BE POPULAR 2024

Questa recensione fa parte di Cordelia di maggio 24

Quale sia il ruolo del teatro nelle città, come questo debba relazionarsi con la cittadinanza e fare da termometro della contraddizioni riuscendo però ad intrattenere il pubblico: i festival spesse volte tentano di rispondere a queste domande e forse ci riescono soprattutto quando trovano casa nei piccoli centri, nelle tante periferie artistiche ormai diventate tradizione della spettacolarità diffusa italiana. Più difficile quando l’idea ruota attorno a un centro cittadino. Vicenza con i suoi centomila abitanti e più è la quarta città del Veneto per numero di abitanti, ma mantiene le dimensioni di un centro storico raccolto: qui Stivalaccio Teatro – di cui avevamo già parlato a proposito dello splendido Arlecchino muto per spavento – organizza da otto anni Be Popular, manifestazione nella quale cerca di tradurre le qualità popolari del proprio teatro anche all’interno di una programmazione cittadina che quest’anno si compone di ben due settimane. Ed è stata una piacevole scoperta trovare, nonostante il caldo che non lasciava scampo, le platee piene di un pubblico cittadino appassionato, tra parate di buffoni liberi di esprimere anche i pensieri più malvagi della nostra società (o i desiderata politici i qualcuno), presentazioni di libri, spettacoli e concerti. Niente teatri nella geografia di Be Popular, Stivalaccio ha scelto due luoghi all’aperto ma circoscritti, Palazzo Thiene e Palazzo da Schio, il cortile del secondo è più contenuto ma stupisce con i balconcini traboccanti di verdi glicini. Proprietà della famiglia da cui prende il nome e al quale è abbinata un’ottima cantina di vini biologici, lo spazio accoglie per la quarta volta gli artisti di Be Popular in una dimensione intima e che potrebbe fare pensare a quei cortili delle locande così importanti per il teatro elisabettiano o del Siglo de Oro. Qui gli spettacoli si svolgono su piccoli palcoscenici di legno, alla bisogna scenografati con vecchie assi colorate. Abbiamo avuto la fortuna di incontrare due allestimenti sorprendenti, due generi agli antipodi ma che ben raccolgono l’attitudine popular del festival e di Stivalaccio. (Andrea Pocosgnich)

 Le recensioni da Be Popular Festival 2024:

ATTACCHI DI SWING (di e A. Mori e C. Caruana)

Siamo ancora nel cortile di Palazzo da Schio, sulle assi di legno, al centro, c’è anche una abat-jour, di quelle eleganti, da vecchio locale in cui ascoltare buona musica, su due piccole sedie stanno i protagonisti di quello che doveva essere uno spettacolo concerto e che invece diventerà in poco tempo una geniale e incontenibile clownerie musicale di altissimo livello. A sinistra Alessandro Mori, con un baffo che non lascia supporre nulla di buono, a lui i fiati. Tutti, dal clarinetto al sassofono passando per la tromba e per il flauto dolce… Continua a leggere

LA MANDRAGOLA (regia Michele Mori)

È pressoché impossibile trovare il testo teatrale più famoso di Machiavelli in un cartellone: La Mandragola ha bisogno di inventiva comica e di un linguaggio in grado di adattare l’italiano antico. Scritta tra il ‘14 e il ‘15 del Cinquecento, andò in scena per la prima volta pochi anni dopo e fu pubblicata nel ‘24, secondo Voltaire valeva più di tutta l’opera di Aristofane, e Goldoni ammise di averla letta decine di volte da giovane; iperboli a parte l’intreccio scritto dall’autore del Principe può vantare un’ambientazione unica… Continua a leggere

Cordelia, luglio/agosto 2024

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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SANTARCANGELO FESTIVAL 2025

I soliti sold-out, la colorata comunità nomade di artist* che abita il borgo romagnolo per un paio di settimane: c’è aria di festa in città, nonostante i risultati ministeriali. Anche perchè qui siamo in Emilia Romagna: e gli enti locali hanno risposto con una dimostrazione di forza, facendone ancora di più una questione politica, il Presidente della regione De Pascale ha preso parola proprio all’apertura in difesa del Festival e il direttore artistico Tomasz Kireńczuk si è fatto stampare la scheda con i punteggi ministeriali su una maglietta, quasi a rivendicare quel -12 come frutto di un'alterità culturale e politica. D’altronde la destra vorrebbe un altro Santarcangelo, lo sappiamo bene, basta andarsi a cercare le affermazioni di chi siede in parlamento con Lega o Fdi o dei politici degli enti locali. Vorrebbero un festival non “divisivo”, depoliticizzato, non schierato insomma. Certo le critiche in questi anni sono arrivate anche da parte di osservatori e giornalisti (ma sempre nel merito dei contenuti artistici) e se è vero che come tutte le espressioni radicali Santarcangelo rischia di essere una bolla rispetto al mondo circostante - la cui porosità va detto può e deve migliorare (in termini di apertura e dialogo) - è pur vero che se c’è un luogo che di quella radicalità ha fatto la propria natura questo è proprio Santarcangelo. Gli spettacoli visti qui devono spostare lo sguardo verso un altrove, devono essere divisivi, di festival che mettono d'accordo tutti ce ne sono in abbondanza, qui si viene a fare esperienza del limite, sui corpi, sulle asimmetrie sociali, sulle minoranze e sulla possibilità di indagare dunque la nostra posizione nel mondo. Quest’anno tra le tante visioni intercettate nei due giorni in cui abbiamo girato per le venues santarcangiolesi ne selezioniamo alcune per un racconto tra diversi linguaggi e idee. Il corpo continua ad essere elemento politico, per il suo colore, la sua origine geografica, oppure per l’uso strumentale, come oggetto di lavoro e servizio per l’Occidente benestante, ma può essere anche un corpo sul quale rimangono impronte sociali e addirittura religiose e corpo auto-sessualizzato in una sorta di sacrificio al piacere.