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Gassmann tenta la commedia, ma non brilla la scrittura di De Giovanni

Il silenzio grande scritto da Maurizio De Giovanni e diretto da Alessandro Gassmann è arrivato al Quirino di Roma dopo il debutto al Napoli Teatro Festival. Poi tournée nazionale. Recensione.

Foto Emanuela Giusto

La recente produzione teatrale di Alessandro Gassmann è riconoscibile per alcune caratteristiche precise e ricorrenti. La più evidente è una vera e propria firma scenografica: il velatino che chiude la quarta parete, sul quale una serie di proiezioni accompagnano di tanto in tanto l’atmosfera delle pièce oppure rendono iconici emozioni, ricordi. Un velatino che, inoltre, rende la scena un po’ più scura, tanto che quando viene tirato su per gli applausi ci si rende conto del diverso impatto di colori e luci sugli ambienti.

Altra caratteristica comune ai lavori diretti da Gassmann è la necessità di realismo: l’imperativo vuole che si costruiscano scene di interni o esterni. Anche in questo Il silenzio grande, scritto da Maurizio De Giovanni, in scena al Quirino di Roma (e poi in tournée nazionale), tutto si svolge nello studio di un famoso scrittore; una grande stanza con una libreria in mogano chiaro, una scrivania e una infinità di tomi che riempiono e colorano le pareti. Rappresentano il luogo nel quale è rinchiuso lo scrittore, tutto si svolge lì dentro, tutto avviene tra quelle mura domestiche, in mezzo ai libri tanto cari allo scrittore: la crisi familiare che sembra irrigidire economie e affetti tra il protagonista, la moglie e i figli, gli incontri, i dialoghi che in realtà scopriremo essere lunghi monologhi. Peccato per il golfo di Napoli disegnato dietro a una finestra e non all’altezza del realismo che lo circonda.

Foto Emanuela Giusto

Ulteriore tratto distintivo del Gassmann regista di teatro è quel bisogno esacerbato di guidare lo spettatore verso picchi emotivi di una certa intensità. Nel caso di questo spettacolo si tratta di una serie di trappole emozionali che vorrebbero essere veri e propri ordigni per far esplodere la lacrimuccia. Il problema è che per la maggior parte delle volte il risultato è quello opposto, dato che tali momenti hanno poi una qualità ritmico/sonora più vicina all’equivalente parodistico. Sostanzialmente, di tanto in tanto, nel bel mezzo del dialogo (con buona pace del realismo ricercato nella costruzione della scena) le luci si abbassano e lo scambio di battute viene accompagnato da una musica strappalacrime di piano o violini; alcune volte a questo si somma la proiezione di un morbido ricordo e l’enfasi è servita.

Va detto che, nell’ultima parte dello spettacolo, quando il testo inizia a fare il suo dovere, il pubblico del debutto romano non resiste e si lascia andare ad applausi a scena aperta e qualche singhiozzo.

Ma il testo di De Giovanni è per tre quarti intriso di ovvietà e luoghi comuni: il personaggio dello scrittore ha trascurato la famiglia per correre dietro al successo, i figli sono cresciuti senza che lui si accorgesse di loro (dell’orientamento sessuale di uno e dei condizionamenti  dell’altra rispetto all’influenza paterna), la moglie è una figurina senza mordente (non sappiamo nemmeno se abbia un lavoro o meno) e solo dopo anni si accorge che i libri del marito vendono meno e che le finanze della famiglia sono in piena crisi. C’è da aggiungere che la vicenda viene calata da De Giovanni (per giustificare un certo tradizionalismo?) in un secondo Novecento imprecisato, forse i Sessanta o Settanta; scelta che comunque non aggiunge nulla perché a nulla è permeabile il guscio narrativo familiare. Non riusciamo proprio a immaginarlo un mondo fuori dalla famiglia. Eppure tanto ci sarebbe da discutere fuori da quelle mura. Invece no, ecco l’ennesima commedia familiare.

Foto Emanuela Giasto

De Giovanni tenta un restyling del tema con un colpo di coda che apre al sovrannaturale e a echi eduardiani. Ma non basta, e il finale alla Ghost, con tanto di mistero rivelato, non risolve l’imbarazzo prodotto da una commedia che non svetta neanche tecnicamente, vista la mano registica sempre pronta a sottolineare le emozioni rischiando una sovrabbondanza di pathos o la recitazione tutt’altro che da ricordare di Stefania Rocca, la quale sembra non aver capito da quale parte prendere il personaggio della moglie e i suoi lunghi soliloqui: il risultato è un’interpretazione algida, affettata e monocorde.

Lo spettacolo si regge su qualche buona battuta, ma soprattutto sul lavoro di due talenti puri: Massimiliano Gallo, che sulle spalle del protagonista porta tutta la commedia, e Monica Nappo che nel ruolo della governante gli fa da controcanto. Entrambi quasi lavorano “in maschera” e come esperti zanni tentano di salvare un canovaccio insalvabile.

Andrea Pocosgnich

Ottobre 2019, Teatro Quirino, Roma

Diana O.RI.S. presenta
uno spettacolo di ALESSANDRO GASSMANN
MASSIMILIANO GALLO in
IL SILENZIO GRANDE
una commedia di Maurizio De Giovanni
con STEFANIA ROCCA MONICA NAPPO
e con PAOLA SENATORE JACOPO SORBINI

regista assistente Emanuele Maria Basso
scene Gianluca Amodio
costumi Mariano Tufano
light designer Marco Palmieri
suono Paolo Cillerai
elaborazioni video Marco Schiavoni
musiche originali Pivio & Aldo De Scalzi
foto di scena Manuela Giusto

Prossime date tournée

30/10/2019 – 10/11/2019 Napoli (NA) Diana

12/11/2019 – 13/11/2019 Teramo (TE) Comunale

03/12/2019 Vercelli (VC) Civico

04/12/2019 Venaria Reale (TO) Della Concordia

05/12/2019 Busto Arsizio (VA) Manzoni

06/12/2019 Cuneo (CN) Toselli

07/12/2019 – 08/12/2019 Novara (NO) Coccia

11/12/2019 – 15/12/2019 Perugia (PG) Morlacchi

09/01/2020 – 12/01/2020 Modena (MO) Storchi

14/01/2020 Scandiano (RE) Boiardo

15/01/2020 Vighizzolo di Cantù (CO) Fumagalli

22/01/2020 Russi (RA) Comunale

24/01/2020 – 26/01/2020 Lucca (LU) Del Giglio

30/01/2020 Cortona (AR) Signorelli (acc. Arditi)

31/01/2020 Vignola (MO) Ermanno Fabbri

01/02/2020 – 02/02/2020 Pisa (PI) Verdi

03/02/2020 – 05/02/2020 Savona (SV) Chiabrera Comunale

06/02/2020 – 16/02/2020 Milano (MI) Carcano

18/02/2020 – 19/02/2020 Como (CO) Sociale

20/02/2020 – 22/02/2020 Rimini (RN) Amintore Galli

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

1 COMMENT

  1. Visto lo spettacolo al Carcano di Milano. Condivido con lei solo la critica dura nei confronti della Rocca. Per il resto, solo idee confuse su un testo di rara intelligenza ed intensità. Saluti

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