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Trentadue anni di Rumori fuori scena

Noises off (Rumori fuori scena), lo spettacolo cult di Michael Frayn, continua a riempire il Teatro Vittoria. L’abbiamo rivisto e ne abbiamo parlato con Viviana Toniolo

viviana toniolo (3)
Viviana Toniolo – foto da Rumori di scena. Novemila sere a teatro con Attori & Tecnici. Bulzoni, 2013

«Stasera dietro le quinte prima di iniziare sono rimasta un attimo da sola, e ho pensato: se trent’anni fa mi avessero detto che oggi sarei stata ancora qui a fare questo spettacolo, non ci avrei mai creduto». Viviana Toniolo è nel suo camerino, si strucca davanti allo specchio dopo la trentaduesima serie di repliche di Rumori fuori scena, per la regia di Attilio Corsini (scomparso nel 2008), titolo simbolo della compagnia Attori & Tecnici e grande classico del Teatro Vittoria. «Oggi è il mio compleanno» dice, sorridendomi dallo specchio mentre guardo il mazzo di fiori appoggiato sotto i faretti. «Con Annalisa Di Nola siamo le uniche due attrici ad essere ancora in scena dalla prima versione».

È la seconda volta che vedo “Rumori”. L’ho visto qualche anno fa e stasera ridendo ancora nella sala piena tra porte che stentano ad aprirsi, bottiglie di whisky e piatti di sardine, mi sono chiesto cosa di questo spettacolo funzioni così tanto da non farlo cigolare sotto il peso delle migliaia di repliche (già nel 2003 Bulzoni pubblicava Rumori di scena. Novemila sere a teatro con Attori & Tecnici), o da non esaurirne la risata, e il pubblico. «È un meccanismo geniale, con questa commedia ridono tutti, hanno riso dovunque, dall’Inghilterra al Giappone; il testo di Michael Frayn va oltre lo humor inglese, è un capolavoro della drammaturgia del Novecento e resterà nella storia del teatro». Viviana Toniolo ha le idee chiare. Rumori fuori scena si consuma in tre atti in cui il teatro racconta, nella caricatura di una sgangherata compagnia alle prese con un nuovo testo, qualcosa di sé stesso, e nel farlo gioca a ribaltarne lo sguardo, si lascia guardare lì dove allo spettatore solitamente non è dato entrare: nella routine della creazione. Prima in platea, quando dopo poche battute un pirandelliano regista si palesa in sala e svela fin da subito la finzione: è notte, mancano poche ore al debutto, la compagnia ha a disposizione una rocambolesca prova generale e il pubblico ha a disposizione la visuale del regista per spiare le dinamiche tra lui, gli attori, e i personaggi. Poi nel secondo atto, quando la prospettiva cambia ancora, in una trovata tanto semplice quanto unica: la scenografia originale del 1982 firmata da Bruno Garofalo, dal legno retrò e dalle scale che scricchiolano, viene ribaltata e il pubblico si ritrova dietro le quinte, a qualche minuto dal “chi è di scena”, con le dinamiche della compagnia portate all’esasperazione tra equivoci e gag e due spettacoli da portare avanti, fino all’ennesimo ribaltamento del terzo atto.

foto Manuela Giusto
foto Manuela Giusto

Il ritmo dello spettacolo è frenetico – i tempi comici da vaudeville – le azioni e i gesti cadenzano una partitura che a furia di ripeterla diventa familiare; il pubblico finisce dunque per “far la memoria” dei movimenti, e con questi delle battute, così che gli attori riescano poi a giocare sull’elusione o sulla conferma dell’aspettativa, improvvisando (come da copione) nella griglia della ripetizione. Un’intuizione, come quella di continuare a portare in scena il testo. «Quando uno spettacolo funziona, è giusto portarlo avanti. In Inghilterra ad esempio Trappola per topi è in cartellone da più di sessant’anni, invece qui in Italia si butta via ciò che c’è di bello. E questa è stata la grande intuizione di Attilio Corsini, insistere su uno spettacolo che porta a teatro chi a teatro solitamente non va, che attraversa le generazioni. Tantissime persone che mi hanno visto quando erano ragazzini tornano e mi dicono: da quanto ho visto questo spettacolo vado a teatro, ora ci sto portando i miei figli».

foto Manuela Giusto
foto Manuela Giusto

Parlare nel camerino con Viviana Toniolo dopo Rumori fuori scena è un corto circuito, è un po’ come assistere al quarto atto dello spettacolo. In trentadue anni si sono avvicendati gli attori, è variato il gusto del pubblico, ma cosa è cambiato nello spettacolo? «Non è cambiata la regia, assolutamente, è sempre quella disegnata e voluta da Attilio Corsini. Chiaramente ogni attore porta sé stesso, però l’impostazione dei personaggi è quella lì; ora penso che la formazione della compagnia sia perfetta. Il segreto, sul quale io insisto oggi e al quale Attilio teneva tantissimo, è che lo spettacolo non si deve sporcare, fa ridere comunque, chiunque lo faccia, ma a patto che resti come nostra caratteristica la grande pulizia che lui ci ha impostato; basta un gesto in più di chiunque e perdi le risate. Pulizia e ritmo. Il regista che ne ha girato il film è venuto al Vittoria a vederci per cinque giorni di seguito. È un balletto, tutti i movimenti che vedi, i mimati, sono tutti studiati come una musica. È difficile da portare in scena perché se sbagli non c’è niente da fare: una volta durante la nona replica, sono entrata e ho detto un’altra battuta, l’attore mi ha risposto, e a un certo punto c’è stato il silenzio, e poi hanno dovuto tirar giù il sipario!».

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foto Manuela Giusto

Immagino come sia stato vedere in scena Viviana Toniolo (Mrs Clackett) e Annalisa Di Nola (Lisa/Vicky) nella fisicità delle prime versioni; oggi, questo va ammesso, bisogna conoscerne la storia per restituire quel tocco di malizia alle gag di gelosia e di veridicità ad alcuni flirt, ma l’atmosfera sopra le righe e il talento delle due attrici permettono anche questo. A fianco a me, in sala, c’erano dei ragazzi di un liceo romano, li guardavo ogni tanto, curioso delle loro reazioni: ridevano. «È importantissimo che ci fossero delle scolaresche, i bambini e i ragazzi che si divertono a teatro saranno spettatori di domani». E oggi, invece, quale potrebbe essere una scelta audace simile a quella che avete fatto voi trenta anni fa? «Oggi è più difficile; se arrivasse Michael Frayn con Rumori fuori scena non succederebbe quello che è successo a noi. Perché non ci sono più i giornalisti che scrivono, perché la gente si è impigrita, perché di teatro non si parla. È cambiato il paese in un modo triste; si parla della crisi del teatro da sempre, ma quello che sta succedendo adesso è atroce per chi deve cominciare. Per questo organizzo questa Rassegna Salviamo i Talenti – Premio Attilio Corsini: scelgo 4 spettacoli e quello che poi vince secondo una giuria del pubblico e di addetti ai lavori — che possano farli lavorare — è in cartellone. Bisogna aiutare i giovani che vogliono fare teatro, perché noi abbiamo fatto fatica, ma ce l’abbiamo fatta».
Uscendo dalla porta laterale troviamo tre bambine con delle rose in mano che le chiedono l’autografo, ridono: «il pezzo che ci ha fatto divertire di più è stato quando dovevi togliere le sardine». Mrs Clackett mette la sua firma e saluta, «brava mamma che le porti a teatro».

Luca Lòtano

Visto al Teatro Vittoria, Roma – gennaio 2016

RUMORI FUORI SCENA
di Michael Frayn
traduzione di Filippo Ottoni
con Viviana Toniolo, Annalisa Di Nola, Stefano Messina, Carlo Lizzani, Roberto Della Casa, Marco Simeoli, Claudia Crisafio, Sebastiano Colla
regia Attilio Corsini
musiche Arturo Annecchino
scene Bruno Garofalo

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Luca Lòtano
Luca Lòtano
Luca Lòtano è giornalista pubblicista e laureato in giurisprudenza con tesi sul giornalismo e sul diritto d’autore nel digitale. Si avvicina al teatro come attore e autore, concedendosi poi la costruzione di uno sguardo critico sulla scena contemporanea. Insegnante di italiano per stranieri (Università per Stranieri di Siena e di Perugia), lavora come docente di italiano L2 in centri di accoglienza per richiedenti asilo politico, all'interno dei quali sviluppa il progetto di sguardo critico e cittadinanza Spettatori Migranti/Attori Sociali; è impegnato in progetti di formazione e creazione scenica per migranti. Dal 2015 fa parte del progetto Radio Ghetto e sempre dal 2015 è redattore presso la testata online Teatro e Critica.

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