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Colori proibiti: Mishima a passo di danza

Colori proibiti
Foto di Marco Svizzero

Uno specchio, una sedia e uno sgabello rossi con la tenda grigia a calata, disposti tra la destra e la sinistra del palco al fondo e verso la ribalta. Nero è il resto dell’ambiente a costruire il quadro in cui alla Casa delle Culture va in scena Colori proibiti con le coreografie e la regia di Ricky Bonavita della Compagnia Excursus. Lo spettacolo è traduzione coreutica dell’omonimo romanzo che il giapponese Yukio Mishima scrisse nel 1951. Questo allestimento è inserito in una triade che vede a seguirlo Kizuna della danzatrice Benedetta Capanna e Seconda Circe-1. Laces + 2 Forgotten in cui Giordano Novielli peregrina tra le peculiarità mitiche dell’incantatrice per comporne una sintesi scenica divisa in due.

Necessario è precisare che la versione della Casa delle Culture riporta con una certa dose di fedeltà tematica il racconto e le dinamiche contenute nel testo in cui trova fonte creativa. Yuichi, giovane affascinante e crudele nel suo frivolo autocompiacimento, vive edonisticamente incurante della sensibilità altrui, distaccato dai legami relazionali necessari per evitare ferite emotive a chi, come la moglie Yasuko, lo circonda. Tra i due si inserisce la figura del Shunshuke, meschino e spietato come solo il complesso e la frustrazione continui possono rendere: attratto dal ragazzo, questi lo ammalia facendone il suo strumento di rivalsa e di vendetta anche nei confronti di quella moglie che un tempo fu sua e abbandonò l’uomo con cui stava per interesse, catturata dall’appeal glaciale del fanciullo prestante.

Colori proibiti
Foto di Marco Svizzero

La composizione coreografata, come si diceva, riporta la trama con una certa precisione, seppure i fatti siano enucleati dal contesto di provenienza, avulsi dall’orientalismo che lo scritto farebbe pensare come conseguenza fisiologica. Si sceglie una dimensione trasposta, priva di vincoli dinamici, che preferisce piuttosto centrare i bilanciamenti sui corsi che legano i personaggi come fossero baluardi mossi dal vento di note fra le increspature sentimentali che li uniscono. Nel succedersi di momenti, fra le alternanze dei passaggi si dipana la mappa di una partitura motoria riconoscibile nei canoni della modern dance pura. Disequilibri, avviluppamenti, torsioni degli arti, calibratura delle tensioni muscolari che vogliono diventare indici del gradiente espressivo. Limpidi si scorgono i movimenti e le formazioni che caratterizzano la padronanza dosata della danza contemporanea.

Agli interpreti si riconosce l’applicazione evidente all’assemblaggio della pièce, la coscienza controllata e il tentativo leggibilissimo di una strutturazione coerente e personale, per quanto manierate risultino alcune esacerbazioni del volto. Il rischio della didascalia resta dietro l’angolo, come un intoppo che non riesce ad esplodere per infiammare di fronte a un prodotto che – nella sua dignità – manca della gloria dovuta all’innovazione concreta o a quelle cifre pregevoli che fanno di eventi non clamorosi dei piccoli tesori nascosti.

Come un falco che non vola, cui tuttavia non possiamo prescindere dal riconoscere l’aspirazione rapace.

Marianna Masselli

Visto alla Casa delle Culture in marzo 2013

COLORI PROIBITI
da Colori proibiti di Yukio Mishima
coreografia e regia Ricky Bonavita
con Valerio De Vita, Enrica Felici, Ricky Bonavita

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Marianna Masselli
Marianna Masselli
Marianna Masselli, cresciuta in Puglia, terminato dopo anni lo studio del pianoforte e conseguita la maturità classica, si trasferisce a Roma per coltivare l’interesse e gli studi teatrali. Qui ha modo di frequentare diversi seminari e partecipare a progetti collaterali all’avanzamento del percorso accademico. Consegue la laurea magistrale con una tesi sullo spettacolo Ci ragiono e canto (di Dario Fo e Nuovo Canzoniere Italiano) e sul teatro politico degli anni '60 e ’70. Dal luglio del 2012 scrive e collabora in qualità di redattrice con la testata di informazione e approfondimento «Teatro e Critica». Negli ultimi anni ha avuto modo di prendere parte e confrontarsi con ulteriori esperienze o realtà redazionali (v. «Quaderni del Teatro di Roma», «La tempesta», foglio quotidiano della Biennale Teatro 2013).

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