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Accorsi e Baliani. A Boccaccio, da lontano

Accorsi e Baliani portano in scena il Decamerone di Giovanni Boccaccio. Recensione.

 

accorsi baliani decamerone
foto Andrea Pirrello

Perché non ci si dimentichi, oltre all’Italia dei tesori paesaggistici e naturali, (quella stessa dei monumenti recentemente sfregiati dalla barbara incoscienza, viene da aggiungere) anche quella della ricchezza linguistica che fa parte della nostra storia. Con questa intenzione Marco Baliani, Stafano Accorsi e Marco Balsamo hanno lavorato al progetto Grandi Italiani, dedicato ad alcune tra le più significative figure della letteratura del Bel Paese: Ludovico Ariosto, Giovanni Boccaccio e Niccolò Machiavelli. Dopo le fortunate tappe dedicate all’epica cavalleresca (Furioso Orlando e Giocando con Orlando) è la volta dei vizi, delle virtù e delle passioni del Decamerone, la cui goliardia “boccaccesca” recupera lo spirito dell’intrattenimento come consolazione non dell’originale pestilenza bensì di un affanno contemporaneo, dove «li potenti sforbiciano le vesti di chi vive solo di arte».

foto Filippo Manzini
foto Filippo Manzini

Tramutando i segni dal libro al palco dell’Ambra Jovinelli, diretto da Marco Baliani, il racconto diviene rappresentazione di una compagnia girovaga, il cui colorato carro-camper risponde ai diversi luoghi dell’azione scenica ed è quasi un gioco da bambini, da aprire e smontare, sul quale arrampicarsi e fingere di osservare tutti da un giardino. Agli attori, tra i quali spiccano, oltre Stefano Accorsi, anche Salvatore Arena e Naike Anna Silipo, il compito di interpretare i diversi ruoli protagonisti delle sette tra le cento novelle raccolte. Montate per opposizioni e raccontate ora dal Mastro di Brigata, ora dagli altri componenti della compagnia, alternano ad esempio – per vendicarne il genere, dicono gli attori tra una novella e l’altra – il raggiro di una donna alla storia in cui a cadere nel tranello è un uomo gelosissimo della moglie, che riscatta la propria clausura a discapito del marito. Oltre ad alcuni episodi segnati da una certa trivialità, ve ne sono altri, più tragici, nei quali la purezza dei sentimenti viene spezzata dalla morte, come la quinta novella raccontata: quella di Tancredi re di Salerno che finì per uccidere la figlia Ghismunda perché innamorata dello stalliere Guiscardo, che qui citiamo perché a nostro avviso risulta, per la propria asciuttezza di gesti e intenzioni, la più riuscita dell’operazione.

foto Filippo Manzini
foto Filippo Manzini

Del facile sollazzo che vede il carro muoversi a ritmo ancheggiante dei protagonisti di un amplesso, delle file di suore appartatesi col finto muto, se ne ride ora come se ne rideva allora. Si ride meno quando il grottesco pervade i toni di certi personaggi, che rischiano di perdersi nel ridicolo. Al di là del trattamento della lingua trecentesca, semplificata – veniamo a conoscenza durante il prologo – rimane l’impressione di una lingua anticata, così come per i costumi che danno l’apparenza di un tempo più o meno passato; l’intero lavoro, partendo dal pur nobile presupposto di andare a sondare come ancora questi testi possano parlare oggi, rischia di rimanere ad un livello di superficie. In che maniera Boccaccio parli a noi contemporanei non lo scopriamo solo sostituendo un male con un altro, peste del corpo con la peste del pensiero (intenzione questa relegata all’idea della messinscena più che alla sua concretizzazione), racconti, temi e personaggi, a noi inequivocabilmente lontani, possono parlarci delle afflizioni del nostro tempo, ma si deve essere in grado di riconoscerne la distanza. Ci si auspica, nel terzo capitolo dedicato al Principe del Machiavelli, che si possa ritrovare quell’attitudine al gioco in grado di stimolare l’immaginazione dello spettatore e, grazie alla lingua, perdersi nel teatro.

Viviana Raciti
Twitter @viviana_raciti

In scena al Teatro Ambra Jovinelli di Roma fino al 1 marzo 2015

DECAMERONE
vizi, virtù, passioni
liberamente tratto dal Decameron di Giovanni Boccaccio
con Stefano Accorsi, Salvatore Arena, Silvia Briozzo, Fonte Fantasia, Mariano Nieddu, Naike Anna Silipo
adattamento teatrale e regia di Marco Baliani
drammaturgia Maria Maglietta
scene e costumi Carlo Sala
disegno luci Luca Barbati
produzione Nuovo Teatro in collaborazione con Fondazione Teatro della Pergola
progetto Grandi Italiani, di Marco Baliani, Stefano Accorsi, Marco Balsamo

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Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

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