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HomeCordelia - le RecensioniONDE (di Simona Bertozzi)

ONDE (di Simona Bertozzi)

Questa recensione fa parte di Cordelia, giugno 2023

Foto Luca Del Pia

Visto in anteprima a Bologna, poco prima dell’imminente debutto al Festival Danza Estate di Bergamo (8 giugno), il nuovo lavoro di Simona Bertozzi, Onde ispirato all’omonimo antiromanzo di Virginia Woolf (The Waves, 1931), sembra già fra quelli imperdibili di quest’estate. A partire dai performer (Arianna Brugiolo, Rafael Candela, Valentina Foschi), giovanissimi e perfettamente centrati e imbrigliati fra loro in un flusso che è forza e insieme fragilità, sempre singolari eppure plurali. (La creazione, la trasmissione e la consegna del gesto, quando avvengono senza ricatto di pratiche opache e impotenti, disseminano speranza.) Dal soundmaker, anch’egli in scena, Luca Perciballi, ‘ribaltato’ già di suo il giusto, in consistente sintonia con il progetto compositivo e la presenza dei corpi che lo precedono, capace quindi di esistere in solitudine o di balzare a gamba tesa (a voce spiegata…) perché «tutto è velocità e trionfo». E poi alla composizione coreografica, davvero articolata, complessa, propositiva pure bizzarra. Vi sono temi di movimenti ricorrenti, come la sospensione, la spirale, l’ondulare naturalmente, l’oscillare, il tremolare intenso e vibratile, il vacillare fluttuante, l’asincrono e poi il sincrono ma secondo una precisa drammaturgia della dissolvenza (perché, come in The Waves: «Niente dura. Un momento non conduce ad un altro»). Una partitura che senz’altro consuona in profondità con l’operazione di Woolf, che scandaglia e districa nel ritmo (della scrittura) i nodi i grovigli e gli intrecci del desiderio. Ma qui vi è molto di più: questa vita che balza nella forza dell’istante, rinuncia alla forma per stare «in acque agitate», per interporre coi corpi all’espansione dello spazio omogeneo la ricchezza espressivo-situazionale dello spazio vissuto. Con buona pace di Nadia Fusini, studiosa e (ottima) traduttrice di Woolf, The Waves non è un’esperienza di scrittura ‘sul tempo’ ma sulla sua affettiva spazializzazione. E qui, il pensiero coreografico di Simona Bertozzi, fra mille allargamenti e distensioni e contrasti, dà proprio il suo meglio. (Stefano Tomassini)

Visto in anteprima a Ateliersi; Progetto e coreografia Simona Bertozzi; Danza Arianna Brugiolo, Rafael Candela, Valentina Foschi; Musica originale eseguita dal vivo Luca Perciballi; Disegno luci Rocio Espana Rodriguez; Costumi Vicini d’Istanti; Organizzazione Roberto Berti; Ufficio stampa Michele Pascarella; Foto e video Luca Del Pia; Produzione Nexus 2022 in coproduzione con Festival Danza Estate, Operaestate Festival Veneto/CSC

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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