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Giorgio Tirabassi: il coatto è contemporaneo

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Dopo quindici anni dalla prima, Coatto unico senza intervallo scritto e diretto da Giorgio Tirabassi è andato in scena al Teatro Sala Umberto di Roma. Recensione

Foto di Igino Ceremigna
Foto di Igino Ceremigna

C’è teatro e teatro. Quello di “ricerca”: erudito, complesso, emozionante, a volte criptico, quello insomma della crisi, per cui sai già che uscirai dalla sala con un senso di frammentazione, perdita del centro e delle certezze. Pieno tuttavia di entusiasmo, spiazzato. E c’è quello che sin da subito giudichi con un po’ di distanza, non per presunzione quanto per l’abitudine a prediligere certi spettacoli piuttosto che altri. Si tratta, in fondo, semplicemente di una questione di gusti, tendenze personali e, perché no, editoriali. Tuttavia, abbandonato il sempre comodo e inevitabile pregiudizio, scegliamo di mettere alla prova la nostra natura di flâneur teatrali e veniamo incuriositi da spettacoli che non ci aspettiamo, nonostante quello in questione abbia ben quindici anni. Infatti siamo in ritardo. Coatto unico senza intervallo di Giorgio Tirabassi scritto insieme a Daniela Costantini, Stefano Santarelli, Loredana Scaramella e Mattia Torre è nato agli inizi degli anni Duemila con il titolo di Coatto unico e l’intento di essere allestito, per scelta, nelle varie periferie romane e nel carcere di Rebibbia, rivolto a un pubblico “di quartiere” composto da personaggi come “Er carozza” di Tor Bella Monaca, chiamato così perché costretto su una sedia a rotelle – aneddoto raccontato da Tirabassi durante una trasmissione radiofonica. Cinque anni dopo, nel 2006, il racconto si fa senza intervallo a dimostrazione della continuità data al lavoro stesso che inizia ad andare oltre la romanità e a riscuotere successi a livello nazionale, per tornare quindi all’inizio di quest’anno nella Capitale, dove lo abbiamo incontrato proprio la scorsa settimana al Teatro Sala Umberto.

Foto di Igino Ceremigna
Foto di Igino Ceremigna

Tirabassi dà subito una connotazione ben precisa alla fauna di personaggi da lui interpretati, lontanissimi dalla filosofia dei coatti verdoniani che si atteggiano con giubbotti di pelle e occhiali da sole, questi sono invece coatti perché costretti ad esserlo: seppur nati e cresciuti in una metropoli, sono figli rinchiusi nei loro quartieri (Testaccio, Pigneto, l’Alberone, Centocelle) dei quali hanno incarnato i discorsi, il pensiero, le abitudini e anche le tare.
Un atto unico in cui l’attore, noto ai più per i ruoli ricoperti in fiction televisive, dà prova di una recitazione istrionica e versatile accompagnata dalle note del contrabbasso di Daniele Ercoli e delle percussioni di Giovanni Lo Cascio. Chitarrista notevole, l’attore romano riempie la scena vuota con brani inediti e/o relativi alla tradizione degli stornelli romaneschi, uniti a giri di blues, momenti rock e tirate “rappeggianti”. Questo lavoro oltre a potersi inscrivere nella tradizione della canzone popolare romanesca nella quale si annoverano figure celebri come Gabriella Ferri, Alvaro Amici, Lando Fiorini e Claudio Villa, tende verso la poesia del Petrolini, del Belli e del Trilussa; qui citati al fine di indicare un contesto d’appartenenza nel quale collocare lo spettacolo, senza però addentrarci nel sottolineare di ognuno di loro le dovute specificità e differenze. Dalla forma simile alla sonata per strada, lo spettacolo riesce tuttavia a mantenere sul palcoscenico proprio quella stessa complicità che dialoga con lo spettatore in platea senza nessun filtro, con la schiettezza e vicinanza di una pacca sulla spalla. Arcangelo, Rufetto, Nello e sua moglie Cinzia, Ciletta e lo spacciatore sono tipi umani costruiti con rude poesia, di quella che oltre la risata lascia spazio anche  alla lacrimuccia sincera. Coatto Unico, al di là delle categorie e delle storture di naso, non è solo mero intrattenimento spettacolare in quanto inscena con sensibile intelligenza teatrale quell’atteggiamento, attualissimo, che spinge “il romano” a criticare e desiderare di abbandonare la sua città dei tanti problemi, della politica assente, quella degli sfratti e delle case occupate. Rifiuto nato però dall’attaccamento, da quella contrainte appunto coatta che alla fine non lo lascia andar via.

Lucia Medri

COATTO UNICO SENZA INTERVALLO

di GIORGIO TIRABASSI
scritto con Daniela Costantini
Stefano Santarelli
Loredana Scaramella
Mattia Torre
con DANIELE ERCOLI contrabasso
GIOVANNI LO CASCIO percussioni
light designer Carlo Cerri
direttore di scena Freddy Proietti
scritto e diretto da GIORGIO TIRABASSI

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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