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Sergio Rubini e Pier Giorgio Bellocchio. Dostoevskij a due voci

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Sergio Rubini e Pier Giorgio Bellocchio in Una sera Delitto e una sera Castigo al Teatro Argot Studio. Recensione

Foto Marco Delogu
Foto Marco Delogu

«All’Argot non ci si capita, devi venirci appositamente ed è questo che rende ancora più significativa l’esperienza teatrale». Sergio Rubini con schiettezza ci consegna una piccola ma strutturale verità, non poi tanto nuova forse, ma a volte è bene fare della realtà una sottolineatura. Il Teatro Argot Studio, a differenza di altre sale (storiche) appartenenti al circuito teatrale romano, non vanta una spregiudicata celebrità tale per cui la sua programmazione è sempre alla ribalta o sponsorizzata attraverso l’affissione pubblicitaria. Andarci vuol dire fare una scelta, la stessa che prende ormai da anni un cospicuo numero di spettatori dei teatri off romani, con la consapevolezza di abbracciare l’intima dimensione ravvicinata e carnale del fruire, sia lo spettacolo che lo spazio.

Andare ma anche ritornare. Sergio Rubini “rincasa” nello spazio di via Natale del Grande dopo trent’anni dalla sua prima regia, dopo il cinema, dopo il successo e dopo l’affermazione professionale, fatta di premi e riconoscimenti. Qui incontra Pier Giorgio Bellocchio e insieme decidono di dare un segno, teatrale, a questi trent’anni, lavorando insieme a Una sera Delitto una sera Castigo. Reading a due voci che partendo dal romanzo di Fëdor Dostoevskij indaga la personalità duplice e ambigua del protagonista; presentando alcuni dei capitoli del testo originale una sera si porrà l’attenzione sulla tematica del Delitto, nell’altra si leggerà del Castigo. Più volte abbiamo parlato di come il luogo in cui viene presentato un lavoro svolga la funzione di agente drammaturgico e di senso nella percezione, ribadendo che lo spazio, in molti casi, fa lo spettacolo. La scena di Gregorio Botta creata all’interno della piccola sala del teatro, si inserisce nelle righe degli estratti del romanzo letti dagli attori amplificando quella biografia scenica dei personaggi che traspare nella selezione dei capitoli fatta dal regista insieme alla editor Carla Cavalluzzi. Sembrerebbe l’interno di una casa, ma anche di una taverna e perché no una strada, nonostante a essere presenti sul pavimento di legno siano solo due sedie, alcuni bacili per raccogliere l’acqua e penzolanti dal soffitto al centro della scena delle corde, diverse funi e anche un cappio. Tutt’intorno, sulle teste dei due attori, una dozzina tra cappotti e giacche scure appese in alto, afflosciate per la mancanza di un corpo che dovrebbero coprire, riparare e proteggere.

Foto Manuela Giusto
Foto Manuela Giusto

Ma non c’è riparo nella torrida e insolita estate pietroburghese, non c’è protezione per Rodja, un inetto con la mania del supereroe la cui voce è affidata a un composto Bellocchio accompagnato da una voce narrante, dalla sua Sonja, da Petrovič, Svidrigajlov, Marmeladov, Lužin e da Nastas’ja Petrovna; interpretati con nervosa e poliedrica vis attoriale da Rubini. L’idea registica di rendere «la natura bitonale del romanzo portandolo in scena attraverso una lettura a due voci, divisa in due serate», se da una parte riesce nel tentativo di scindere il racconto in due caratteri ai quali affidare la lettura degli estratti, dall’altra mette in evidenza l’impossibilità di fare altrettanto con la tematica del delitto e del castigo. Da calendario la serata da noi scelta dovrebbe corrispondere al Delitto, e lo è ma solo in superficie. Proprio quella natura ambivalente e strettamente interrelata del romanzo impedisce agli ascoltatori di poter delimitare quale sia la colpa e quale la pena e se l’una sia ragione o conseguenza dell’altra, restano così legate indissolubilmente nell’affascinante e complessa attitudine di Raskol’nikov.

Il Teatro Argot si riconferma come uno spazio di indagine, Rubini vi ritorna a sperimentare con un lavoro che tenta, riuscendodoci, una rilettura di Delitto e Castigo e scindendolo ne analizza le relazioni e le dinamiche narrative. Ragionare sulla duplicità restituendo quel «groviglio paranoico» costituito da “frammenti inscindibili”, l’ossimoro dell’io.

Lucia Medri
Twitter @LuciaMedri

visto al Teatro Argot Studio nel mese di dicembre 2014

UNA SERA DELITTO UNA SERA CASTIGO
Pier Giorgio Bellocchio / Sergio Rubini
a cura di Sergio Rubini
con Pier Giorgio Bellocchio e Sergio Rubini
suoni G.U.P. Alcaro
curatrice del progetto Paola Pedrazzini
editor Carla Cavalluzzi
foto Marco Delogu
scene Gregorio Botta

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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