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LA MISURA (di Eduardo Di Pietro)

Questa recensione fa parte di Cordelia, maggio 2023

Italo Spinelli ha ottantadue anni e ha perso la moglie Angela; distrutto dal dolore, decide di iscriversi alla Facoltà di Filosofia di Macerata col ferreo proposito di dare delle risposte ai suoi interrogativi: l’anima esiste? Rivedrà sua moglie una volta morto? Italo, con ostinazione infantile, studia. Davanti a emozioni alterate da un eccesso di dolore, la razionalità (o la misura) non è sufficiente, ed Eduardo Di Pietro sa che per fronteggiare quel tipo di dolore bisogna abbandonare sé stessi allo stato di bambini. Italo diventa una marionetta (di Barbara Veloce), come un talismano; ad animarlo c’è Marco Montecatino, che ha perso la sua migliore amica a soli trent’anni: attraverso la storia di Italo, cerca di affrontare la propria. Marco è un trentenne mai cresciuto: la sua postura è quella di un ragazzino insicuro, con il collo incassato tra le spalle piegate; il modo di esprimersi è immaturo, spesso improprio, e le emozioni più complicate da gestire non può far altro che esternarle rappando. La morte è qualcosa di inconcepibile, quel vuoto lo impaurisce, almeno quando non è alle spalle di Italo. Quest’ultimo, prese le gambe di Marco, si dirige piano alla sua scrivania, sistemata da Martina Di Leva, che regala alla vecchia comparsa, con i suoi gorgheggi e sospiri, una tenerezza struggente: la ragazza monta e smonta la scena, interviene nelle coscienze dei due e li assiste nell’accettazione della perdita. Lo spettacolo procede come una terapia: ai tentativi di quella logica cercata tra i libri, risponde una testardaggine bambinesca e riottosa; ma anche quando viene assecondata l’irrazionalità del dolore, il risultato per Marco è lo stesso. Questo tipo di bilanciamento di prospettive, questo antagonismo, si protrae e si ribadisce fino alla fine (probabilmente troppo compiaciuto in questo estenuante ripetersi senza soluzione) producendo un circuito serrato da cui non si riesce ad uscire: non esiste un vero punto, forse proprio perché l’idea di una fine viene respinta.

Visto a Piccolo Bellini; Crediti: Progetto e regia Eduardo Di Pietro; Con Martina Di Leva, Marco Montecatino; Marionetta e scene Barbara Veloce; Disegno luci Andrea Iacopino; Progetto sonoro Tommy Grieco; Uno spettacolo di Collettivo lunAzione; Con il sostegno di (H)eartH / Teatri Associati di Napoli.

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