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Ricostruire la comunità. Adesso. Intervista a Francesca D’Ippolito

In attesa delle nuove direttive del Governo, iniziamo a pensare quali potranno essere le modalità d’azione per tornare a fare e fruire teatro. Ne parliamo con Francesca D’Ippolito, Presidente C.Re.S.Co, Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea.

È un clima incerto, nel quale si fatica a immaginare come sarà il futuro di questo settore che ha bisogno di essere continuamente progettato e reinventato, in un cantiere di idee necessario, a dispetto dei quotidiani ripensamenti, ipotesi, valutazioni. Per questo abbiamo chiesto un confronto a Francesca D’Ippolito, Presidente C.Re.S.Co, Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea. All’indomani di un incontro avuto nel pomeriggio con la “Commissione Beni e Attività culturali” della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e di una telefonata serale con Salvatore Nastasi, Segretario Generale del Ministero dei Beni culturali e del Turismo, D’Ippolito conferma innanzitutto che intanto sono stati accolti alcuni emendamenti che riguardano le Fondazioni Lirico Sinfoniche e tutto il comparto del FUS, e che tra le proposte ancora in esame c’è anche la richiesta di estensione a tutti i codici INPS che riguardano lo spettacolo dal vivo dell’aumento dell’indennizzo da 600 euro a 800, al fine di non tenere fuori nessuno…

Inizierei dunque dagli ultimi aggiornamenti facendo riferimento alla lettera appena inviata a Giuseppe Conte in cui si richiede la nomina di un esperto di settore. Che profilo dovrebbe avere e cosa ci si auspica dal suo operato?

Abbiamo pensato di poter fare riferimento a una figura capace sì di comprendere le caratteristiche di un comparto così anomalo per il quale il distanziamento sociale è di per sé un paradosso, ma che possa essere allo stesso tempo creativa nella misura in cui lo sono sempre stati tutti i creativi, cioè capaci di interpretare le istanze di un’epoca e di attivare i processi. Un’attitudine che attraverso metodologie innovative di lavoro potrebbe essere d’aiuto a più settori, poiché gli esperti di grandissimo pregio in ambito economico sociale sono indispensabili ma è altrettanto vero che non si può minimamente immaginare la ripartenza di un paese come l’Italia senza considerare il valore aggiunto apportato dalla cultura. Credo infatti che gli operatori culturali abbiano sicuramente capacità di problem solving fondamentali in questo momento e strumentali al benessere della comunità intera, non solo allo spettacolo dal vivo.

I 130 milioni di euro finora promessi dal Governo per il settore spettacolo sono sufficienti o avete già calcolato che la coperta sarà troppo corta?

Nastasi come anche Fransceschini hanno tenuto a specificare come questi 130 milioni di euro non sono in nessun modo un incremento al FUS, quindi è sbagliato parlare di un riparto tra cinema e teatro. Questi 130 milioni sono un fondo emergenza per tutti. A fronte di una così positiva prospettiva che possa considerare tutti i settori in difficoltà, c’è da dire che più si allarga la platea dei beneficiari, più si fatica a pensare che si possa rispondere equamente alle esigenze del comparto. Di certo non saranno misure sufficienti perché non sono risorse aggiuntive ma fanno parte di un fondo emergenza al quale tutti devono attingere.

Veniamo ora al bonus dei 600 euro, che forse diverranno 800. Come hanno reagito finora gli artisti? Voi del coordinamento avete ipotizzato di proporre erogazioni più continuative e più funzionali al sistema?

CRe.S.Co si è premurato sin dall’inizio dell’emergenza di raccogliere dati relativi a tutti coloro che sono rimasti esclusi per poter conteggiare quanti “invisibili” ci fossero, escludendo il nero. Il grido di allarme più forte è stato quello degli intermittenti che si sono sentiti privati da qualsiasi forma di tutela, e perciò abbiamo avviato un confronto assieme a Smart It e al sindacato. Subito ci siamo accorti che occorre immediatamente emanare una legge sul welfare alla quale possano ricorrere tutte le parti per non poter lasciare nessuno escluso. Nonostante sappiamo che il lavoro in nero è purtroppo una consuetudine, in virtù del codice etico di CRe.S.Co non possiamo tuttavia garantire che queste misure siano a tutela del lavoro nero ma che lo contrastino. In questo modo vorremmo attuare un cambio di prospettiva permettendo a tutte le imprese di mettere in regola i lavoratori. Rispetto agli 800 euro invece, è una proposta ascoltata anche se finora non ho personalmente visto circolari che ufficializzino la notizia, ma da parte del governoc’è tutta la volontà di aumentare l’indennizzo. Gli sforzi ci sono affinché si possa garantire la dignità minima dell’esistenza quotidiana dei lavoratori dello spettacolo, fermo restando però che bisogna lavorare in anticipo affinché i professionisti non si ritrovino più in una situazione simile.

Francesca D’IppolitoA

Ancor prima della prossima riapertura di stagione, molti si chiedono se i festival quest’estate saranno confermati e se sì con quali modalità? Gli artisti internazionali come giungeranno?

Stiamo vivendo una fase molto interessante su questo fronte. I network europei stanno facendo un grande lavoro in merito alla mobilità, IETM e EAIPA tra tutti stanno operando in questo senso. Il prossimo venti aprile prenderò parte a un incontro organizzato dal Ministero degli Affari Esteri per rilanciare proposte che rimmettano il brand Made in Italy all’interno dei processi turistici e culturali e ascoltare quali siano le direttive. Ci stiamo interrogando inoltre riguardo alla digitalizzazione come risposta all’impossibilità di movimento: alcuni festival europei stanno già dando delle risposte in merito, come ad esempio Aerowaves che traslerà la programmazione in forma digitale. Questo sarà uno dei primi esperimenti per monitorare simili esperienze e per poter comprendere poi cosa succederà in Italia, dove sicuramente i processi di internazionalizzazione subiranno un arresto. IETM ha lanciato inoltre un questionario agli artisti e alle imprese per capire cosa ne pensino del digitale applicato alle arti performative. La maggior parte delle risposte che stanno giungendo, perché il questionario è stato lanciato solo poco prima di Pasqua, risulta tendere verso il NO, gli artisti sembrano dunque essere contrari, ma dopo il venti aprile avremo tuttavia un quadro più completo e preciso.

Un festival conferma la propria programmazione. Atto politico di resistenza culturale o indifferenza rispetto alla situazione?

La parola chiave è la responsabilità. Non credo che gli operatori culturali debbano avere anche questa di responsabilità, qualsiasi scelta si faccia, se non inquadrata in un piano di tutela, rischia di gravare sugli operatori stessi. Mi auguro che il Governo abbia le idee chiare quanto prima e possa comunicare i tempi e le modalità del riavvio: non può essere assolutamente a discrezione dei singoli l’apertura o la chiusura, sia nel rispetto della salute dei cittadini che di lavoro e salute degli artisti. Occorrerà poi ripensare le forme spettacolari attraverso l’obbligo del distanziamento sociale, e ripensarle dal punto di vista di una responsabilità politica e poetica che un direttore non può assumersi singolarmente, non solo per quando riapriranno i teatri ma anche per come riapriranno.

Presupponiamo che le repliche per gli artisti/compagnie vengano confermate. Quali spettacoli vedremo se gli artisti non potranno provare?

Ne parlavo recentemente con alcuni colleghi che avrebbero dovuto debuttare quest’estate, i quali si domandavano se accettare il debutto perché non sanno se avranno lo spettacolo pronto. Perdere l’ingaggio per impreparazione o presentarsi nonostante il progetto non sia ancora maturo? Gli artisti sono totalmente disorientati, sono allo sbando nel dilemma tra la tutela dell’opera e la conferma della replica. Forse bisognerà riflettere sulle modalità attraverso le quali comunicare coi pubblici spiegando loro i progetti artistici non ultimati. Se gli artisti riescono a fare un pensiero in avanti, potremmo chiederci che tipo di forme spettacolari saranno proposte e come si potrà proteggere questo incontro.

Il Ministro Franceschini ipotizza la creazione di una piattaforma di spettacoli online: «Una Netflix della Cultura»…

C’è stata grande risposta da parte delle attività culturali a immettere contenuti digitali nel web, molti musei hanno aperto le porte rendendo accessibile l’immenso patrimonio culturale e artistico che ci contraddistingue. Mi chiedo tuttavia come questo processo possa essere comprensibile e applicabile allo spettacolo dal vivo. Anche in questo caso bisognerebbe ripensare la performing art per essere fruita davanti allo schermo. Si deve cambiare necessariamente: una ripresa integrale a camera fissa, che oggi nella maggior parte dei casi è rivolta agli addetti ai lavori o agli archivi, non può essere destinata ai pubblici. Sfido chiunque a non annoiarsi, l’esperienza del teatro è, e resta, dal vivo.

Le scritture sceniche del futuro prossimo: a distanza di un metro, con mascherine in volto e tampone negativo alla mano?

Paura, molta paura… Immagino musicisti, cantanti, danzatori, attori che prima di andare in scena devono fare il tampone, oppure il pubblico prima di andare in sala… Lo spettacolo dal vivo non è pronto, non ne ha le risorse e non è possibile per un settore come il nostro soddisfare simili prerogative. Come farà lo Stato a fornire tamponi a tutti i lavoratori dello spettacolo se già nelle zone rosse sono mancanti?

Il pubblico. Le pratiche di audience development e engagement dovranno ripartire da zero e con il supporto di psicologi e sociologi o si tornerà naturalmente alla normale e condivisa prossimità di fruizione?

Per ricreare una comunità bisognerà prevedere non solo risorse economiche ma un pensiero nuovo. Tornare gradualmente a una normalità è un tempo che non possiamo permetterci e dobbiamo pensare sin da subito a come mantenere il contatto col pubblico anche a distanza, facendo rete con tutti coloro che hanno interesse per il benessere e la salvaguardia della comunità. Anche sociologi e psicologi. Bisogna fare rete perché quello che vivevamo prima non sia un ricordo. Non possiamo aspettare che passi la paura perché ogni giorno che passa per un artista, è un giorno senza reddito.

Lucia Medri

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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