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Luca De Fusco: il classico e il contemporaneo nell’Orestea

 Al teatro Argentina Luca De Fusco dirige l’Orestea di Eschilo. Recensione

Agamennone. Foto Fabio Donato
Agamennone. Foto Fabio Donato

Un terreno di cenere lavica copre il palco del Teatro Argentina. Forse, più che disporre sguardo e immaginazione davanti alle porte di un palazzo, ci diremmo ai piedi di un vulcano silente pronto a esplodere, dove le azioni chiamano al sangue altro sangue. Di questra giostra infernale riconosceremo atti tremendi, vendette senza fine: il figlicidio determina la morte dell’autore, a questa segue l’uccisione della madre colpevole, poi il tormento sul figlio; eppure si placherà lo scontro di questa macchina da guerra che non concede tregua. Atena, quasi un’aliena in foggia scintillante e metallica, giungerà a istituire una legge che sia uguale per tutti. Ecco quanto in estrema sintesi accade nell’Orestea di Eschilo, unica trilogia della Grecia classica restituitaci intatta nei suoi tre movimenti, che Luca De Fusco dirige in una messinscena unica.

Sulla prima delle tre tragedie, l’Agamennone, il direttore dello stabile napoletano aveva già lavorato per le rappresentazioni classiche siracusane nel centenario della loro storia moderna. A completare il percorso si situano ora a quasi due anni di distanza Coefore e Eumenidi. Di quella prima messinscena ritroviamo soltanto Elisabetta Pozzi e Mariano Rigillo, (e solo la prima nello stesso ruolo di Cassandra), un’evoluzione che – nelle parole di De Fusco – inserisce la sua Orestea in un intervallo di tempo tale da rievocare l’antichità e gli scavi archeologici della prima fino alla contemporaneità nell’uso del video e della ripresa in tempo reale della seconda e della conclusiva.

Coefore. FOto Fabio Donato
Coefore. Foto Fabio Donato

Gli preme inoltre sottolineare l’affinità con il canone greco, il quale prevedeva l’utilizzo di canti e danze all’interno dell’azione drammatica; in questa linea si inserirebbero gli interventi originali delle musiche a cura di Ran Bagno e le coreografie di Noa Wertheim. Alla validità dell’intento però bisogna muovere un primo appunto, ovvero se effettivamente gli interventi coreutici o musicali siano in grado di mantenere vivo questo ponte tra ieri e oggi. Tanto le coreografie, che risultano ancora bisognose di una maggiore esattezza d’interpretazione, quanto i canti melodici situano lo spettacolo vicino al genere musical. Scelta rispettabile quest’ultima se non rimanesse giustapposta a quanto accade sulla scena senza entrare effettivamente nel vivo dell’azione, rimanendo puro abbellimento. Soprattutto se l’accezione di “contemporaneo” alla quale vorrebbe giungere sembra riguardare esclusivamente l’allestimento scenico e non la totalità di mezzi di cui il teatro dispone. Grazie al pavimento in vetro, semicoperto dalla terra nera, le possibilità di azione sarebbero e sono molteplici: il suolo può accogliere l’algidità di un fiume, squarciare i piedi impregnati di fuoco, può  far fuoriuscire i personaggi, liberarli e imprigionarli al contempo. Ma la volontà della sorpresa e dell’effetto, che pure rendono un buon servizio estetico, risultano ripetitive nell’arco delle tre ore e mezza di spettacolo e l’idea di quel ponte tra antico e moderno rischia di sgretolarsi nel corso d’opera. Più riuscito sembra invece il lavoro fatto tramite il video, soprattutto nelle Coefore. Amplificatore metaforico e concreto, l’approccio di  Alessandro Papa percorre una strada interessante, creando una drammaturgia quasi in parallelo in grado di usare il mezzo, errori compresi,  (l'”effetto neve” che lascia presagire delle figure umane) non soltanto come subordinato all’azione.

Eumenidi. Foto Fabio Donato
Eumenidi. Foto Fabio Donato

Cosa accadrebbe se levassimo allora molti degli orpelli di cui non sentiremmo la mancanza? Illuminato dai tagli di luce (buono il lavoro di Gigi Saccomandi soprattutto sull’Agamennone) rimane un gruppo di attori in grado di reggere l’impostazione classica senza cadere in una recitazione manieristica. Tra tutti spiccano Angela Pagano, Corifea dalla graffiante e impetuosa vocalità e Gaia Aprea, nel doppio ruolo di Cassandra e Atena. Quest’ultimo doppio e antitetico, poiché se per la sacerdotessa troiana rapita prevalgono toni drammatici e una scompostezza voluta, nel secondo ruolo non viene inficiata la ieraticità, la compostezza e la potenza sovrumana deputate alla dea.

Eschilo forse più degli altri due grandi tragediografi permette una maggiore libertà, un distaccamento da certi psicologismi e nel contempo mette in luce l’umanità tragica dei personaggi, intrappolati in un irrisolvibile stallo. Oreste, al quale è stato affidato il compito di vendicare la morte del padre Agamennone ad opera di Clitemnestra, nel momento dell’esecuzione tentenna sul seno della madre, giusta misura per un pathos che non è resa patetica. Usciamo da teatro, e ci ritroviamo ascoltatori di non pochi spettatori piacevolmente stupiti per la contemporaneità di quanto appena visto. Riprendiamo le parole del regista sulla possibilità di toccare gli estremi di antichità e mondo contemporaneo, non crediamo che una compresenza non sia possibile, tuttavia occorre considerare quali pesi si trovino sul piatto della bilancia, se un «effetto speciale» che odora dell’oggi o la volontà di restituzione di un’opera, attuale nella sua classicità.

Viviana Raciti

Visto al Teatro Argentina di Roma, gennaio 2015

ORESTEA
AGAMENNONE
(prima parte)
COEFORE E EUMENIDI (seconda parte)
di Eschilo
traduzione Monica Centanni
regia Luca De Fusco
con Mariano Rigillo (Agamennone), Elisabetta Pozzi (Clitemnestra), Angela Pagano (Prima Corifea)
Gaia Aprea (Cassandra, Atena), Claudio Di Palma (Araldo, Apollo), Giacinto Palmarini (Oreste)
Anna Teresa Rossini (Pizia), Paolo Serra (Egisto)
e con Fabio Cocifoglia (Secondo Corifeo), Paolo Cresta (Quarto Corifeo, Servo)
Francesca De Nicolais (Seconda Corifea), Patrizia Di Martino (Cilissa, Nutrice)
Gianluca Musiu (Terzo Corifeo, Pilade, Hermes), Federica Sandrini (Elettra)
Dalal Suleiman (Terza Corifea), Enzo Turrin (Sentinella, Primo Corifeo)
e con le danzatrici della compagnia Körper: Sibilla Celesia, Elena Cocci, Sara Lupoli
Marianna Moccia, Rossella Fusco
scene Maurizio Balò
costumi Zaira de Vincentiis
coreografie Noa Wertheim
musiche Ran Bagno
luci Gigi Saccomandi
suono Hubert Westkemper
adattamento vocale Paolo Coletta
video Alessandro Papa
foto di scena Fabio Donato

Prossime DATE IN TOURNÉE

19-24 gennaio 2016 – Genova, Teatro della Corte
26 gennaio – 7 febbraio 2016 – Firenze, Teatro della Pergola

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Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

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