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IL PAESE DELLE FACCE GONFIE (de La Confraternita del Chianti)

Questa recensione fa parte di Cordelia, maggio 2023

Immaginate di vedere in un cielo terso di azzurro, un’enorme nube nera che aleggia, e immaginate di dover lasciare casa a seconda di come il vento la sposta, perché è una nube tossica. Tra i disastri ambientali più gravi della storia, si ricorda quello del 10 luglio 1976 quando il reattore della fabbrica di cosmetici dell’Icmesa a Seveso, in Brianza, raggiunse la temperatura di 500 gradi e esplodendo liberò nell’aria una massiccia formazione di diossina (TCDD) che investì i comuni limitrofi di Meda, Cesano Maderno, Limbiate, Desio e, il più colpito, Seveso. Nel teatro civile de Il paese delle facce gonfie, «un monologo agrodolce per un evitabile disastro ambientale» – scritto da Paolo Bignami e adattato dalla dramaturg Chiara Boscaro per la regia di Marco Di Stefano – si parla con, poetica antropologia, del rapporto del protagonista, interpretato da Stefano Panzeri, con la fabbrica e di questa con la cittadina di Seveso. Solo in scena, con berretto e tuta da lavoro, seduto su una borsa frigo e con un pallone in mano, Poldo aspetta. Aspetta che Diego, detto Zorro, scenda con lui a giocare a pallone, aspetta Olivia per andare al cinema, l’Armando che deve suonare la tromba, aspetta i personaggi di un racconto singolare ma condiviso con tutte quelle “città-fabbrica” disseminate nel nostro paese. Aspetta, con il sorriso sulle labbra, l’espressione buffa un po’ impacciata, e si guarda la punta dei piedi perché in fondo, a dispetto di quello che gli dicono, lui le cose le sa, non è poi tanto “Poldo”. Alle persone si gonfia la faccia, e poi diventano nuvole, bianche, grandissime e soffici, e scompaiono. È una storia di aria questa de La Confraternita del Chianti, lo è nelle metafore – aria che gonfia e uccide, aria che libera – e nelle musiche scelte, tutte cover di pezzi celebri arrangiate con sax, trombe e tromboni. Il dramma leggero, aereo ma non volatile, di un bambino che è già uomo, la Storia che resta come denuncia nelle persone, nei luoghi, nei ricordi e sì, anche nelle nuvole. (Lucia Medri)

Visto al Teatro Argot Studio durante la rassegna Over Emergenze Teatrali in collaborazione con Overview. Di Paolo Bignami, con Stefano Panzeri, dramaturg Chiara Boscaro, regia Marco Di Stefano, assistente alla regia Cristina Campochiaro, responsabile tecnico Enzo Biscardi. Foto di Sara Lamassa.

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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