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Tra pensiero e delirio, i frammenti onirici di Leonardo Capuano

leonardo capuano
Foto di Lucia Baldini

Una banda lineare a picchi regolari, poi discontinui, segna su un monitor la cadenza funzionale del centro di propulsione vitale per eccellenza, traccia gli andamenti e consegna immagine di ciò che è energia, permettendo allo sguardo in tal modo di seguirne le pieghe. Potremmo descrivere così un’analisi cardiaca. Se poi guardassimo la scena come un corpo che ha per nucleo di impulso primario il pensiero e la sua volontà di essere tradotto in carne per quanto possibile, giungeremmo facilmente alla conclusione che uno dei tentativi più valevoli e complessi sia la restituzione della sua anomala capacità di contenimento, abitazione d’ombre e nebulose che convivono con i significati. In questo modo si attraversa la mente di Leonardo Capuano in Elettrocardiodramma, variazione tragicomica della solitudine di un individuo col suo intelletto avulso dall’organicità della riflessione.

All’ingresso in sala – con i fari ambrati che illuminano la piccola platea e lasciano al buio lo spazio della performance – l’interprete è già in scena. Quando arriva la luce a dar vita al momento e si accende sul candore opaco degli oggetti di un interno inciso al nero di contorno, svela un uomo balbuziente con indosso un abito da donna e un paio di mocassini da uomo: destrutturazione della visione, scomposizione dell’aspettativa di un ritratto definito e definitivo. Il suo soliloquio frammentario conduce da un punto all’altro, fra le situazioni, nelle increspature di faccende che lasciano solo intuire la presenza di una madre, una compagna e dei fratelli i quali parlano attraverso, dentro di lui. L’ambiente è esperito su traiettorie precise, mediante l’orizzontalità frontale degli spostamenti, la corsa ciclica intorno a un tavolo o nell’alternarsi verticale tra fondo e ribalta. Dietro il battere ritmico e irresistibile della gamba destra del personaggio si rincorrono le schegge di un collage che rifiuta di ammansirsi alla forma piana di un racconto. Le parole lasciano esplosi cardini di coerenza, peregrinano fra affresco quotidiano e paradosso: passano dalla descrizione della vita in sogno alla volontà di catturare Satana, dalla ricerca di un farmaco in grado di risolvere il disequilibrio psichico al riferimento a medium e malocchio, dai giochi fra fratelli ai momenti di tenerezza con l’amata senza mai lasciarsi imbrigliare dall’ottica di un segmento inequivocabile.

leonardo capuano
Foto di Lucia Baldini

Figura astratta, il protagonista è tramite di manifestazione, rappresentazione di un isolamento prismatico e lente caleidoscopica di personalità differenti. In bilico fra normalità e delirio, l’ironia si impasta all’amarezza mentre la percezione cerca di districarsi nell’assenza di determinazione, qui divenuta provvidenziale dimostrazione di acume nell’ideare lo spettacolo. La qualità interpretativa – in questa rarefazione voluta del senso – è palese, controllata con precisione, misurata e lavorata con estrema esattezza, efficace come si addice a una pièce di questa foggia. Gli sguardi intensi di Capuano trovano gli occhi dello spettatore, l’uso profondo e sentito dell’anatomia acclara la valenza dell’operazione fuori dal gusto, a prescindere dai generi. La compitazione della voce – i registri, la versificazione sincopata della balbuzie, le inflessioni tonali – è gestita con coscienza e non straborda mai oltre i confini del necessario.

Resta difficile definire se si sia assistito all’espressione di un delirio, delle sue allucinazioni o piuttosto alla scoperta di più volti racchiusi nella corte di un corpo solo. Poco importa tuttavia considerando la labilità che contraddistingue il percorso del pensiero dal deragliamento della follia. Qui abbiamo avuto uno stralcio di onirismo centellinato, responsabile. Ed è bastato.

Marianna Masselli

Visto a Inequilibrio Festival 2013

ELETTROCARDIODRAMMA
di e con Leonardo Capuano
assistente alla regia Elena Piscitilli
luci Corrado Mura
organizzazione Valeria Orani 369gradi
produzione Benvenuti s.r.l.
in coproduzione con Armunia/Festival Inequilibrio

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Marianna Masselli
Marianna Masselli
Marianna Masselli, cresciuta in Puglia, terminato dopo anni lo studio del pianoforte e conseguita la maturità classica, si trasferisce a Roma per coltivare l’interesse e gli studi teatrali. Qui ha modo di frequentare diversi seminari e partecipare a progetti collaterali all’avanzamento del percorso accademico. Consegue la laurea magistrale con una tesi sullo spettacolo Ci ragiono e canto (di Dario Fo e Nuovo Canzoniere Italiano) e sul teatro politico degli anni '60 e ’70. Dal luglio del 2012 scrive e collabora in qualità di redattrice con la testata di informazione e approfondimento «Teatro e Critica». Negli ultimi anni ha avuto modo di prendere parte e confrontarsi con ulteriori esperienze o realtà redazionali (v. «Quaderni del Teatro di Roma», «La tempesta», foglio quotidiano della Biennale Teatro 2013).

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