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Coriolano post apocalittico senza un perché

Coriolano, spettacolo vincitore della scorsa edizione della rassegna Salviamo i talenti!, andato in scena al Teatro Vittoria di Roma per la regia di Simone Ruggiero. Recensione

foto  www.facebook.com/teatro.vittoria/
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Ce lo chiede l’Europa di lavorare sul pubblico, di farlo crescere non solo quantitativamente, ma anche qualitativamente. Lavorare sulla cultura teatrale, educare al bello e perché no anche alla storia del palcoscenico, anzi dei palcoscenici: questi alcuni dei mantra finalmente tanto in voga. Ma attenzione, se davvero teatri e operatori seguissero le linee guida dell’Unione Europea, che mettono al centro del discorso sulle arti performative il cosiddetto audience development, molte programmazioni e numerosi spazi entrerebbero in crisi. Perché tutto a un tratto lo spettatore andrebbe a teatro, guarda un po’, con una coscienza critica, con una base minima di strumenti ed esperienze tali da permettergli di scegliere con maturità. E che fine farebbero gli epigoni stanchi dell’avanspettacolo, il teatro che strizza l’occhio alla commedia televisiva, alla paccottiglia spacciata per arte (quando non arriva neanche al livello del buon intrattenimento)? Scenari improbabili a parte, a volte accade che il pubblico debba sorbirsi delle prove davvero imbarazzanti e questo ahinoi a Roma accade spesso, anche a causa di un tessuto teatrale sfilacciato, fatto da tanti arcipelaghi non comunicanti. Però se manca spesso il pubblico a teatro, non mancano invece i praticanti: la città è tutta un ribollire frenetico di proposte didattiche dedicate al teatro, scuole e accademie. Una volta diplomati gli allievi di questi corsi debbono necessariamente calarsi in qualche costume e misurarsi con le assi del palcoscenico. Largo ai giovani. Il tema per carità è centrale. Proprio in questi giorni abbiamo parlato del festival di Dominio Pubblico dedicato agli under 25; c’è anche chi da anni al proprio mestiere di programmatore e direttore artistico ha affiancato quello di talent scout aprendo gli spazi dello storico Teatro Vittoria ai giovani: Salviamo i talenti! urla la locandina della rassegna. Va benissimo rispondiamo noi, che futuro avrebbe altrimenti il nostro teatro? Ma chi salva il pubblico dai “presunti” talenti?

foto  www.facebook.com/teatro.vittoria/
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Sia chiaro la rassegna del Vittoria ci ha dato la possibilità di scoprire interessanti ensemble di qualità, vedi l’esperienza di Persone naturali e strafottenti di qualche settimana fa; anche per questo motivo con curiosità siamo tornati al palco di piazza Santa Maria Ausiliatrice. Ma quanto abbiamo visto è davvero al di sotto delle aspettative, anche perché si tratta dello spettacolo che, vincendo la stessa rassegna lo scorso anno, si è meritato la possibilità di essere prodotto nella stagione in corso. Ed è lo stesso pubblico ad aver decretato la vittoria: «tutti coloro che assisteranno a tutti gli spettacoli avranno diritto a far parte della giuria» si legge nel bando.
Parliamo del Coriolano messo in scena da Simone Ruggiero. Il testo scritto a inizio Seicento, nonostante sia uno dei meno celebri del drammaturgo di Stratford-upon-Avon, è un’infallibile macchina metaforica su uno dei temi che a Shakespeare stanno più a cuore: il potere. Il protagonista, Caio Marzio, è un guerriero, un generale romano che scacciato a causa della propria impenitente arroganza decide di appoggiare l’avanzata dei Volsci dopo averli già battuti una volta a Corioli e conquistandosi così proprio l’appellativo di Coriolano. Come accadrebbe oggi nel bel mezzo di una legislatura, cambia casacca e diventa il leader dell’opposizione, per poi tradirla facendosi garante di una pace che gli avrebbe permesso di tornare dalla propria famiglia. Insomma di ingredienti per mettere in piedi uno spettacolo interessante ce ne sono.

foto  www.facebook.com/teatro.vittoria/
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A mancare qui però è proprio quel minimo di mestiere che permetterebbe un confronto da professionisti con Shakespeare. L’abbozzo di idea generale è di rendere la pièce contemporanea, vicina, afferma Ruggero «ai nostri modelli culturali»: sul fondale uno skyline stilizzato di Roma antica illuminato con toni acidi, palco vuoto e costumi che probabilmente vorrebbero richiamare una sorta di delirio punk post atomico. Abiti che ci raccontano di un disordine generale, dato che a parte i due patrizi, nessuno veste la tunica o una qualunque uniforme. Anche gli eserciti durante gli scontri si fronteggiano con pantaloni militari, corpetti che scolpiscono i muscoli, sciarpe sugli occhi e magliette lise, tanto che alle volte sembra un tutti contro tutti indistinguibile. Ma il problema sta soprattutto nel fatto che a questa idea di una Roma post apocalittica poi non viene dato nessun corso oltre quello dei costumi. Nella nutrita schiera di interpreti che si appassionano a recitare la parte credendo di essere i protagonisti di qualche blockbuster cinematografico hollywoodiano si salvano Loris De Luna (pacato nell’utilizzo di mimica ed emozioni e con un interessante impasto vocale) e Matteo Milani, a proprio agio nei panni a tratti brillanti di Tito Larzio. Il Caio Marzio di Luca Avallone cerca di definirsi come un vero e proprio cattivone, volto e voce granitica, ma non rompe il muro della credibilità, come tutti gli altri interpreti d’altronde.

Sembra insomma che questa compagine di giovani non sia ancora pronta per affrontare messinscene che ambiscano a una certa complessità, nelle quali vi è bisogno di esperienza, talento e idee compiute. Non basta eccellere nel combattimento: le scene in cui gli eserciti si confrontano sono le più curate dal punto di vista coreografico, ma lasciano emergere anche qui una certa ingenuità dimostrata dalla scelta di armi non metalliche (mazze da baseball a parte): perché mai niente lame e polvere da sparo in uno scenario così futuristico? Ma prima di cercare una chiave di lettura approssimativa questi ragazzi avrebbero dovuto curare la recitazione ascoltandosi e facendosi ascoltare, per capire così la differenza tra la riproposizione distorta di un modello e la creazione della verità scenica.

Andrea Pocosgnich

Teatro Vittoria, Roma – maggio 2016

CORIOLANO
di William Shakespeare
adattamento e regia Simone Ruggiero
con Luca Avallone, Laura Monaco, Nicolas Zappa, Simone Ruggiero, Andrea Carpiceci, Matteo Vigneti, Matteo Milani, Matteo Antonucci, Danilo De Luca, Loris De Luna, Chiara Dellarossa
assistente alla regia Annalisa Elba
musiche Marco Raoul Marini
scene e costumi Giulia Pagliarulo e Marika Argentini

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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