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Controcanto Collettivo. Sacro e impossibile perdono

Ai Teatri del Sacro è andato in scena in prima nazionale Settanta volte sette, spettacolo di Controcanto Collettivo, sul tema del perdono. ReceRnsione.

Foto Eugenio Spagnol

«Bruno: E che c’era scritto in quella lettera, cose belle o cose brutte? / Christian: Giuste». Questo breve scambio di battute si staglia deciso, quasi a conclusione di uno spettacolo intenso e coraggioso, per nulla intenzionato a spiegare, a fornire risposte, a dettare una propria “verità”, eppure in grado presentare in scena la possibilità di capire cosa possa essere giusto, nonostante tutto.

Le Opere di misericordia sono state il filo rosso che in sette spettacoli hanno attraversato la decima edizione del festival I Teatri del Sacro, dal 2017 in diversi luoghi di Ascoli Piceno. Il biblico titolo Settanta volte sette di Controcanto Collettivo (vincitore con Sempre domenica del premio Inbox 2017) accetta il rischio di trattare un tema difficilissimo, “il perdono delle offese”, e lo fa mostrando entrambe le facce: quella della colpa di chi non si è reso conto, di chi non aveva ancora capito e che adesso deve fare i conti con le conseguenze delle azioni, e quella della vendetta di chi non accetta che qualcosa gli sia stato ingiustamente strappato, rinchiuso in una corte di rabbia che qualsiasi altro rapporto sembra escludere.

Foto Eugenio Spagnol

Lo spettacolo presentato a San Pietro in Castello, creato a partire dalla drammaturgia del collettivo e diretto da Clara Sancricca, ruota attorno a un processo per omicidio, ispirato a una delle tante possibili tragedie giovanili. Brevi quadri si alternano mostrando sprazzi di vita dei due ragazzi al centro delle vicende: i diversi tenori familiari, la banalità quotidiana prima della festa nella quale uno dei due (Luca) sarebbe stato ucciso a bottigliate da un coetaneo, le reazioni dei rispettivi fratelli (Gabriele e Ilaria) prima e durante il processo, i consigli dei compagni di cella (Michele e Bruno) e i tentativi da parte degli unici personaggi femminili (oltre a Ilaria, anche la compagna di Gabriele Paola) di trovare un – improbabile ma salvifico – punto di incontro.

La dimensione frammentata, da serial, i dialoghi serrati, sempre pieni di tensione assieme a una parlata romana fluida, diretta, sono caratteristiche del teatro di Controcanto Collettivo, un teatro che punta alla freschezza naturalistica che arriva senza patetismi in faccia allo spettatore. La realtà è data dalla situazione messa in scena, non serve che una scenografia d’appoggio ai pochi movimenti funzionali, all’evocazione dei diversi ambienti presentati, vivificati dall’efficacia della recitazione di Sancricca e di Federico Cianciaruso, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti, Andrea Mammarella, Emanuele Pilonero.

Foto Eugenio Spagnol

Si intuiscono le strade che si sarebbero potute prendere, i rimpianti che martellano la coscienza di chi è rimasto, perché in fondo ciascuno di loro avrebbe potuto fare diversamente, ascoltare di più, bere di meno, agire meno sconsideratamente. I personaggi sono bloccati nel dolore e nella dolorosa consapevolezza, stentano a guardarsi negli occhi, le loro spalle sono ricurve, su un tavolo di cella o su vecchi messaggi audio, ultima flebile testimonianza in absentia. Che siano irrigiditi per un motivo o per un altro, sono tutti sul punto di crollare; eppure è proprio questa fragilità alle spalle di ciascun personaggio a renderli così vicini. Non si tratta tanto di stabilire “chi è buono e chi è cattivo”, né tantomeno di comprendere le cause di un atto avventato, le dinamiche, le punizioni. Tutto ciò attiene alla sfera della giustizia di professione. Non è nemmeno la volontà di arginare il dolore della perdita. Quello che il teatro non può fare a meno di mettere in scena è la profonda contraddizione umana, la possibilità che possa esistere un incontro anche laddove tutto sembra far presagire il contrario.

C’è un silenzio eloquente in risposta alla battuta pronunciata da uno dei compagni di cella: «Si chiede scusa soltanto a chi ci vuole bene». Lo stesso vuoto risuona quando il fratello della vittima, Gabriele, urla a Paola che ha appena parlato con la sorella dell’imputato: «Ma tu da che cazzo di parte stai?». In quel vuoto si annida lo sforzo di prendere atto delle proprie azioni e di capire come accettarle e superarle, in quello spazio ancora vuoto esiste la possibilità di chiedere o di accettare il perdono.

Viviana Raciti

San Pietro in Castello, Ascoli Piceno (Teatri del Sacro) – giugno 2019

SETTANTA VOLTE SETTE

drammaturgia originale Controcanto Collettivo
ideazione e regia Clara Sancricca
con Federico Cianciaruso, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti, Andrea Mammarella, Emanuele Pilonero, Clara Sancricca
voce fuori campo Giorgio Stefanori
scenografia e costumi Controcanto Collettivo con Antonia D’Orsi
disegno luci Cristiano Di Nicola
foto di scena Simone Galli | Atlas fotografie
organizzazione Gianni Parrella
in coproduzione con Progetto Goldstein
con il sostegno di Straligut Teatro
Murmuris
ACS – Abruzzo Circuito Spettacolo
Verdeco-prente Re.Te. 2017

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Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

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