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Edipo dell’Elfo. La colpa e il destino

Recensione. Una favola nera firmata da Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, l’Edipo Re di Sofocle in scena ancora al Teatro Elfo Puccini di Milano.

Ph. Lorenzo Palmieri

Una carrozzina per neonati, lentamente, dal centro si muove verso l’uscita di scena; la penombra spinge via l’immagine, il bambino resta sulla terra mentre tre figure nere implorano la rivelazione. È allora che una sensazione sospesa avvolge l’aria, la luce, gli oggetti che si librano: la vita dovrà rompere la membrana del sogno e rivelarsi, la profezia dovrà compiersi. In questa immersione oscura penetra lo sguardo, la tragedia è già in atto e nessuno se ne avvede, Edipo infante è già il delittuoso Edipo Re che porterà Tebe al trionfo e alle macerie, dalla Atene di Sofocle fino al nostro contemporaneo. Questa favola nera, paradigma della meccanica del tragico, appare sul palco del Teatro Elfo Puccini di Milano, con la regia di Ferdinando Bruni/Francesco Frongia.

Ph. Lorenzo Palmieri

Una struttura in legno taglia il palco orizzontalmente, tendaggi di canapa vi creano delle aperture da cui appaiono i protagonisti di ciò che non può mutare, ciò che non può fare altro che realizzarsi, contro ogni tentativo di opporsi all’evidenza magnetica degli eventi: Edipo (Valentino Mannias) si beffa della Fortuna di cui sarà servo, Giocasta (Mauro Lamantia) intravede uno spiraglio di luce e lo percorre scossa da timore e insieme da amore; Laio (Ferdinando Bruni) non è più, ma Tebe necessita un re; Tiresia (lo stesso Bruni) sa ciò che non vuol sapere, Creonte (Edoardo Barbone) non sa ciò che vuol sapere. È un cast interamente maschile, che interpreta ogni ruolo, anche quelli del coro e i personaggi secondari, componendo un racconto rapsodico che mescola il tragico ai toni del grottesco; un ritmo tribale accompagna la vicenda effettiva ma anche quella che dal passato emerge nei toni sinistri del suono (di Giuseppe Marzoli), nelle proiezioni stilizzate sul fondale in cui si impongono un feto e poi una figura scheletrica, per condurre dall’avvento della vita all’epilogo della morte.

Ph. Lorenzo Palmieri

La polvere ammanta ogni angolo della tragedia, dialoga con la luce (di Nando Frigerio), la insinua, la immobilizza in un’immagine di morte universale. Un’attenzione particolare è quella per i costumi (firmati da Antonio Marras) che riproducono della polvere il manto diffuso e segnano un legame di continuità tra le stoffe regali che fasciano l’Edipo re e i tessuti laceri dell’Edipo anonimo figlio che affonda nella terra – che ignora essere – inospitale; la composizione dell’abito, dunque, tiene in sé frammenti di tessuti diversi, evidenziando il legame tra passato e presente, l’adempimento dell’oracolo che spinge Edipo di fronte alla sorte che aveva osato eludere. Solo in conclusione, gli strali di sangue dall’alto si stagliano sul fondo della scena, inerti richiamano il delitto muto che sgorga, rosso e senza requie.

Ph. Lorenzo Palmieri

La regia di Bruni/Frongia stimola criticamente a delle riflessioni necessarie: Edipo Re, fin dall’antichità, sa pronunciare parole decisive sul divenire, producendo nel proprio crudele gorgo le contraddizioni del vivere umano. L’uso della maschera (di Elena Rossi) non fa che sottolineare il tentativo – umano, disumano – di cancellare, o almeno celare nell’altro da sé, la macchia, la colpa che già il destino porta in grembo, quella maternità corrotta che la società non potrà mai emendare. Eppure, da essa deriva l’umanità. C’è, nella loro visione, un’eco della versione pasoliniana per il cinema che apparve nel 1967, un’intenzione critica e lirica che pone in luce l’inadeguatezza del capitalismo, dell’eterno futuro di crescita, nei confronti dell’inoppugnabilità del mito tragico, unico a conoscere in un solo atto di supremazia il passato, il presente, il futuro. Il tempo in cui l’uomo vive. Il tempo in cui l’uomo muore.

Simone Nebbia

Teatro Elfo Puccini, Milano – Marzo 2022

EDIPO RE – una favola nera
uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
con Edoardo Barbone, Ferdinando Bruni, Mauro Lamantia, Valentino Mannias
costumi di Antonio Marras
realizzati da Elena Rossi e Ortensia Mazzei
maschere di Elena Rossi
luci di Nando Frigerio
suono di Giuseppe Marzoli
assistente alla regia Alessandro Frigerio
assistente scene Roberta Monopoli
assistente costumi Elena Rossi
si ringrazia Tonino Serra per la decorazione del mantello di Edipo
produzione Teatro dell’Elfo

prima nazionale

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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