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Rafael Bonachela con la Sidney Dance Company e il mondo di ieri

La Sidney Dance Company è tornata in Italia per inaugurare la nuova programmazione del Festival Torinodanza, con un intenso lavoro intimista per 15 interpreti, del coreografo spagnolo Rafael Bonachela.

Foto Pedro Greco

Se volessimo sapere (attraverso la danza) com’era il mondo prima del Covid, basterebbe guardare [ab] intra del coreografo Rafael Bonachela, realizzato nel 2018 per l’australiana Sidney Dance Company che dirige dal 2009. Il lavoro ha inaugurato con successo il Festival Torinodanza 2023. Lucia Medri su queste pagine richiamava i pericoli di scelte, nella programmazione dei nostri più importanti festival, solo di convenienza e di consenso, invitando invece a rischiare e a scivolare, addirittura a scontentare pur di evitare, in termini culturali, facili conciliazioni incapaci di nuove consapevolezze e «svolte inattese». Anna Cremonini a Torino questi rischi se li prende tutti: certo, la compagnia ospitata per l’inaugurazione è conosciuta e affermata, e sempre felicemente ospitata in passato in Italia. Ma qui è la scelta del titolo che svolta inattesa, e può utilmente interrogare lo spettatore. Apparentemente con un effetto retrospettivo perché realizzato in un mondo che già non c’è più, tuttavia è questo un lavoro pieno di futuro che non è stato: tutto quel mondo di ieri che qui era prefigurato per l’oggi. E che il tempo post-pandemico in qualche modo ha virato, deviato, forse addirittura detournato in una sempre più difficile utopia ancora tutta da afferrare. Se la danza sempre è (come davvero è) un sapere del tempo presente, allora dobbiamo andare in cerca di ogni spiraglio capace anche da dentro di rivelare ciò che resiste al prevalere della paura, terreno d’elezione della barbarie.

È un lavoro astratto per quindici interpreti, anche di età (dunque di qualità della presenza) differenti, ma tutti ugualmente sincronizzati in una natura dell’energia che invece colpisce per tenuta e omogeneità. Quasi sempre tutti in scena, in una continuità del movimento perfettamente saldata alla natura della musica (originale di Nick Wales in aggiunta a quella preesistente di Pēteris Vasks), i gruppi si alternano quasi prevalentemente a duetti: una continua successione di movimenti in affresco con brevi, intensi e veloci, innesti in miniatura. Soltanto tre brevissimi assoli in più di settanta minuti di danza, disegnati in modi abbastanza regolari, senza irrecuperabili inquietudini né inutili virtuosismi; particolarmente il terzo, danzato da Jesse Scales, colpisce per fluidità e flessibilità esecutiva. Ma la riflessione interiore del singolo qui è già nella partecipazione, nella volontà di stare insieme al gruppo. L’interiorità è il gruppo. Anche lo spazio scenico senza ingombri è reso continuamente introspettivo dal netto, quasi climatico, disegno luci di Damien Cooper.

Foto Andrea Macchia

Questa riflessione di Bonachela su ciò che dentro preme e rivela, dispiega in scena una composizione che contiene un aperto ventaglio di affetti insieme a una grande fiducia nelle relazioni, ma si concentra soprattutto sulla risposta più istintiva dei corpi, quando sollecitati a rendere esterno l’intimo del proprio mondo. Questa «interazione» tra interno ed esterno, questa trasformazione di ciò che è istintivo in fisico, sono i presupposti per costruire una precisa idea di stare insieme, ed è stata resa possibile da condizioni che la pandemia ha spazzato via, riportando ognuno dapprima negli sterili confini del proprio isolamento, e poi nell’egocentrata ricerca e rivendicazione di ogni possesso e personalismo. Non più da dentro ma sulla superficie del mondo. A scorrere ovunque e a divorare risorse e territorio con una ingordigia che è pari soltanto alla misura del bramato profitto. Mentre il mondo di ieri, sembra mostrarci con questo lavoro Bonachela, si trova inesploso ancora qui, in tutta la forza generativa della sua nostalgia.

Stefano Tomassini

settembre 2023, Torino, Fonderie Limone, Festival Torinodanza

AB [INTRA]

COREOGRAFIA RAFAEL BONACHELA
luci Damien Cooper
scene e costumi David Fleischer
partitura musicale originale NICK WALES CON KLĀTBŪTNE DI PĒTERIS VASKS
DANZATORI Lucy Angel, Naiara de Matos, Dean Elliott, Riley Fitzgerald, Jacopo Grabar, Liam Green, Madeline Harms, Luke Hayward, Morgan Hurrell, Sophie Jones, Connor McMahon, Jesse Scales, Piran Scott, Emily Seymour and Chloe Young.
produttori Guy Harding, Simon Turner, Tony Mccoy, Annie Robinson, Jenn Ryan
Sydney Dance Company
con il patrocinio dell’Ambasciata di Australia in Italia
75 minuti senza intervallo

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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