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Zigulì, ovvero del figlio inutile e indispensabile

Zigulì - foto Ufficio Stampa
Foto Ufficio Stampa

Un palco, quello del Teatro Portland a Trento, pieno di giocattoli mai usati, sparsi in disordine a conclusione di una festa di compleanno; in silenzio un uomo entrerà per studiarne la foggia con curiosità maneggiando e giocandovi un po’, prima di farli sparire. In uno spazio ora vuoto (eccezion fatta per tre palloncini colorati, trattenuti in un angolo della sala) un padre darà il via a un monologo attraverso il quale cercherà di instaurare un rapporto con il figlio disabile, cieco sin dalla nascita e dotato di «un cervello grande quanto la caramella zigulì». Le sue parole rimarranno apparentemente inascoltate, perché il bambino – che in genere, sappiamo, trascorre le sue giornate urlando forsennatamente – resterà tutto il tempo misteriosamente invisibile, muto e assente.

Zigulì, libero adattamento del romanzo Zigulì. La mia vita dolceamara con un figlio disabile di Massimiliano Verga, realizzato dalla compagnia Teatrodilina per la regia di Francesco Lagi e  vincitore (assieme a Punta Corsara) del premio In-Box 2013, mostra la sua forza proprio nell’operazione paradossale che il personaggio compie sulla scena: egli agisce per farsi vedere da occhi che non lo possono vedere, cerca col corpo un contatto fisico che non può ricevere, prepara una parola che non può essere ascoltata e capita. Gesti che risulterebbero inutili se non ritrovassero proprio nell’azione un proprio bisogno altamente comunicativo, compiendo un atto d’amore gratuito e sincero per un figlio ritenuto tanto «inutile» quanto «indispensabile». Pur non potendo comprendere nulla del mondo, del dolore o dell’amore, è lui che permetterà al padre di capire qualcosa di più del mondo, del dolore e dell’amore che non può fare a meno di offrire.

Zigulì - foto Ufficio Stampa
Foto Ufficio Stampa

L’esito risulta dirompente per lo spettatore, il quale assistendo come di nascosto all’impossibile dialogo, viene preso da profonda e partecipata commozione. Francesco Colella, solo in scena, diventa nel racconto portavoce di una vita faticosamente osservata, impotente di fronte alla natura incontaminata e a un volere divino a cui il disabile viene in più occasioni paragonato, proprio perché così incurante di tutto da sembrare paradossalmente autosufficiente e per questo maestoso. La drammaturgia musicale, pur risultando in certi momenti ridondante, accresce questa fatalità solenne mettendo in evidenza una dimensione altra che si cela dietro la sofferta relazione genitore-figlio.

Zigulì riscatta poeticamente la disabilità, dimostrandone la ricchezza, senza scadere tuttavia nella stucchevole compassione. Lagi avrebbe potuto giungere a creare la falsa illusione che un rapporto tra padre sano e un figlio disabile sia unicamente fonte di gioia, tuttavia, mettendo in scena anche i momenti più difficili attraverso dei puri e semplici fatti, l’opera si salva da tale rischio mostrando più realisticamente che i benefici suddetti emergono se sono calati in una cornice più ampia, che non nasconde le rabbie e le frustrazioni così frequenti nella relazione, allo stesso modo in cui il dolce viene avvertito con più gusto se si è assaporato qualcosa di amaro.

Enrico Piergiacomi

Visto al Teatro Portland di Trento nel Novembre 2013

Guarda il video su e-performance.tv

ZIGULÌ
dal libro Zigulì di Massimiliano Verga, edizioni Mondadori
con: Francesco Colella
disegno sonoro: Giuseppe D’Amato
musica originale: Alessandro Linzitto
scenografia: Salvo Ingala
aiuto regia: Leonardo Maddalena
organizzazione: Regina Piperno
adattamento e regia: Francesco Lagi

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Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

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