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Lo spettatore è un visionario – Luca Ricci, Lucia Franchi

Quinta di copertina. Lucia Franchi e Luca Ricci sono gli autori di Lo spettatore è un visionario edito da Editoria&Spettacolo

Quella di audience development (o audience engagement) è ormai una nozione ormai pienamente assorbita dal mondo teatrale Italiano. Negli ultimi anni, soprattutto sull’impulso dato dagli obiettivi della progettualità europea Creative Europe (2012), i progetti di coinvolgimento del pubblico si sono moltiplicati sul territorio nazionale. Dai laboratori di osservazione, discussione, scrittura critica alle strutture permanenti come la romana Casa dello Spettatore (nata dall’esperienza di Giorgio Testa e del Centro Teatrale Educazione, attivi dal ’97), fino ai progetti di pratiche integrate. Il tentativo è quello di rendere partecipe lo spettatore non solo nel processo di analisi e durante la fase di post-fruizione dello spettacolo, ma anche di fornirgli strumenti e modalità che possano contribuire a costruire una continuità e un processo di fidelizzazione alle dinamiche dello spettacolo dal vivo contemporaneo, specialmente per quanto riguarda i nuovi linguaggi dell’arte performativa.

Lucia Franchi e Luca Ricci, direttori artistici di Kilowatt Festival, ne Lo spettatore è un visionario edito da Editoria&Spettacolo ci raccontano di un progetto di coinvolgimento spettatoriale pioniere e di lungo corso.

È nel 2007, in concomitanza della quarta edizione del festival, che gli artisti di CapoTrave si rendono conto di quanto, per garantire le finalità e gli obiettivi del loro progetto artistico, fosse necessario creare un rapporto solido e continuativo con una realtà, quella di Sansepolcro, che non era riuscita autonomamente a coagularsi intorno alle proposte della compagnia. Da qui l’idea, allora innovativa, rischiosa, utopica, di costituire un gruppo di spettatori che volontariamente intraprendessero un percorso lungo tutto l’anno e finalizzato alla scelta degli spettacoli che avrebbero partecipato al festival estivo, valutando le proposte pervenute, visionando il materiale video, discutendone in incontri ricorrenti ed elaborando una motivazione concreta di interesse/disinteresse nei confronti delle opere presentate.

Un progetto visionario, per l’appunto, ma che presto è riuscito a ritagliarsi un proprio spazio di evoluzione a Sansepolcro, dove da quattordici anni a questa parte sono centinaia i cittadini, di ogni età, occupazione e estrazione che hanno scelto e scelgono di riunirsi all’insegna del teatro e costruire insieme, ogni anno, la nuova edizione di Kilowatt: un festival che ha saputo con pazienza e dedizione porsi come anteprima e trampolino di numerose realtà su tutto il territorio nazionale. Un progetto che resiste e si consolida e che gli autori del libro raccontano, capitolo per capitolo, entrando ora nel merito della relazione tra operatori e visionari, ora in quella – spesso complessa, delicatissima – tra visionari e artisti. Fino al 2015, anno del primo bando de “L’Italia dei Visionari” che ha ha esteso la pratica di coinvolgimento diretto dello spettatore inaugurata da Sansepolcro, e che ad oggi comprende una decina di realtà autonome su tutto il territorio nazionale, per una media di 300 spettatori-visionari ogni anno.

Un ruolo dibattuto, quello dello spettatore, che chiama in causa il ruolo stesso dell’opera d’arte e la sua comprensibilità, chiama in causa il rapporto stesso tra artista e critica, tra critica e spettatore.

Franchi e Ricci, specificando la loro preferenza per l’engagement piuttosto che per il development, sottolineano l’importanza del tenere separati l’ambito degli addetti ai lavori da quello dei “visionari” e in questo si riferiscono alla nozione di consapevolezza emozionale: non si tratta di dare allo spettatore gli strumenti per analizzare l’opera d’arte, quanto di stimolarli e facilitarli all’acquisizione di quegli strumenti necessari per comprendere e, soprattutto, comunicare la propria reazione emotiva e critica nei confronti dell’opera. È bene che quella capacità di osservazione “non-contaminata”, se si può dir così, del cittadino qualunque che accoglie nella propria vita l’esperienza del teatro rimanga tale, ma che lo spettatore guadagni autonomia e consapevolezza, che possa considerarsi abile al dialogo e alla discussione ritrovando, finalmente, la confidenza con quell’opera che, in realtà, sarebbe fatta solo e soltanto per lui.

Angela Forti

Leggi altri articoli dedicati all’audience development

Qui tutti i laboratori e i percorsi di formazione di Teatro e Critica dedicati agli spettatori

Autore
Lucia Franchi, Luca Ricci

Formato
15, 5 x 21

ISBN
978-88-32068-08-5

Pagine
166

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Angela Forti
Angela Forti
Angela Forti, di La Spezia, 1998. Nel 2021 si laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo presso La Sapienza Università di Roma, con un percorso di studi incentrato sulle arti performative contemporanee. Frequenta il master in Innovation and Organization of Culture and the Arts all’università di Bologna. Nel 2019 consegue il diploma Animateria, corso di formazione per operatore esperto nelle tecniche e nei linguaggi del teatro di figura. Studia pianoforte e teoria musicale, prima al Conservatorio G. Puccini di La Spezia, poi al Santa Cecilia di Roma. Inizia a occuparsi di critica musicale per il Conservatorio Puccini, con il Maestro Giovanni Tasso; all'università inizia il percorso nella critica teatrale con i laboratori tenuti da Sergio Lo Gatto e Simone Nebbia e scrivendo, poi, per le riviste Paneacquaculture, Le Nottole di Minerva, Animatazine, La Falena. Scrive per Teatro e Critica da luglio 2019. Fa parte della compagnia Hombre Collettivo, che si occupa di teatro visuale e teatro d’oggetti/di figura (Casa Nostra 2021, Alle Armi 2023).

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