Estasi di Enzo Cosimi, secondo capitolo della trilogia Sulle passioni dell’anima, debutta in prima nazionale al Teatro India durante la rassegna Il teatro che danza. Recensione
Siamo davvero sicuri che il nostro tempo sia dominato da un pensiero tecnologico e razionale tanto da tenere in scacco l’emotività, l’impulso di cedere al sentimento? Cosa vuol dire cedere a quell’amor vacui così intimamente celato da diventare orrore? Distante è il Barocco della meraviglia, in cui anche lo spirito religioso veniva pervaso dal sentimento mistico ed estatico, dal piacere pungente di una freccia; e basta veramente poco perché ci sovvenga l’immagine marmorea della Transverberazione di Santa Teresa plasmata di ardore da Gian Lorenzo Bernini. Ex-stasis è venir fuori, travalicare i confini del raziocinio e spingere all’esterno ciò che abbiamo dentro. Un prurito incontrollabile e dilagante, un fisiologico rigurgito sensibile espulso nell’impeto di un afflato. Siamo lontani dal meraviglioso perché imbrigliati in necessità sistematizzanti e concrete, ma sempre anelanti allo sturm und drang della voluttà.
Pathos e ex-stasis sono anime irruenti della trilogia Sulle passioni dell’anima del coreografo Enzo Cosimi, un progetto sviluppato nel triennio 2015-2017 che dopo Fear Party dedicato alla paura giunge al suo secondo capitolo Estasi concludendosi il prossimo anno con Dolore. Dopo due periodi di residenza condotti a fine marzo e nei primi di giugno a L’Arboreto-Teatro Dimora di Mondaino, lo spettacolo è approdato in prima nazionale al Teatro India durante la rassegna Il teatro che danza, epilogo della stagione del Teatro di Roma.
L’immagine curata da Lorenzo Castore accoglie gli spettatori in un’atmosfera siderale e rarefatta quasi non ci fosse aria da respirare, da attraversare. Sei corpi sono fermi in pose plastiche, ogni tanto decostruite per poter mutare di forma e acquistarne altre e diverse, ruotando il punto di vista. La carne nuda e glabra è sezionata dal colore che riveste i fisici in porzioni di giallo, viola, azzurro, verde, blu, rosso e nero. Gli abiti sono, moltissimi, accatastati in mucchi di panni abbandonati nello spazio scenico, inutili al vestire. La Venere degli stracci è ora sia uomo che donna e non può che emergere dal mero abbellimento e guardarlo e poi usarlo per rendere quei corpi arlecchini pop, i quali nel sonnolento prologo iniziano a scivolare in un ritmo sinuoso, in una morbidezza lussuriosa fatta di bolle di sapone, evanescenti scoppi di nulla. Un microfono, delle maschere pulp, un pianeta sulla destra a forma di sfera specchiata orbita su se stesso. Distante. Le note sussurrate, ansimate e solo dopo cantate (proprio quando fuoriescono dall’interno e vengono articolate in suono) di Nina Simone sembrano non affermare ma domandare, chiedere e chiedersi And I’m feeling good? Ora il desiderio muove e langue nella serie di quadri che sembrano concludersi in finali che poi reiniziano nuovamente, come ferite cucite e riaperte, in un movimento ciclico di partiture danzate non sempre formalmente impeccabili, sporcate da un’approssimazione scaturita dall’assenza di controllo, perdita del baricentro dovuta al “naufragare dolce”. Sbavano i colori dai corpi sudati, si mischiano al contatto, sbiadiscono nel disordine di tempesta e confusione. L’estasi esaurita non possiede più direzionalità drammaturgica, questo sonno amoroso e di morte è illuminato da luci (Gianni Staropoli) che dipingono in esplosioni di colore il biancore dello sfondo sul quale scorrono foto dei performer (Paola Lattanzi, Elisabetta Di Terlizzi, Daniele Albanese, Alice Raffaelli, Pablo Tapia Leyton, Giulio Santolini); corpi colti nella solitudine delle loro passioni.
Emotivamente d’impatto, allucinazione abbacinante di pulsioni incontrallate e incontrollabili, Estasi si disperde in un moto centrifugo nel quale anche lo spettatore si distrae e finisce per stancarsi. Tuttavia non mancano i risvegli: momenti di pura bellezza visiva che abbracciano lo sguardo e la fruizione stessa. La perdita del centro è insita e proporzionale all’abbandono, all’inconscio agitato e perturbante. La meraviglia oggi è reazione a catena imprevedibile e disarmante, è la danza tribale di un rito omologante che rende gli uni uguali agli altri; Le Sacre dell’estasi in cui non ci sono figure preminenti ma ognuno è potenziale vittima sacrificale e terrorizzata.
Lucia Medri
ESTASI
Compagnia Enzo Cosimi
regia e coreografia Enzo Cosimi
interpreti Paola Lattanzi, Elisabetta Di Terlizzi, Alice Raffaelli, Pablo Tapia Leyton, Davide Valrosso, Giulio Santolini
immagini Lorenzo Castore
disegno luci Gianni Staropoli
musica a cura di Enzo Cosimi
Organizzazione Flavia Passigli
Produzione Compagnia Enzo Cosimi, MIBACT
In co-produzione con Teatro di Roma In collaborazione con Armunia
Il progetto è realizzato con il contirbuto di
ResiDance XL_luoghi e progetti di residenza per creazioni coreografiche
azione di Anticorpi XL – Network Giovane Danza D’autore
coordinata da L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino