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HomeVISIONIRecensioniTre generazioni a teatro: il pascolo della Valle dei Ragazzi

Tre generazioni a teatro: il pascolo della Valle dei Ragazzi

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foto di Cinzia Campana

Un bimbo di quattro anni, lo zio di trenta e la nonna di sessantacinque in un teatro che di anni ne ha 285, il più antico edificio teatrale ancora in attività a Roma. Tre generazioni raccolte nella stessa platea, di fronte a una replica di Piccoli Movimenti Colorati, lo spettacolo che al Valle Occupato ha inaugurato la rassegna Valle dei Ragazzi, quest’anno distribuita lungo due delle cinque stagioni in programma. Il gruppo Teatri Imperfetti raccoglie sul palco un cerchio di spettatori estremamente eterogeneo, per mostrare una variazione sul tema del colore, una delicata e poetica sinfonia attorno alle possibilità di immaginare, di vedere un mondo fantastico mentre si crea da macchie di gesso e schizzi di vernice.

Senza che sia spesa alcuna parola, tra Gianni Franceschini e Maria Ellero nasce un dialogo fatto e portato avanti dalla pittura di uno e dalla danza dell’altra: ora acquattata in una valigia da cui spuntano solo i piedi, ora raccolta in pochi centimetri con complicati incastri quasi da contorsionista, la performer abita uno spazio che le si arricchisce intorno; con la semplicità delle associazioni mentali e la complessità del loro simbolismo, il pittore (che con il suo fare malinconico e l’agire spedito è quasi un clown) riempie di colore il foglio bianco steso sul palco, passando dal pastello all’olio, dal gesso alle figure di cartapesta. L’oggetto da creare è la Natura, il soggetto è il corpo umano, da immaginare è una relazione tra i due e tra soggetto e soggetto, che dialogano condividendo solo i margini di un linguaggio.

La radice primordiale di questa operazione, articolata in un silenzio di 35 minuti arricchito dal suono di musiche off e di un carillon suonato dal vivo, germoglia – come da attese – nella risposta del pubblico. Il vero spettacolo accade lì, nel cerchio che raccoglie quelle tre generazioni, riunite e che tuttavia esprimono tre gradi ben diversi di presenza. Il genitore, lo zio o il nonno raggiungono il teatro in veste di accompagnatori, ché all’apparenza il vero spettatore è il bambino. Se l’attenzione che quest’ultimo dedica all’azione è tangibile e costantemente attiva, pur in quella prevedibile frammentarietà che permette il volgersi altrove dello sguardo e l’alzarsi di piccoli commenti, la partecipazione degli adulti vive un rischio fondamentale: proprio quel ruolo di accompagnatori idealmente li separa dalla vera e propria esperienza di visione, offre al loro sguardo un rifugio che li allontana, come se quel che accade in scena non dovesse riguardarli.
Il risultato può essere duplice: da un lato un totale estraniamento, una pausa di attenzione che in alcuni si manifesta nell’occhiata al cellulare o nel classico “ssst” in risposta al commento del bambino; dall’altro un totale abbandono alla fruizione, la caduta a terra di tutte le armi, l’integrazione eccezionale con la materia che è in scena e intorno alla scena.

foto valleoccupato.it

Alla nonna di sessantacinque anni lo zio trentenne ha fatto spegnere il cellulare, lei ha permesso al nipote di quattro anni di sederlesi sulle ginocchia. Questi ha seguito lo spettacolo in attenzione totale, senza mai staccare gli occhi dalla scena o cambiare posizione. E la nonna – senza più distrazioni – ha potuto seguire lo spettacolo, libera dal ruolo di semplice accompagnatrice, o forse proprio in quel ruolo sentendosi al sicuro. Come se il fatto di accompagnare uno spettatore le togliesse poi l’incombenza di farsi un’idea personale dello spettacolo.

E il nipote? È stato davvero così attento? Dopo gli applausi gli attori hanno invitato i bimbi a usare i colori, per completare a piacimento la gigantografia appena dipinta. Il nipote era entusiasta del lavoro, che aveva seguito da capo a coda ma non senza fare caso (e poi riferirsi) a tutti i commenti sommessi, a detta sua “importantissimi per questo bello spettacolo”, che arrivavano dagli altri bambini. Anche quelli che lo zio, troppo impegnato a formulare le note critiche che ingombrano ben due paragrafi di questo scritto, non aveva registrato. Maledetti ruoli.

Sergio Lo Gatto

Visto al Valle Occupato in dicembre 2012

Teatrimperfetti/Maria Ellero
PICCOLI MOVIMENTI COLORATI
azione poetica per bambini piccolissimi dai 2 ai 5 anni
di e con
Maria Ellero/danzatrice-attrice
Gianni Franceschini/pittore-attore
produzione Teatrimperfetti/Maria Ellero

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Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto è giornalista, critico teatrale e ricercatore. È stato consulente alla direzione artistica per Emilia Romagna Teatro ERT Teatro Nazionale dal 2019 al 2022. Attualmente è ricercatore presso l'Università degli Studi Link di Roma. Insegna anche all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna, alla Sapienza Università di Roma e al Master di Critica giornalistica dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" di Roma. Collabora alle attività culturali del Teatro di Roma Teatro Nazionale. Si occupa di arti performative su Teatro e Critica e collabora con La Falena. Ha fatto parte della redazione del mensile Quaderni del Teatro di Roma, ha scritto per Il Fatto Quotidiano e Pubblico Giornale, ha collaborato con Hystrio (IT), Critical Stages (Internazionale), Tanz (DE), collabora con il settimanale Left, con Plays International & Europe (UK) e Exeunt Magazine (UK). Ha collaborato nelle attività culturali e di formazione del Teatro di Roma, partecipato a diversi progetti europei di networking e mobilità sulla critica delle arti performative, è co-fondatore del progetto transnazionale di scrittura collettiva WritingShop. Ha partecipato al progetto triennale Conflict Zones promosso dall'Union des Théâtres de l'Europe, dove cura la rivista online Conflict Zones Reviews. Insieme a Debora Pietrobono, è curatore della collana LINEA per Luca Sossella Editore e ERT. Tra le pubblicazioni, ha firmato Abitare la battaglia. Critica teatrale e comunità virtuali (Bulzoni Editore, 2022); con Matteo Antonaci ha curato il volume Iperscene 3 (Editoria&Spettacolo, 2018), con Graziano Graziani La scena contemporanea a Roma (Provincia di Roma, 2013). [photo credit: Jennifer Ressel]

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