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A Parma un nuovo festival della generazione 20/30, Canile Drammatico

A Parma dal 17 al 19 maggio è andata in scena la prima edizione di Canile Drammatico, un appuntamento dedicato alle nuove generazioni di artisti promosso e organizzato dalla Fondazione Federico Cornoni ETS. Una tre giorni di spettacoli, incontri, laboratori animati da giovani attori, attrici e operatori, nell’ottica dello scambio di buone pratiche, energie, stimoli artistici.

Foto Marcella Foccardi

«Ogni inizio contiene una magia che ci protegge e a vivere ci aiuta». Queste parole di Herman Hesse accompagnano la nascita della Fondazione Federico Cornoni e in qualche modo descrivono l’energia del festival che ha visto a metà maggio la sua prima edizione. Immergersi nel flusso energetico di un festival teatrale è sempre un’esperienza trascinante, ma assistere alla nascita di una nuova realtà così sentita, così vivace e urgente è occasione inedita e particolarmente toccante.

Canile Drammatico è una festa prima che un festival, un festival per farsi festa, dare respiro a una generazione che si sente abbandonata da un sistema teatrale di difficile accesso, che procede per singhiozzi, piccole opportunità con la targa under x il cui gettito dura fino al prossimo progetto, al prossimo concorso. Freschi di studi condivisi, le ragazze e i ragazzi protagonisti della tre giorni parmense sono tutti/e artisti/e tra i venti e i trent’anni, con percorsi articolati e vivaci alle spalle e altrettanti in cantiere. Ma a unire questa generazione di artisti e artiste è un legame più profondo, vitale e indispensabile per navigare nelle acque incostanti delle scene teatrali italiane e del nostro tempo in generale: questi artisti e artiste sono amici. Raccontare il valore dell’amicizia in questo contesto è difficile, perché si rischia di evocare facilmente i sinonimi tutti italiani dello scambio, dell’opportunismo, del favoritismo. Oppure il rischio è di romanticizzare in modo melenso quel legame di solidarietà, mutuo soccorso e mutuo riconoscimento così fragile soprattutto nel momento dell’affermazione, della costruzione di un’identità artistica e umana di chi sta cominciando ad affacciarsi in un sistema di classifiche, punti, vittorie e sconfitte. Ancora, a rendere scivoloso l’utilizzo della categoria dell’amicizia come fulcro di un’iniziativa artistica è la banalizzazione delle intenzioni, piuttosto che la nobilitazione delle stesse, per chissà quale guasto originario che ci corrompe lo sguardo.

Foto Marcella Foccardi

A Parma, per questa prima edizione di Canile Drammatico si è ritrovato chi ha condiviso un percorso di studi, di tentativi, di scoperta artistica e vuole trarne forza, riconoscendo negli occhi degli altri la stessa tenacia, lo stesso impegno caparbio, raccontandosi, prestandosi anche a ruoli lontani dal proprio, per tenere accesa una luce. Chi ha condiviso una perdita grande, di quelle che legittimano a chiudersi, a cercare soccorso solo in se stessi, a ricevere e non più a dare. E invece decide di invertire il flusso, restituire, fare di una ferita insanabile una fonte di energia vitale per gli altri, con una generosità contro tendenza, da custodire e proteggere. Così la Fondazione Federico Cornoni, nata a gennaio 2024 nel nome del giovane attore scomparso prematuramente un anno fa, voluta dai suoi genitori Patrizia e Fausto Cornoni e dagli amici più stretti che la animano in prima linea, ha pensato di creare un luogo condiviso e protetto, un “canile” che accolga, si prenda cura, ascolti e restituisca, sempre con ironia vivace, senza retorica o sentimentalismi.

Il laboratorio di drammaturgia tenuto da Gabriele Di Luca per la prima edizione di Canile Drammatico. Foto Marcella Foccardi

L’attuazione e la condivisione di buone pratiche è uno dei punti cardine del festival e passa dalla pratica di palco, alla formazione fino alla fruizione, in un continuo scambio di posizioni e di sguardi: ognuno quando non è impegnato in scena, lo è in platea o nello staff. La prima edizione si è sviluppata attorno all’idea di incontro e di innesco, con la prospettiva di allargarne il raggio e la portata con le future edizioni, come racconta Rita Di Leo, attrice, drammaturga e regista nonché direttrice artistica della Fondazione Cornoni.  È lei a moderare il primo appuntamento del festival, insieme ad Alice Strazzi della redazione di Stratagemmi – Prospettive teatrali, dedicato alla dramaturg Linda Dalisi. Ritorna subito la parola chiave: la magia dell’incontro, coniugata nella Dramagia che dà il titolo al volume di Dalisi dedicato al suo lavoro di dramaturg su Edward Albee. A fare da cornice al dialogo una scenografia inedita fatta di fogli coloratissimi e disseminati di linee, parole, collegamenti: la restituzione tangibile e visivamente impattante di un mestiere ancora poco noto in Italia, che affianca il regista ma che parte da lontano, un’indagine da detective, ricerca meticolosa delle domande sull’opera e sull’autore, grimaldelli perché si compia sulla scena quella misteriosa magia oscura che è la creazione artistica.

Nelle due sale del Teatro al Parco vanno in scena gli spettacoli della rassegna, ma il festival spazia nei vari luoghi cardine per il teatro della città, come il Teatro Due che ha ospitato un laboratorio di drammaturgia tenuto da Gabriele Di Luca ed Europa Teatri che ha aperto i propri spazi al laboratorio di critica teatrale curato da Stratagemmi. Gli spettacoli ospitati durante i primi due giorni di festival hanno in comune una forte tensione verso il presente, coniugata attraverso una particolare attenzione alla scrittura drammaturgica e al lavoro collettivo e polivalente.

Biancaneve e i Sette Nazi Foto Marcella Foccardi

FanniBanni’s, collettivo nato a Modena e orientato alle sperimentazioni tra scrittura e corpo performativo, presenta lo spettacolo già finalista al premio Scenario 2021 Biancaneve e i Sette Nazi, scritto e diretto da Nicoletta Nobile. In scena Gabriele Anzaldi, Simone Baroni, Giorgia Iolanda Barsotti e Giorgia Favoti propongono una festa di compleanno tragica che riattraversa la narrazione della fiaba di Biancaneve alla luce delle storture del presente. In un gioco scenico vivace e spietato, la drammaturgia cavalca e smonta gli stereotipi legati ai ruoli di genere, all’eredità di narrazioni condivise e travisate, insistendo sulla crudeltà che la cultura ha addomesticato con i colori brillanti dei prodotti rivolti all’infanzia. La narrazione oscilla tra il comico e il grottesco, sviando a tratti la messa a fuoco delle tematiche, quasi a lasciar trapelare un tema ulteriore tra le righe, o forse un’estrema conseguenza: la perdita dei riferimenti di giusto e sbagliato, buono e cattivo.

Contrappasso. Trilogia della porta è lo spettacolo scritto e diretto da Rita Di Leo, progetto nato in seno all’esperienza dell’autrice nel progetto “Drammaturgie: alta formazione di scrittura teatrale” promosso da ERT. Lo sviluppo drammaturgico parte dalla volontà di riflettere attorno alla pena carceraria a seguito delle proteste che hanno attraversato l’Italia lo scorso anno in risposta solidale allo sciopero della fame di Alfredo Cospito, condannato al 41bis per terrorismo anarchico.

Contrappasso. Trilogia della porta. Foto Marcella Foccardi

Anna Dall’Olio, Simone Baroni e Antonino Cicero Santalena, su una scena tripartita disegnata dalla luce, danno voce a tre monologhi involontari. L’ interlocutore di ciascuno è nascosto dietro una porta e soprattutto non risponde. Sono tre figure genitoriali, tre adulti che tentano un dialogo con i propri figli. Ma se i primi due sono l’esatta rappresentazione delle forze dello stato (una giudice e un finanziere) e guardano dall’alto, quindi con forza oppressiva e allo stesso tempo sguardo pietoso gli esercizi di libertà e i tentativi di autoaffermazione del figlio adolescente autoreclusosi in camera, il terzo è una persona comune, semplice, l’unico a sedersi davanti alla porta chiusa, l’unico a tentare un vero dialogo alla pari. È una guardia carceraria, siciliano trasferitosi a Milano, il cui pragmatismo ne semplifica il pensiero lasciando entrare il dubbio e aprendo la strada a una contaminazione di sguardi tra generazioni sempre più distanti. Anche in questo caso, l’orbita tematica sembra sfuggire dalla rotta dichiarata – la riflessione sulle modalità e l’efficacia delle pene detentive – raggiungendo la traiettoria ingombrante dell’incomunicabilità tra generazioni di cittadini nel caos dei ruoli precostituiti. I tre monologhi sono inframmezzati dagli interventi vocali di un’entità in apparenza di servizio, che sembrerebbe voler guidare lo spettatore, fornendo circostanze concrete agli elementi citati dai personaggi, oppure aggiungendo dettagli laddove manchino, correggendo il tiro di certe informazioni. Questa voce è quella della stessa regista e drammaturga, presente su un lato della scena, accanto al curatore del suono Lorenzo Donadei. Una posizione ai margini, visibile e invisibile insieme, che potrebbe acquistare maggior peso nel tenere insieme le tre partiture.

Kalergi! Il complotto dei complotti. Foto Marcella Foccardi

L’attraversamento dei primi due giorni di festival si conclude per chi scrive con Kalergi! Il complotto dei complotti, primo progetto della compagnia Firmamento Collettivo. Benché fresco di debutto il lavoro si dimostra abilmente sviluppato e compiuto (il progetto ha visto la vittoria della call OFFline 2022 di Ferrara Teatro OFF e del bando Theatrical Mass 2023). Attingendo dalla nota teoria complottista erroneamente associata alla figura del conte Kalergi, tra i primi ad immaginare una Comunità Europea come entità solidale subito dopo la prima guerra mondiale, la drammaturgia gioca su diversi piani di narrazione intersecati con semplici ma efficaci espedienti scenici. Il primo intreccio sfrutta la teoria della sostituzione etnica per un’esplorazione distopica e originale, prendendo alla lettera le credenze del complotto e affidandone la realizzazione proprio ad una compagnia teatrale. Il piano parallelo è quello della scrittura stessa dello spettacolo, la biografia immaginaria del drammaturgo e il gruppo di amici cui la propone. Il gioco narrativo è affidato all’interpretazione efficace e fresca di Carmelo Crisafulli, Luca D’Arrigo (anche autore), Martina Tinnirello e Giulia Trivero, che non a caso, in uno snodo importante dello spettacolo, irrompono in scena con i propri nomi di battesimo. La scrittura ribalta continuamente il punto di vista lasciando emergere, con sguardo orizzontale, un prisma tematico ed emotivo: Kalergi! racconta come alla base di ogni teoria del complotto ci sia l’interesse di chi la sostiene e la comprensibile fragilità di chi la sposa, ma svela anche come dietro ad ogni ideale ci sia la difficoltà del lottare davvero per difenderlo; infine, quanto difficile e delicato può essere mantenere la stessa lucida distanza tra la realtà e la sua rappresentazione.

Sabrina Fasanella

CANILE DRAMMATICO – Parma, 17-18-19 Maggio 2024
Un festival per le nuove generazioni
Progetto della Fondazione Federico Cornoni ETS
Realizzato con il patrocinio e il contributo del Comune di Parma e di Confesercenti Parma
in collaborazione con Fondazione Teatro Due, Solares Fondazione delle Arti, Europa Teatri
Si ringrazia ERT- Emilia Romagna Teatro Fondazione

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