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Jeton Neziraj: la cultura per combattere il fondamentalismo

Pubblichiamo una riflessione inedita di Jeton Neziraj, drammaturgo kosovaro che nel 2013, un anno prima dell’attacco alla redazione di Charlie Hebdo, scriveva un testo sul terrorismo islamico in Francia.

Il drammaturgo kosovaro Jeton Neziraj (1977) già direttore del Teatro Nazionale di Prishtina, ha scritto nel 2009 un significativo testo teatrale dal titolo The demolition of Eiffel Tower su religione musulmana e terrorismo censurato in Turchia e osteggiato in Kosovo e che gli è valso lo scomodo titolo di “autore anti-islamico”. Il libro è uscito in traduzione italiana a cura di Monica Genesin, Anna Monteverdi e Giancarla Carboni per Cut up edizioni. Neziraj è la coraggiosa voce politica spesso censurata nel nuovo Kosovo, impegnato sul fronte dell’attivismo intellettuale e sul ruolo dell’artista, sulla sua responsabilità e sul margine di libertà nei processi socio-politici in atto. [Anna Monteverdi]

Leggi la versione originale inglese

una scena dello spettacolo
una scena dello spettacolo

Ho scritto questo testo nel 2009, in un piccolo villaggio della Normandia (Val de Reuil), dove ero stato invitato come scrittore residente da una compagnia teatrale francese chiamata Théâtre Éphéméride. Nel periodo in cui stavo scrivendo il testo, in Francia era in corso un aspro dibattito sull’indossare o meno il burka in pubblico. La società era divisa e alla fine fu il Parlamento francese a prendere una decisione. E sappiamo tutti quale fu la decisione. Così, in qualità di drammaturgo kosovaro, proveniente da una società prevalentemente musulmana, trovarmi in quel tempo in Francia, nel mezzo di un interessante dibattito, pensai che avesse senso incentrare il testo che stavo per scrivere sull’Islam e il terrorismo. E occorre capire che il dibattito sul burka non era un semplice dibattito su una semplice questione. Infatti il dibattito rispecchiava il bruciante conflitto tra due civiltà; Oriente e Occidente. Quella questione (e altre simili in altri paesi europei) era un segno della crescente paura che l’Europa stava dimostrando nei confronti del fondamentalismo islamico, che ora possiamo vedere trasformarsi in una reale minaccia ai nostri condivisi valori europei. La demolizione della Torre Eiffel si riferisce precisamente a questi delicati argomenti: fondamentalismo e militarismo, terrorismo e libertà individuale.
È davvero spaventoso osservare come lo spargimento di sangue che avevo immaginato in questo testo teatrale stia ora diventando realtà. Certo, non si tratta di un conflitto recente, non è cominciato ora, è piuttosto in corso da diverse decine d’anni. Ma chi avrebbe immaginato che tale conflitto divenisse, in tempi moderni, così profondo e producesse un tale odio, simili divisioni culturali e religiose, simili malintesi, fanatismi religiosi, violenza e terrore? Credo che l’Europa abbia sottovalutato la potenza del fondamentalismo religioso. Ciò che sta accadendo in molte parti del mondo non è altro che follia. Si sta spingendo oltre la peggiore catastrofe che uno scrittore possa immaginare.

La locandina di The demolition of the Eiffel Tower
La locandina di The demolition of the Eiffel Tower

La demolizione della Torre Eiffel ha debuttato nel dicembre 2013 al Teatro Nazionale del Kosovo di Prishtina, prodotto da Qendra Mutimedia. Oggi lo spettacolo sta girando molto in Europa, tra cui in Francia, in Repubblica Ceca, Polonia, Romania, Slovacchia, Serbia, Albania e naturalmente in molte città del Kosovo. La nostra prossima replica sarà al Teatro Nazionale Croato a Fiume il 21 Gennaio. In Prishtina lo spettacolo è stato accompagnato da molte tensioni, poiché prima ancora del debutto il testo era stato giudicato “anti-islamico”. E così il pubblico è arrivato alla prima preparato a un incidente. Fortunatamente non è accaduto nulla, ma il “gancio” che abbiamo preparato nel testo (l’ingresso dei due terroristi per interrompere l’azione della donna che si toglie il velo e si spoglia) ha creato una reazione straordinaria tra gli spettatori: perlopiù panico e ansia.
Credo che l’unico ruolo che fin dai tragici greci era stato assegnato al teatro fosse di proiettare sul palco la tragedia degli esseri umani, il dolore e la sofferenza, in modo da “insegnare” alla società a non fare lo stesso nella realtà. «Guardate che cosa accade sul palco, questo dolore, questa catastrofe, e capite che questo non dovrebbe accadere nella vita reale». Friedrich Schiller diceva che la tragedia ellenica ebbe la funzione di educare gli antichi greci, che guardando le tragedie impararono a controllare la coscienza individuale e a renderla parte della vita quotidiana. E credo che questa sia l’essenza di gran parte del teatro anche prodotto oggi. Il teatro si presenta davanti ai nostri occhi con un’esperienza e ci mette in guardia su ciò che può accadere nella realtà. Il teatro ci mette al corrente dei possibili conflitti che sono già vivi nel mondo, che spesso noi tendiamo a non vedere, a ignorare. Il teatro riflette il nostro passato, ci parla oggi presente e ci offre un’immagine del nostro futuro.

Non mi ritengo certo un esperto delle tematiche tra religione e terrorismo, e non sono sicuro di poter avanzare affermazioni corrette, ma lasciatemi dire che, per quanto mi riguarda, il fondamentalismo religioso è connesso alla povertà, all’instabilità delle comunità ed altre crisi sociali, soprattutto è connesso al primitivismo. Questi sono contesti in cui la gente viene facilmente manipolata. L’estremismo religioso funziona come il nazionalismo. Sono entrambi nutriti da certe ideologie che finiscono per portare profitto ad alcuni leader che si arricchiscono, mentre altre persone vengono manipolate e affondano ancora di più in una condizione di povertà e sofferenza.
Per quanto mi riguarda, il migliore strumento per prevenire il fondamentalismo religioso e l’estremismo è quello di investire nel dialogo interculturale. La cultura può possiede una grande forza nell’abbattere stereotipi e pregiudizi che nutriamo uno per l’altro e così creare ponti e coesistenze. L’autore franco-libanese Amin Maalouf dice: «Non possiamo permettere a noi stessi di conoscere “gli altri” in modo approssimativo, superficiale, stupido. Dobbiamo conoscerli con precisione, da vicino, direi a un livello intimo. Cosa che può essere fatta soltanto attraverso la loro cultura».

Jeton Neziraj
Twitter @JetonNeziraj

traduzione di Sergio Lo Gatto

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Jeton Neziraj

Jeton Neziraj è autore di oltre 15 testi teatrali tradotti in tutto il mondo, rappresentati a Vienna, Parigi, New York, Londra, Istanbul, e recentemente al Festival Vie di Modena, e prossimamente a Inequilibrio di Castiglioncello, oltre che in Kosovo, Albania, Croazia e Macedonia. Liza is Sleeping ha vinto nel 2007 il premio come miglior testo albanese. Unico autore ad essere rappresentato a Belgrado, dirige la compagnia Qendra multimedia. Per le tematiche dei suoi testi, i suoi spettacoli sono stati censurati in Serbia, in Turchia e in Cina. Neziraj fa parte della rete EURODRAM network europeo di drammaturgia. Su Neziraj Anna Monteverdi ha scritto dossier per Teatro e Storia, Ateatro, Rumorscena, e articoli su Post teatro di Anna Bandettini e Hystrio; sul quotidiano albanese Koha ditore e sul blog New International Theatre Experience.

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Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto è giornalista, critico teatrale e ricercatore. È stato consulente alla direzione artistica per Emilia Romagna Teatro ERT Teatro Nazionale dal 2019 al 2022. Attualmente è ricercatore presso l'Università degli Studi Link di Roma. Insegna anche all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna, alla Sapienza Università di Roma e al Master di Critica giornalistica dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" di Roma. Collabora alle attività culturali del Teatro di Roma Teatro Nazionale. Si occupa di arti performative su Teatro e Critica e collabora con La Falena. Ha fatto parte della redazione del mensile Quaderni del Teatro di Roma, ha scritto per Il Fatto Quotidiano e Pubblico Giornale, ha collaborato con Hystrio (IT), Critical Stages (Internazionale), Tanz (DE), collabora con il settimanale Left, con Plays International & Europe (UK) e Exeunt Magazine (UK). Ha collaborato nelle attività culturali e di formazione del Teatro di Roma, partecipato a diversi progetti europei di networking e mobilità sulla critica delle arti performative, è co-fondatore del progetto transnazionale di scrittura collettiva WritingShop. Ha partecipato al progetto triennale Conflict Zones promosso dall'Union des Théâtres de l'Europe, dove cura la rivista online Conflict Zones Reviews. Insieme a Debora Pietrobono, è curatore della collana LINEA per Luca Sossella Editore e ERT. Tra le pubblicazioni, ha firmato Abitare la battaglia. Critica teatrale e comunità virtuali (Bulzoni Editore, 2022); con Matteo Antonaci ha curato il volume Iperscene 3 (Editoria&Spettacolo, 2018), con Graziano Graziani La scena contemporanea a Roma (Provincia di Roma, 2013). [photo credit: Jennifer Ressel]

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