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CANTANTI (di Mario Gelardi, regia Carlo Geltrude)

Questa recensione fa parte di Cordelia di giugno 25

È sorprendente, chiaramente, ma va detto: dietro le storie disumane c’è sempre qualche storia umana. Cioè, ci sono esseri umani che respirano, mangiano, dormono, ma poi diversamente da altri aggiungono un elemento fuori contesto: diventano dei mostri, si macchiano di crimini inarrivabili che gettano l’umanità in un territorio irrecuperabile. Si avverte nell’aria questo pensiero mentre si assiste a Cantanti, testo di Mario Gelardi messo in scena da Carlo Geltrude anche interprete insieme a Luigi Bignone, sul palco del Teatro Argot Studio dove lo spettacolo ha vinto l’edizione V della rassegna Over, lo scorso anno. È una storia di mafia, di quelle che hanno riempito giornali e tg negli anni novanta, riguarda due personaggi noti per essere fulcro di stragi che macchiano di sangue i libri di storia: Giuseppe Brusca ed Enzo Salvatore Brusca, fratelli di mafia, uomini “d’onore” secondo un codice che di umano ha poco o nulla. La narrazione impostata da Gelardi mette a fuoco il prima, ossia il tempo in cui la mafia non è che un racconto dei grandi, un’eredità dei padri che i figli non possono, pare, sconfessare. Geltrude raccoglie la necessità di caratterizzare i due personaggi in una Sicilia rurale, vittima di tradizioni arcaiche la cui brutalità è pari solo a quella contro gli animali scannati, secondo quella ritualità antica e bruciante in cui pare sia immersa l’eternità del mondo. Eppure Giuseppe e Enzo – autori per capirci della strage di Capaci e del sequestro-omicidio Di Matteo – sono due ragazzi, prima di tutto, la mafia interviene nelle loro vite come un passaggio di consegne naturale, per loro prendere parte a un delitto è lo stesso che condurre il bestiame o rassettare le stalle, significa semplicemente diventare adulti. Agghiacciante, ma è così. È questo ciò che emerge con maggiore forza da uno spettacolo recitato con entusiasmo e misura: il desiderio di vita passa attraverso meccanismi di morte, il canto alleggerisce un racconto grave e minaccioso, che resta sotto le note della chitarra e della voce. Ma non si estingue mai.

Visto al Teatro Argot Studio. Crediti: progetto e regia Carlo Geltrude; scritto da Mario Gelardi; con Carlo Geltrude e Luigi Bignone; aiuto regia Mario Ascione | Costumi Rachele Nuzzo; Argot Produzioni

Cordelia, giugno 2025

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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