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Madame Bovary alla ricerca della libertà

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Madame Bovary: Letizia Russo riscrive per la scena il romanzo di Flaubert; Lucia Lavia è Emma Bovary, Lino Musella il marito Charles. Alla regia Andrea Baracco. Recensione

foto Linda Pezzano
foto Linda Pezzano

C’è un tratto carnale, sanguigno in questa Madame Bovary riscritta da Letizia Russo per la regia di Andrea Baracco, ancora in scena al Teatro Piccolo Eliseo; un tratto che Lucia Lavia, nei panni della protagonista, ha accolto dentro di sé con lo spirito della devota. Il personaggio creato da Gustave Flaubert si tinge qui di una sessualità esplicita, un erotismo prorompente che coincide con un’ altra sfumatura significativa già presente nella Bovary originale, anzi motore di innesco: quell’eterna fame di vita che diventa bisogno implacabile di esistere in una forma libera da qualsiasi costrizione, che sia storica, sociale o economica.
Ecco perché parlavamo di devozione: la recitazione di Lucia Lavia è un continuo perdersi nel buio, un abbandonarsi completamente a passioni e sofferenze, è un atto di sacrificio, a tratti più che efficace, ma in alcuni momenti estenuante anche per il pubblico, con il rischio di rappresentare troppo precocemente quell’immagine di autodistruzione. Attenzione però, non è follia:  Emma Bovary di Letizia Russo è volitiva, lotta per la felicità ed è consapevole di quello che significa essere rappresentante del sesso debole a metà dell’Ottocento.
«Tutto dipende da come nasci. Mia figlia doveva nascere maschio se c’era un po’ di giustizia nel cielo. Avevo il diritto di guardare negli occhi un essere fatto da me e di saperlo libero».

foto Linda Pezzano
foto Linda Pezzano

Forse anche per questo Baracco opta per abiti storici, per lasciar bene intendere che la questione è sempre legata all’epoca e ai mutamenti sociali che la muovono. La scena, di Marta Crisolini Malatesta (autrice anche dei costumi) è invece una sorta di gabbia con una scalinata che porta a un ballatoio, inferriate dietro cui nascondersi e pannelli in metallo che all’occorrenza vengono mossi dagli attori. Le luci di Pietro Sperduti danno colore agli angoli bui, creano primi piani, posizionano talvolta lo sguardo del pubblico e insieme alle musiche di Giacomo Vezzani anticipano le atmosfere.

La regia inoltre orchestra sulla scrittura un ritmo scenico piuttosto incalzante, considerate le quasi tre ore di spettacolo. Nonostante le ellissi temporali che marcano il susseguirsi degli avvenimenti, Baracco non sceglie mai soluzioni di comodo, non ci sono bui improvvisi a fare da cesura, non ci sono scappatoie; vige infatti la ricerca di una costruzione scenica fluida che alterni la parola all’immagine con l’obiettivo chiaro di coadiuvare il racconto. Così dopo le prime scene di corteggiamento la protagonista appare improvvisamente vestita da sposa sul ballatoio che anima in altezza la scena. Da qui comincerà la discesa negli inferi, la corsa verso l’autodistruzione: l’esaurimento nervoso, il riscatto della passione e gli amanti, il tenore di vita al di sopra dei propri mezzi e di conseguenza i debiti.

Khora Teatro, la casa di produzione fondata nel 2004 da Alessandro Preziosi, Tommaso Mattei e Aldo Allegrini, ha scelto di produrre un lavoro di ensemble, con ben otto interpreti, tutti di alto livello, arricchito dalla presenza muta di Roberta Zanardo che ha il compito di far muovere un manichino, è la figlia Berthe. Charles Bovary è interpretato magnificamente da Lino Musella, il quale dimostra ancora una volta di essere uno dei migliori attori della sua generazione; qui è un ometto dalla voce tremolante, in grado di esaltarsi per pochissimo, medico di paese spinto dalla moglie verso una carriera non cercata. Sarà lui a chiudere lo spettacolo, con Emma morta e accovacciata su un tavolo, ascolteremo un uomo alla ricerca della propria dignità nel dolore.

Andrea Pocosgnich

Piccolo Teatro Eliseo, Roma
fino al 6 marzo 2016

MADAME BOVARY
di GUSTAVE FLAUBERT
riscrittura di Letizia Russo
con: (in ordine di apparizione)
Emma Bovary LUCIA LAVIA
Charles Bovary LINO MUSELLA
Homais GABRIELE PORTOGHESE
Léon MAURO CONTE
Hippolyte LAURENCE MAZZONI
Berthe (manovrata da) ROBERTA ZANARDO
Lheureux ELISA DI EUSANIO
Rodolphe XHULJO PETUSHI
regia ANDREA BARACCO
scene e costumi MARTA CRISOLINI MALATESTA
disegno luci PIETRO SPERDUTI
musiche GIACOMO VEZZANI
prodotto da ALESSANDRO PREZIOSI, TOMMASO MATTEI, ALDO ALLEGRINI

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

2 COMMENTS

  1. Totalmente d’accordo sull’exploit di Musella, per me la vera sorpresa dello spettacolo. Un’interpretazione fantastica, giocata in sottrazione, con un understatement fatto di maestria ed equilibrio, senza neanche una sbavatura. Non condivido le riserve su Lucia Lavia, che mi sembra fedele ad un’idea di esaltazione, di abbandono sensuale e ricerca della “felicità” proprie del personaggio e dell’impianto registro: è anche grazie a lei che le tre ore abbondanti sono letteralmente volate

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