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HomeArticoliVincitori Premi Ubu 2010: Lettera aperta di un critico a Babbo Natale

Vincitori Premi Ubu 2010: Lettera aperta di un critico a Babbo Natale

La votazione degli UBU” (immagine da Cineboom)

Caro Babbo Natale,

è difficile conoscere qualcuno che non t’ha mai scritto, che non t’ha mai invitato a vedere uno spettacolo, che non ha mai provato a sottoporti un testo o le proprie qualità dell’arte, pochi ne ho conosciuti che non hanno cercato sotto la tua barba folta la protezione per scartare più regali degli altri, pensandoti debole e incapace di fare le tue scelte con piena autonomia di giudizio. Ne ho visti tanti, caro Natale – o caro Babbo non so quale sia il nome e quale il cognome – di quelli che ti mandavano le recensioni da correggere per far vedere quanto sono bravi a farsi crescere la barba come la tua, anche se ancora non era bianca neanche un po’, ho visto mille e ancora mille farti il codazzo peggio dei magi alla stella cometa e parlare non a un uomo ma ad un potere da adulare, farti un cenno quando davano uno zuccherino alle tue renne, ho visto una miriade di gnomi e folletti dentro la casa dei doni, uniti in catena di montaggio, felici di soltanto mettere coperchi e infiocchettare nastrini.

Caro Babbo Natale,

il valore di una tradizione è resistere al tempo, e non avevo ancora visto nessuno che riesce a diventare tradizione sacrale e inviolabile, anche se fino a poco prima era il testimonial di una bibita gassata; è strano perché sembra simile a quando un artista diventa tale, importante, non per i meriti di scena, ma quando inizia a dirigere un teatro un festival o si fa qualche stagione di Stabile, allora eccolo che d’improvviso ci si accorge della sua assoluta capacità della scena, della sua arte che ha il rispetto delle tradizioni e insieme la complessità dell’innovazione, votato al contemporaneo e bla bla bla…quante letterine, quante…quante ne avranno recapitate col fermo posta Via Ramazzini 8, Milano…oppure non hanno scritto mai, hanno aspettato che fosse l’evidenza formale a decretare la beatificazione in terra in cielo e in ogni luogo, della propria arte sacrosanta.

Caro Babbo Natale,

Festa di premiazione

a me dispiace, davvero, perché in mezzo a tutto questo ci sono anch’io, e scrivo lettere come quelle degli amanti perduti per il mondo, che il proprio amore non sanno nemmeno più che faccia abbia, eppure scrivono e buttano una bottiglia con il messaggio dentro, nel mezzo del mare più largo; mi dispiace perché m’accorgo sempre di più che anche i grandi incendiari si sono fatti pompieri (ti ricordi, caro santaclaus, quando non avevi nemmeno un pelo di barba ed eri un giovane spettatore di una consegna di regali non codificata, soltanto dalla scena alla platea?), quelli che predicavano la rivoluzione dell’arte e della civiltà umana, adesso si ammassano – massoni – sommando missive per questa grande, cerimoniosa messa: quando hai scelto il monopolio multinazionale del dono natalizio, io sono rimasto male, perché in fondo sono liberale pure io e non posso non farti notare che hai tenuto, come icona della generosità che dona i premi ai bambini ex aequo per farli contenti e ricompensati tutti, la stessa forma mercantile di quando eri icona della Coca-Cola: ma il monopolio all’arte non fa bene neanche un po’ e non si può vincere un premio da attore e regista perché si dirige uno Stabile, non si può far vincere un premio a una novità drammaturgica che è tanto nuova quanto uguale alla precedente: bella sì, per carità! Ma che novità è? Forse la novità è che l’ha scritta chi organizza un festival dove porti doni prima dell’estate, fuori stagione?* E invece, Babbomio, che devo pensare del premio proprio all’icona, in cui hai decretato la sostituzione del teatro al teatrino televisivo? Uno come Roberto Saviano sono proprio queste attestazioni di niente, che lo fanno vittima – non della camorra – ma della nostra stessa cupa ipocrisia. Perciò, caro Babbo Natale, quest’anno per la prima volta, io ti scrivo una lettera, sarà l’unica in cui non si chiedono doni, ma la destituzione del potere a decreto dell’arte, e ti giuro che se non verrò esaudito anche questa volta, smetterò di credere anche a te, come ho fatto con chi di un bambino, che nasce ogni anno e non cresce mai, ha fatto il monopolio di una Natività.

* INTEGRAZIONE OLTRE OGNI FRAINTENDIMENTO (aggiornamento del 10/12/2010)

È doverosa una parola di chiarezza, per gli artisti che loro malgrado si sono trovati coinvolti in quest’accusa, cui dico che il raggio d’azione di un ordigno, non ha i confini nelle istruzioni d’uso. Si lancia, quando si sente che una necessità lo impone. Saverio La Ruina è una persona per cui ho una stima umana prima che artistica, il suo mestiere d’attore e quello di operatore sono svolti con piena coscienza e rettitudine, tuttavia proprio da un coinvolgimento non voluto, mi accorgo che di questo sistema proprio artisti del suo valore sono prime vittime: l’elargizione dei doni che è quasi un abuso del valore (quattro premi in tre anni, in tre diverse sezioni, come accaduto a tanti) non è per una richiesta o adulazione, conosco e stimo Saverio incapace di questo, ma avviene proprio nel momento in cui ci si tiene da ciò alla larga: chi non riesce a comprare alza il prezzo, lascia regali sulla porta perché qualcuno la apra, se nessuno apre si continua a lasciare doni. Troppi artisti sono diventati grandi e internazionali quando sono diventati anche operatori, o come in questo caso direttori dello Stabile del Veneto. Non è il caso di Saverio, che non contesto ed è artista di merito: io contesto chi usa il suo testo per una adulazione di ritorno, perché chi ha vuole avere, ce lo insegna chi governa questo paese e non è da meno del grande mondo, questo piccolo che viviamo.

Simone Nebbia

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VINCITORI PREMI UBU 2010

Spettacolo dell’anno ex aequo in ordine alfabetico: Finale di partita (regia di Massimo Castri, Ert-Emilia Romagna Teatro, Teatro di Roma, Fondazione Teatro Metastasio); L’ingegner Gadda va alla guerra [recensione] (regia Giuseppe Bertolucci, Fabrizio Gifuni in collaborazione con Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti); Roman e il suo cucciolo (regia di Alessandro Gassman, Teatro Stabile d’Abruzzo, Società per Attori, Teatro Stabile del Veneto Carlo Goldoni).

Miglior regia: Armando Punzo (Alice nel Paese delle Meraviglie – Saggio sulla fine di una civiltà da Lewis Carroll)

Miglior scenografia: Andris Freibergs (Le signorine di Wilko)

Miglior attore: Fabrizio Gifuni (L’ingegner Gadda va alla guerra) [recensione]

Miglior attrice: Francesca Mazza (West e Progetto Ravenhill) [leggi il diario di Short Theatre]

Miglior attore non protagonista: Francesco Colella (Dettagli e Il mercante di Venezia)

Miglior attrice non protagonista: Ida Marinelli (Angels in America. Seconda parte: Perestroika)

Nuovo attore under 30: Giovanni Anzaldo

Nuovo testo italiano o ricerca drammaturgica: La borto di Saverio La Ruina [articolo]

Nuovo testo straniero ex aequo in ordine alfabetico: Bizarra di Rafael Spregelburd; [recensione] Immanuel Kant di Thomas Bernhard

Miglior spettacolo straniero presentato in Italia: Lipsynch di Robert Lepage (Ex Machina e Théâtre Sans Frontières)

Premi speciali:

Punta Corsara, la scena dei ragazzi di Scampia alla riprova di un teatro di apprendimento vissuto assieme alle persone di un territorio difficile, che hanno potuto trovare nelle forme dell’esperienza artistica occasioni di vita ulteriore e strumenti di restauro morale. Un progetto coraggioso, capace di lavorare sul territorio con un respiro nazionale incrementando un ricambio generazionale, sia sul versante artistico che su quello tecnico e organizzativo, di cui il nostro paese ha davvero bisogno.

Kilowatt Festival, attività di sguardi incrociati tra pubblico, artisti e critici in cui è nascosta la forza eversiva di un punto di vista davvero nuovo. Coinvolto in questa gara popolare un gruppo di spettatori ribattezzati “Visionari”, cittadini appassionati ma non esperti, che partecipano alla scelta degli spettacoli e insieme a critici vecchi e nuovissimi si impegnano nella ricerca di un teatro da pensare e costruire.

[Cartoline da Kilowatt 2010]

Roberto Saviano, da “abusivo” del teatro si fa inatteso narrattore che coraggiosamente esce dal suo spazio di solitudine e conquista il pubblico con grazia e talento con il suo monologo La bellezza e l’inferno, mirabile j’accuse contro il cancro della mafia e i mali del mondo.

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

16 COMMENTS

  1. Che tristezza leggere un articolo come questo. L’arroganza, la supponenza e l’ignoranza non hanno confini. Quando vi mettete a scrivere articoli come questi, abbiate almeno il coraggio di scrivere nome e cognome di quelli che state attaccando. Ma è troppo facile nascondersi dietro alle metafore, per lo più di pessimo gusto.

  2. Caro Luigi De Angelis,
    ti do del tu perchè se ti do del lei dici che sono supponente.
    Facendo un rapido sondaggio l’Ipsos ha accertato che sei stato l’unico a non capire a chi si riferiva la “letterina”, anche perchè subito sotto c’è la lista dei premiati, in cui del resto spicca l’interpretazione che ancora mi meraviglia per maestosità di Francesca Mazza nel tuo West, ma in cui con ancora più evidenza ci sono un po’ di cosine di dubbio equivoco a proposito del direttore dello Stabile del Veneto che coproduce uno spettacolo vincitore, toccando ben pochi cuori anche dei giurati, guarda un po’ assieme a quello d’Abruzzo, precedentemente diretto.
    Sempre l’Ipsos, caro Luigi, sta svolgendo un’indagine sulle responsabilità di alcuni artisti rispetto all’ignoranza di cui gode la mia generazione me compreso, vittima della facile metafora, in balia di ridanciani menestrelli e ridotta a tale depravazione da restare impermeabile, colpevolmente, alla straordinaria arte enigmatica. Un vero peccato non avere i mezzi per potersene inebriare. Però a quanto pare dal tuo commento, con pochi mezzi si arriva dove tanti non portano. Vuoi che le addizioni arrivino dove non riesce un logaritmo? Va a finire che, dopo tanto tempo perso a spaccare l’atomo, il corpo intorno neanche lo riconosci più. Eppure è di certo più evidente. Ooooops!! Un’altra metafora…mi perdonerai, sono irrecuperabile…

  3. A me è sembrata una denuncia chiarissima.
    C’è qualcuno che non ha capito di chi e cosa si stia parlando?
    Chi sarà babbo natale?
    Poi, Simone, se vuole, può fare l’articolo parallelo, fuor di metafora, in cui scrive Franco Quadri al posto di babbo natale e nomi e cognomi di persone al posto delle renne, tanto nel caso ci sia un lettore casuale che non si occupi di teatro interessato a capire nomi e cognomi di chi si stia parlando o aneddoti specifici, però non mi par ci sia tanto bisogno.
    E poi se la difesa viene da un premiato è altrettanto sospetta di una denuncia che venga da uno che critica dal margine (e che quindi può essere delegittimato facilmente come volpe che non arriva all’uva).
    Baci divertiti,
    Daniele T.

  4. stimabile Simone Nebbia,
    volevo solo congratularmi per la tua lettera a Babbo N., la trovo quanto mai appropriata e acuta. era da tanto che non leggevo una critica tanto azzeccata a un mondo che si auto incensa perpetrando l’immobilità.
    sei veramente irrecuperabile e spero tu continui ad esserlo per sempre.

  5. Dice De Angelis che se la critica vuole diventare denuncia deve essere “estremamente” chiara; mi piacerebbe capire cosa si nasconde dietro un avverbio così drastico. Rinunciando alla metafora, Nebbia avrebbe rinunciato a se stesso, alla parte più “affettiva” della sua lingua, alla scrittura, al soggetto. Ma la critica – almeno secondo De Angelis – è soltanto comunicazione, dio non voglia si possa arrogare la presunzione (l’arroganza, la supponenza, e insomma la hybris) di un’irruzione sul terreno proibito dell’espressione. Colto in flagrante delitto di letteratura, Nebbia è stato immediatamente fucilato da una fila di aggettivi che disinnescano preventivamente il suo scandalo con un commento che, in questo modo, nasconde la sostanza della sua lettera molto più della trasparente bolla di cristallo natalizia in cui è immersa. Non sarebbe bastato scrivere: sono irritato, il premio Ubu non risponde affatto alle logiche descritte in questo articolo? E magari spiegare il perché? La prima regola di una polemica, se si risponde, è azzerare le presunte differenze di status tra chi la fa (o, che è lo stesso, denunciarle apertamente come fa Daniele): in questa discussione, allora, Nebbia è un soggetto e non un albero nascosto nella foresta del voi, De Angelis non è un premiato, il Premio Ubu è il l’unico riconoscimento di prestigio rivolto alla totalità del teatro italiano e, proprio per questo, la sua trasparenza non riguarda soltanto chi lo fa o chi lo riceve, ma l’intera comunità che attorno al teatro si incontra e si riunisce (proprio come accade con la mostra del cinema di Venezia). In caso contrario, saremmo evidentemente in una discussione di sottobosco circoscritta dalle nostre rispettive idiosincrasie: di gente che mal parla di Franco Quadri (o di chiunque altro) con gli amici al bar e poi lo saluta con reverente deferenza appena lo vede apparire in pubblico ce ne è a sufficienza, di gente che osa scrivergli lettere aperte sia pure in forma metaforica, assumendosi i suoi rischi, ce ne è molta di meno. E’ inutile che vi dica quale dei due generi di persone lo rispetta di più.

    ps. non vorrei dar adito a equivoci ulteriori: sono d’accordo con molti dei rilievi mossi da Simone e il rischio che mi assumo scrivendolo è, per quanto mi concerne, risibile.

  6. Caro gesùbbambino.
    Io vorrei un simposio.
    Un simposio.
    Dove si possa discutere la “question” del recitare, dove si possa ragionevolmente esagerare intorno al concetto di filosofia ed etica del teatro.
    Qualcosa di molto specifico, insomma.
    Dovrebbe chiamarsi “Il palco tra i piedi e la graticcia in testa” e sarebbe rivolto (come indica il titolo) unicamente ad attori e tecnici, ma vorrei estendere l’invito fin d’ora anche a Simone e Attilio.
    Naturalmente, caro gesùbbambino, se sei sincero come sanno esserlo gli attori, anche tu sei invitato.
    Un saluto.

  7. La vera tristezza caro signor De Angelis (che non ho il piacere di comnoscere) è leggere i vincitori di un premio che dovrebbe rappresentare il meglio del teatro italiano, e invece anche qui giochetti di favori e catechizzazioni del guru di turno, rendono il mediocre apice dell’espressione teatrale italiana!

  8. Scusate tanto, ma mi sembra che nessuno abbia risposto a Luigi sull’unica questione che ha posto: se ci sono sospetti di manipolazioni, favoreggiamenti, compravendite etc. nella consegna di un premio, nascondersi dietro la letteratura e l’ispirazione poetica per non fare nomi e cognomi ha la sicura conseguenza di lanciare i suddetti sospetti sopra tutti coloro che questo premio lo ricevono, senza distinzioni.
    Può darsi che Simone volesse fare proprio così, dalla sua risposta a Luigi sembra di no. E’ troppo chiedere di assumersi la responsabilità di una denuncia o di una critica?
    Marco Cavalcoli

  9. Caro Marco,
    la critica non è un’inchiesta. Non credo tu abbia avuto la stessa sensazione che provi di fronte al mio articolo quando hai letto (perchè credo sia accaduto per la fama che si porta…) le parole fra le più dense di Pasolini, 1974: “Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace”. Questo mi guida, ritengo il disaccordo molto più fecondo della concordia.
    Inoltre, questa “vostra” (devo usare a questo punto il plurale che da quelle parti piace così tanto…) difesa, inizia ad avere contorni curiosi: volete forse che dica di non avere sospetti su di voi? Bene, non ne ho se vi dà piacere, perchè non mi interessa il particolare qui, ma l’universale di un sistema di cui tutti sanno gli schemi nebulosi, nessuno però ne dice. Io ho lanciato la mia bomba, colpirà anche me. Possibile non ve ne rendiate conto del rischio che ci si prende?
    E poi, la metafora letteraria…è vecchia questa Marco…la critica asettica ha fatto più danni del napalm (oops, ancora metafore!!). Tanto artisti quanto critici hanno la responsabilità di aver allontanato il pubblico dal teatro. Qui bisogna parlare al servizio di chi legge, e so bene come scrivere per avere una lettura più diffusa. La distanza accademica è per accademici, l’inchiesta è del giornalista. Io sono uno scrittore. Quel che uso, è solo nelle mie tasche.
    Ti ringrazio per aver usato un tono di confronto.
    Simone Nebbia

  10. Sottolineo Simone quando dice: “La distanza accademica è per accademici, l’inchiesta è del giornalista. Io sono uno scrittore. Quel che uso, è solo nelle mie tasche”, cosa che di per sé è un atto di coraggio notevole non perché tenda ad accreditare una posizione, ma perché – cosa molto più rara – si ferma sulla propria natura, quella epidermica che giustifica tutto ciò che si fa e si è.

    Ma ancor più quoto Attilio: “il Premio Ubu è il l’unico riconoscimento di prestigio rivolto alla totalità del teatro italiano e, proprio per questo, la sua trasparenza non riguarda soltanto chi lo fa o chi lo riceve, ma l’intera comunità che attorno al teatro si incontra e si riunisce”

    In queste righe ci sono tutte le inutili specifiche che molti di coloro che hanno commentato chiedevano, manifestamente o no. Io continuo a ringraziare, sul mio giornale e su quelli degli altri così come in privato tra foyer e tavoli di pub il pubblico dei lettori che fa il proprio mestiere: leggere. E’ di questo che SI ha bisogno. Quell’impersonale è dedicato alla critica ma ancora prima a tutto l’ambiente di questo teatro che continua a restare uguale a se stesso senza smettere di sbandierare un cambiamento che, in fondo, non c’è.
    E se quel cambiamento non c’è (e l’articolo di Simone lo denuncia a suo indiscutibile modo) è anche per responsabilità di chi legge e non coglie, di chi ha più fretta di tirarsi al di qua o al di là di una linea invece di contribuire a tracciarla. Sì, anche io mi do alle metafore. Scusate.
    Come detto, ringrazio i lettori perché leggono e commentano. Ringrazio molto di meno quelli che con i loro commenti allontanano l’attenzione dai problemi reali. Quelli attenti si accorgerebbero che questa polemica sugli Ubu è viva qui come è viva in quasi tutte le testate di questo genere, almeno di quelle libere com’è questa.
    Stiamo lavorando congiuntamente senza alcun programma di distruzione, senza alcun golpe preventivato, senza alcun dito da puntare, ma mossi dall’urgenza di una trasparenza, di una chiarezza, di un mestiere che è prima di tutto passione. E il mestiere non è “fare il critico”, locuzione che chiamerebbe una tecnica, una perizia, un curriculum addirittura. Il mestiere è guardare e dire. Descrivere quello che sta accadendo. E quello che sta accadendo è grave. Se avete sentito l’urgenza di andare a leggere queste o altre pagine è perché state facendo quel mestiere anche voi.
    Grazie a tutti.
    SLG

  11. MIGLIOR SPETTACOLO DELL’ANNO: Roman e il suo cucciolo,
    tradotto da Edoardo Erba, consulente calcistico e amico di BABBO NATALE, già pubblicato dalla CASA EDITRICE DI BABBO NATALE.
    Alessandro Gassman, regista di Roman e il suo cucciolo, già regista di 2 testi di Thomas Bernhard, pubblicati dalla CASA EDITRICE DI BABBO NATALE.

    NUOVO ATTORE UNDER 30: Giovanni Anzaldo
    sempre dello stesso spettacolo, Roman e il suo cucciolo, sempre prodotto dallo Stabile del Veneto, sempre con la regia di Gassman.

    NUOVO TESTO STRANIERO: Immanuel Kant, di Thomas Bernhard,
    sempre pubblicato dalla CASA EDITRICE DI BABBO NATALE. Testo del 1978 (millenovecentosettantotto, una vera novità!) Ovviamente, regia di Gassman, ovviamente prodotto dallo Stabile del Veneto.

    ALTRA NOVITA’ STRANIERA: Bizarra, di Rafael Spregelburd, pubblicato guarda caso anche lui dalla CASA EDITRICE DI BABBO NATALE.

    MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA: Francesca Mazza
    Interprete di uno spettacolo di Fanny e Alexander, pubblicati dalla CASA EDITRICE DI BABBO NATALE.

    MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA: Ida Marinelli (bravissima)
    Interprete dello spettacolo Angels in America, pubblicato dalla CASA EDITRICE DI BABBO NATALE.

    NUOVO TESTO ITALIANO: La borto di Saverio la Ruina, pubblicato dalla CASA EDITRICE DI BABBO NATALE.
    La Ruina è anche organizzatore di un festival, già premiato lo scorso anno da BABBO NATALE, di taglio BABBONATALIANO, che ospita preferenzialmente amici del BABBO (Pierattini, Massini, Saravo (che fa costui, a parte incartare i doni del Babbo?), Erba, Giullare, Gifuni, etc, solo per citare l’ultima edizione)

    MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA: Fabrizio Gifuni (bravo).
    Vale la pena ricordare di chi è figlio e di quanto BABBO NATALE sia compiaciuto dai natali illustri?

    MIGLIOR SPETTACOLO STRANIERO: Lypsinch di Robert Lepage. Bellissimo lavoro, voluto in Italia però da Napoli Teatro Festival, altro luogo in cui BABBO NATALE dice la sua. Serve ricordare che il suo direttore artistico, Quaglia, è stato fino a ieri al CSS di Udine, uno Stabile che produce l’Ecole de Maitres, il giochino estivo di BABBO NATALE?

    Tralascerei la benevolenza di BABBO NATALE verso Saviano e il Kilowatt Festival di Luca Ricci, così attento a fornire un tappeto di petali di rose e manne miracolose a BABBO NATALE, pur di rientrare nelle sue grazie.

    Se poi c’è qualcuno che conosce i motivi della simpatia di BABBO NATALE per l’ERT ce lo faccia sapere, saremo tutti più contenti.

    Ovviamente, sono solo un frustrato maldicente, estromesso da qualunque giro (pavido perché non si firma mettendo la faccia) e invidioso degli operatori straordinari professionisti benvoluti dalla critica italiana. Liquidatemi pure così, è più comodo.

    Ma detto questo… DI-CHE-COSA-STIAMO-PARLANDO???
    Sarebbe questo, caro Attilio, il premio che rappresenta il Teatro Italiano? Ridiamogli il valore che adesso ha, ovvero un thè con i biscotti tra nonni e nipotini, in un pomeriggio piovoso milanese.

    La critica non può non sentirsi offesa e umiliata da un circo simile: pennivendoli, insorgete ed esautorate il BABBO compiacente!

  12. Caro Simone, accolgo la tua precisazione come un prezioso segno di civiltà soprattutto di questi tempi. Non entro in merito alle affermazioni contenute nella tua riflessione. Dalla mia personale esperienza con il premio ho potuto riscontrare e posso testimoniare una verità completamente diversa. Questo almeno dalla mia modesta postazione calabrese. E proprio rimanendo nel mio piccolo ambito metto all’interno della discussione un dato di fatto. La Borto ha avuto 35 preferenze, il testo giunto secondo 9. Mi sembra che in questo caso i numeri confermino un plebiscito che, anche se non condiviso da qualcuno (giustamente!), cancelli ogni dubbio su eventuali scambi di doni. (Per la cronaca né Dissonorata né La Borto sono stati pubblicati dalla Ubulibri)

  13. Se bisogna dire delle verità, allora diciamole tutte, senza peli sulla lingua per favore.
    I premi ubu sono decisi da Franco Quadri: caro La Ruina è inutile che lei fa i conti delle votazioni. I critici sono influenzati da Lui. Alcuni non vedono neanche lo spettacolo.
    Lui non li obbliga, gli fa semplicemente capire chi deve vincere e loro stanno al gioco.
    Cosi succedeva anche per il premio riccione.
    stabili o registi scelgono attori vincitori di ubu o autori stranieri tradotti dalla ubu per poter vincere e assicurarsi una critica positiva per l’allestimento.
    Notare che ha vinto La Ruina(non pubblicato) ma che erano candidati altri due autori pubblicati da Lui per la sezione Novità.
    Vivo a Milano, ho “certi” amici, conosco l’ambiente milanese da anni ormai, La Ruina è un grande artista, non c’è dubbio, ma non può negare di essere stato all’Ubulibri per andare a trovare il Lui più volte a Milano durante i suoi spettacoli, lo so, quindi non dica che non è vero.
    Lo fanno quasi tutti.
    Il Signor Nebbia, che è senza offesa,più bravo come attore che come critico(bello il suo Gesuino complimenti!) questa volta ha scritto un articolo meraviglioso; bisogna ammirare persone come lui che rischiano qualcosa senza aver paura di dire la verità.
    Mi auguro che questo sito continui verso questa strada, osando ancora di più. […]
    Allora forza!, se vogliamo cambiare qualcosa in questo paese facciamolo sul serio, altrimenti dopo Quadri, cioè tra 30 anni, ci sarà un altro come lui che farà lo stesso, e saremo da soli con il solito e grande Nebbia a fare e vedere queste battaglie perse.

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