notte poco prima delle foreste” nella traduzione di Francesco Bergamasco è edita da Arcadiateatro Libri, Bernard-Marie Koltès TEATRO – Volume 3

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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