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A Roma, la Festa della Danza è libera, gratuita e in tutta la città

A Roma nasce un nuovo evento dedicato all’arte di Tersicore. La Festa della Danza di Roma visita tutti i municipi con spettacoli e attività all’aperto, un programma gratuito denso di artisti della scena coreografica nazionale. Ne abbiamo parlato con il curatore Fabrizio Arcuri

Bermudas Forever – mk_Michele Di Stefano_foto Andrea Macchia

Quasi a celebrare con i corpi l’arrivo dell’estate, Roma danza. Si è appena chiusa la quarta edizione di Buffalo, kermesse di danza contemporanea curata da Michele Di Stefano e realizzata dalla Fondazione Teatro di Roma con Azienda Speciale Palaexpo (8-11 giugno); lunedì 19 prende il via Fuori Programma 2023, seconda edizione di un festival ancora una volta dedicato alla coreografia del presente, diretto da Valentina Marini e realizzato da European Dance Alliance in collaborazione con Teatro Biblioteca Quarticciolo e, ancora una volta, con Teatro di Roma. In quell’interstizio di sette giorni ci entra a pennello una neonata manifestazione, che porta come titolo Festa della Danza di Roma, “Corpo Libero” il claim di questo esordio.
Rispetto alle altre due occasioni, volute da un teatro nazionale e da un nucleo di pensiero indipendente ma in grado di conquistare collaborazioni istituzionali, questa volta l’origine è direttamente l’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale, che ha pensato di dotarsi di un momento di festa al pari di quelle già esistenti del Cinema, della Musica, della Scienza, o della Resistenza.

Audio Walk – Eleni Tsili

L’Assessorato ha coinvolto il Dipartimento Attività Culturali e assegnato il ruolo di curatore a Fabrizio Arcuri, regista e operatore teatrale di lunga carriera e già incaricato di pensare e dirigere gli interventi artistici di altri eventi romani come la Festa di Roma a Capodanno (una durational di 24 ore di eventi) o il Festival Internazionale delle Letterature, che da qualche anno infatti mette in dialogo scrittrici e scrittori con perle della danza e del circo contemporaneo.
In sette dense giornate di giugno, dal pomeriggio alla sera inoltrata, la Festa della Danza di Roma mette in fila decine di artiste e artisti componendo un programma diffuso di spettacoli, workshop, talk e musica, rigorosamente gratuito, totalmente open-air e distribuito per strade, cortili, piazze, viali, parchi, giardini, terrazze di musei, addirittura centri commerciali in tutti i Municipi.
In una conversazione a tu per tu, Arcuri ci spiega come abbia scelto di «interpretare il termine “festa” fino in fondo, offrendo un’esperienza di spettacolo che poi confluisce in momenti di aggregazione sociale, come concerti dal vivo o dj-set», che invitano le persone a sperimentare nella maniera più libera il linguaggio della danza, svolgendosi in luoghi già attraversati da una comunità altra, spesso esterna a quella specifica dello spettacolo dal vivo. Dal punto di vista delle scelte artistiche, continua il curatore, «non c’è nessun evento che abbia la natura di uno spettacolo al chiuso, sono anzi creazioni fin da subito pensate per un’esecuzione all’aperto, che sarebbe difficile immaginare in contesti propriamente teatrali, sia per la durata che per la tipologia. Gli spettacoli scelti hanno quasi sempre un approccio interattivo e partecipativo, adatto a coinvolgere il pubblico, invitato a compiere percorsi itineranti e addirittura a danzare».

Dov’è più profondo – Irene Russolillo Ph Monia Pavoni

Una molteplicità e varietà di stili e percorsi mette uno accanto all’altro nuclei artistici come, tra i molti altri, mk (Michele Di Stefano), Kinkaleri, Daniele Ninarello, Aldes, Balletto Civile, CollettivO CineticO, Jacopo Jenna, Adriana Borriello, Alessandro Sciarroni, Orbita/Spellbound, Davide Valrosso o Irene Russolillo, lasciando emergere come ratio evidente quella della coreografia contemporanea italiana, distribuita in un luogo esploso come la città di Roma. A questa capacità di interpretare una prismatica identità («chi meglio ha interpretato la fusione tra esperienza artistica e funzioni sociali e a chi, più in generale, si è contraddistinto nel campo dell’accessibilità dei linguaggi e del coinvolgimento della cittadinanza attiva o diversamente abile») si rivolge pure il Premio Ada d’Adamo, riconoscimento simbolico in memoria di questa grande e sottile osservatrice e studiosa della danza italiana e internazionale, scomparsa troppo presto nel 2023.

EveryoneGetsLighter – Kinkaleri_ ph Akiko Miyake

Infine si nota un peculiare fil rouge, che lega tutte le giornate: un programma di laboratori, incentrato soprattutto «su quelle danze comunitarie nate dal basso, in forma di protesta, di collante, di autodeterminazione: twerking, break dance, vogueing, tango argentino, che pure era nato dagli immigrati che lo praticavano clandestinamente». Le brevi “classi” vengono aperte a tutte e tutti, introdotte da un talk che contestualizza e racconta nascita, storia e natura di quello specifico stile o tradizione, prima di passare all’insegnamento dei primi rudimenti. «È anche un modo – spiega ancora Arcuri – per parlare d’altro, di come certe danze siano nate per affermare, definire e nutrire una precisa controcultura; si vuole andare quindi fuori dal cerchio dello spettacolo autoreferenziale, creando un dispositivo che informa e che rende più attraente lo spettacolo della danza anche a persone che al momento non la conoscono, non la frequentano e immaginano confini che forse non ci sono».

Save the last dance for me – Alessandro Sciarroni © Claudia Borgia, Chiara Bruschini_01

Dal punto di vista curatoriale, è stato da subito necessario incontrare e confrontarsi con quelle altre realtà che già operano sul territorio locale, dal Teatro di Roma alle Biblioteche della Capitale, da Fondazione Romaeuropa fino a Zètema che cura la produzione esecutiva, «assicurandosi che la natura e l’identità della Festa fossero chiare nel loro differenziarsi da altri modelli e altre realtà che pure da tempo agiscono e ragionano sul mondo della coreografia e sulla programmazione della danza a Roma».
Benché in una città come Roma quel che si fa non sembri mai abbastanza, a volte è importante interrogarsi sulla effettiva necessità di far spuntare nuove occasioni (che vanno spiegate, comunicate, integrate con le altre). E allora domandiamocelo: C’è il rischio di “fare troppo”? Di scivolare dentro la sovrapproduzione? Di non esprimere (questo è un tratto tipico di certe istituzioni) quel senso della misura puntando a un risultato senza poi troppo preoccuparsi della sostenibilità e della dignità di chi mette in atto quel lavoro?

Di fronte agli occhi degli altri – Virgilio Sieni ©tommaso mario bolis 1

Fatto sta che nuclei artistici di alta qualità e di diverse provenienze si sono lasciati coinvolgere in un esperimento di ibridazione che valorizza potenzialmente uno specifico contesto; e, fin dal primo sguardo, questo evento non sembra sostituirsi ad altri né ricalcarli: «nell’ottica di eventuali edizioni future – ancora il curatore – si sta anzi ragionando, sulla possibilità di potenziare e caratterizzare ancora meglio delle collaborazioni», che lascerebbe immaginare un tipo di coprogettazione sulle arti performative che abbia origine dall’istituzione stessa.
Questo è forse uno dei tratti più interessanti del progetto, quello di intravedere nell’attuale amministrazione un atteggiamento non solo ricettivo, ma addirittura propositivo (che si spera di ritrovare anche nelle problematiche che affliggono il teatro e la cultura a Roma).

A corpo libero – Silvia Gribaudi__@samanta cinquini6

In questo slancio, il buon segno è che non ci si sia affidati al “nome di punta”, alla star popolare ma troppo connotata da un immaginario impossibile da scalfire, né ad artisti di per sé già inseriti in un proprio percorso di creazione. Sembra qui esserci la scelta di valorizzare la figura del curatore, diremmo quasi del dramaturg, in grado di mettere in campo, condividere e forse potenziare una rete di relazioni puntando, da un lato, alla varietà dei linguaggi; dall’altro, a creare contesti inclusivi in cui ragionare sullo status dei sistemi produttivi e della spettatorialità di questa forma d’arte. A partire da un organo che, sì, dovrebbe sempre di più affidarsi a figure che esistono: quelle che conoscono bene la geografia artistica, che l’hanno seguita e vista mutare cavalcando un tempo lungo fatto di cambi di gestione e di bandiera fin troppo frequenti, che anche sanno interpretare e gestire i percorsi burocratici che spesso così spaventano la creazione indipendente. Buona Festa della Danza a tutte e tutti.

Sergio Lo Gatto

La mappa degli eventi. A questo link il programma giornaliero per ogni municipio.

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Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto è giornalista, critico teatrale e ricercatore. È stato consulente alla direzione artistica per Emilia Romagna Teatro ERT Teatro Nazionale dal 2019 al 2022. Attualmente è ricercatore presso l'Università degli Studi Link di Roma. Insegna anche all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna, alla Sapienza Università di Roma e al Master di Critica giornalistica dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" di Roma. Collabora alle attività culturali del Teatro di Roma Teatro Nazionale. Si occupa di arti performative su Teatro e Critica e collabora con La Falena. Ha fatto parte della redazione del mensile Quaderni del Teatro di Roma, ha scritto per Il Fatto Quotidiano e Pubblico Giornale, ha collaborato con Hystrio (IT), Critical Stages (Internazionale), Tanz (DE), collabora con il settimanale Left, con Plays International & Europe (UK) e Exeunt Magazine (UK). Ha collaborato nelle attività culturali e di formazione del Teatro di Roma, partecipato a diversi progetti europei di networking e mobilità sulla critica delle arti performative, è co-fondatore del progetto transnazionale di scrittura collettiva WritingShop. Ha partecipato al progetto triennale Conflict Zones promosso dall'Union des Théâtres de l'Europe, dove cura la rivista online Conflict Zones Reviews. Insieme a Debora Pietrobono, è curatore della collana LINEA per Luca Sossella Editore e ERT. Tra le pubblicazioni, ha firmato Abitare la battaglia. Critica teatrale e comunità virtuali (Bulzoni Editore, 2022); con Matteo Antonaci ha curato il volume Iperscene 3 (Editoria&Spettacolo, 2018), con Graziano Graziani La scena contemporanea a Roma (Provincia di Roma, 2013). [photo credit: Jennifer Ressel]

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