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Livia Ferracchiati. Intervista alla piccola città

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Livia Ferracchiati insieme alla compagnia The Baby Walk in scena con Todi is a small town in the center of Italy al Teatro Studio 1 del CAOS di Terni. Recensione

Foto di Lucia Menegazzo
Foto di Lucia Menegazzo

Forse bisogna lasciare, e decidere di andarsene. Per un po’ di tempo o per uno più lungo che non abbia neanche una data di ritorno e che sia, necessariamente, “vado!”. E poi, come si torna quando si è deciso di andare? Quando sappiamo di appartenere a un fuori che non è più quel dentro al quale eravamo abituati e allora la familiarità di prima comincia a essere guardata con un certo straniamento, una distanza? Forse bisogna allontanarsi per avvicinarsi, di nuovo.

Lo ha fatto questa estate la regista tuderte Livia Ferracchiati che, dopo gli studi a Roma e poi a Milano, è tornata nella propria città di origine con l’intento di porle delle domande. Dopo aver fondato nel 2015 la compagnia The Baby Walk – con la quale sta lavorando alla Trilogia sulla Transessualità, il cui primo capitolo, Peter Pan guarda sotto le gonne, ha debuttato quest’anno e il secondo capitolo, Stabat Mater, sarà presentato in anteprima a Milano ad aprile 2017 – Livia Ferracchiati presenta Todi is a small town in the center of Italy, in anteprima lo scorso mese di settembre durante TerniFestival 2016. Spettacolo realizzato insieme a interpreti umbri provenienti dallo Stabile e andato in scena fino a fine novembre al Teatro Studio 1 del CAOS di Terni. Nel mese di giugno scorso Ferracchiati ha deciso quindi di preparare un’indagine, prodotta dal Teatro Stabile dell’Umbria, che potremmo definire di tipo etnografico e di attingere, come fonte orale, alle dichiarazioni di 110 tuderti.

Foto di Lucia Menegazzo
Foto di Lucia Menegazzo

Michele Balducci, Caroline Baglioni (vincitrice del Premio Scenario Ustica nel 2015), Elisa Gabrielli, Stella Piccioni e Ludovico Röhl sono in fila sul fondo della scena, quasi fossero dei modelli ai quali è stato detto “strike a pose”, e di spalle a un fondale/muro che sembra un mosaico senza colori composto da tanti tasselli. Michele, Stella, Elisa e Caroline sono quattro ragazzi di “una piccola città nel centro Italia” e presentano sin da subito le proprie quotidiane, prevedibili, abitudini. Ma non solo, anche le insicurezze, le paure del giudizio altrui e di quello degli amici coi quali si è cresciuti, che possano poi voltare le spalle a qualcosa di difficile da confessare ma che è stato sempre lì, e doveva solo trovare il coraggio di essere esplicitato.

Un campione di gioventù umbra sineddoche di quella moltitudine eterogenea per sesso, età, estrazione che è stata intervistata la scorsa estate. La drammaturgia di Greta Cappelletti  scorre in parallelo seguendo il metodo utilizzato nella fase di raccolta materiali: i racconti dei ragazzi sono infatti stimolati da un corpo e voce fuori campo, Ludovico Röhl, che nei panni del documentarista ripropone scenicamente lo sguardo della telecamera. Ai dialoghi dei quattro giovani si giustappongono, in un “montaggio teatro-video”, le riprese delle interviste, in modo tale da costruire un dialogo scenico visuale che costruisce un suo specifico linguaggio: molte delle dichiarazioni filmate hanno risposta attraverso i movimenti scenici o altre saranno volutamente lasciate in sospeso.

Foto di Lucia Menegazzo
Foto di Lucia Menegazzo

«Il 100% degli intervistati pensa che Todi sia bellissima; l’85% mai se ne andrebbe da Todi; il 45% mostra posizioni progressiste; il 55% mostra posizioni conservatrici in fatto di “parità”, sia di genere, sia in riferimento ai diversi orientamenti sessuali; per il 75% degli intervistati gli omosessuali suscitano scherno e disprezzo; il 90% degli intervistati confonde l’orientamento sessuale con l’identità di genere; il 70% si mostra accogliente nei confronti degli extra-comunitari; il 99% non si ritiene razzista; l’1% alla domanda “Si definirebbe razzista?”, afferma: “Preferisco non rispondere”; il 100% teme o lotta contro il giudizio altrui quotidianamente, anche per questioni futili; il 75% percepisce il giudizio degli altri come un limite vero e proprio; il 30% delle persone fermate in strada avrebbero fatto l’intervista, ma avevano paura di dire “la verità». Questa è la base dalla quale è partita Ferracchiati, materiale proficuo e di potenziale interesse che permette di analizzare e analizzarsi, così come ci conferma lei stessa in una passeggiata fatta insieme dopo teatro: «Molti tuderti intervistati, che sono poi venuti a vedere lo spettacolo, hanno avuto modo di vedersi allo specchio e di mettere in discussione degli atteggiamenti che non avevano preso in considerazione oggettivamente perché troppo radicati nel loro modo di pensare e agire. Ci sono stati – continua – tuttavia anche molti rifiuti, divieti categorici di non intervistare alcune persone».

Il micro-cosmo particolare cittadino e personale incontra così la macro-dimensione nazionale in un’attitudine glocal. Lo studio di Ferracchiati non è infatti di semplice approccio, anche per gli stessi quattro interpreti, equilibrati e puntuali, che sono stati capaci di mettersi in scena tanto come ragazzi tuderti che incarnano le contraddizioni del vivere in una piccola cittadina quanto nello straniamento del lavoro attoriale, costruendo così una densa autobiografia scenica.

Lucia Medri

Teatro Studio 1 CAOS, Terni – novembre 2016

TODI IS A SMALL TOWN IN THE CENTER OF ITALY

Teatro Stabile dell’Umbria/Ternifestival
scritto e diretto da Livia Ferracchiati
dramaturg Greta Cappelletti
aiuto regista Laura Dondi
con: Caroline Baglioni, Michele Balducci, Elisa Gabrielli, Stella Piccioni, Ludovico Röhl
movimenti scenici e costumi di Laura Dondi
scene di Lucia Menegazzo
ideazione delle luci di Emiliano Austeri
consulenza illuminotecnica di Giacomo Marettelli Priorelli regia e montaggio dei video di Brando Currarini e Ilaria Lazzaroni
Residenza artistica presso il CAOS di Terni con il sostegno di Indisciplinarte e Associazione Demetra
In collaborazione con la compagnia The Baby Walk

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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