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Willy Duarte, il podcast. Teatro civile di voci che splendono

Un teatro civile da ascoltare in cuffia che con valore etico e deontologico dà voce a un’altra storia. Parliamo del nuovo podcast dal titolo Willy, una storia di ragazzi. Vita, morte e bellezza di Willy Monteiro Duarte

Illustrazione di Luca Mori Pace

Dopo il temporale, l’arcobaleno. Questo riferimento al tempo mi colpisce nella prima puntata del podcast Willy, una storia di ragazzi. Vita, morte e bellezza di Willy Monteiro Duarte, perché proprio l’arcobaleno diventa simbolo di questo progetto e rappresenta la meraviglia dopo le storture, dopo le narrazioni a senso unico, dopo il sensazionalismo che allarga le ferite di un tessuto sociale e culturale senza rimarginarle. Ci sono voluti due lunghi anni prima dell’uscita di questo teatro civile in podcast prodotto da Dersu e Storielibere.fm e firmato da Alessandro Coltré e Christian Raimo, con la voce di Claudio Morici, le musiche di Teho Teardo e la supervisione del giornalista d’inchiesta Alberto Nerazzini. Due anni da quella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 quando a Colleferro è esplosa l’ingiustificata violenza per mano della quale ha perso la vita Willy, un ragazzo di ventuno anni che durante una rissa ha voluto difendere, e salvare, il suo amico Federico Zurma.

Una scrittura di teatro civile perché nasce dall’osservazione sul campo e dalla raccolta dei dialoghi intrattenuti con gli/le abitanti dei tre comuni romani di Colleferro, Paliano e Artena, in cui non c’è però un solo/a attore o attrice che parla (basti pensare agli esempi più “classici” di teatro civile come quello di Ascanio Celestini o di Marco Paolini) ma ci sono tanti attori e attrici sociali che prendono parola rivendicando il diritto, tradito in questi due anni di sciacallaggio mediatico, di dare la propria versione dei fatti, fornendo narrazioni diverse da quella del crimine. Quello scelto per la realizzazione del podcast, è quindi un metodo creativo per la ricerca sociale, un’inchiesta sviluppata in seguito e parallelamente al fatto: dall’omicidio di settembre 2020 fino, e oltre, alla sentenza emessa a luglio 2022 che condanna in primo grado all’ergastolo i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, a 23 anni di reclusione Francesco Belleggia e a 21 Mario Pincarelli.

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Ma come si racconta un massacro? Quali sono le ragioni etiche e civili che hanno spinto gli autori del podcast a interrogarsi intorno a questo fatto di cronaca? Li contatto dopo la pubblicazione della prima puntata dal titolo Finché il cielo non ci dà tregua, ora è possibile ascoltare anche la seconda, Una scossa di venti secondi, e domani lunedì 6 marzo uscirà la terza. Sono ancora alla lavorazione della quinta puntata, ne mancano altre due per un totale di sette. «Volevamo proporre un racconto onesto, citando Michail Bachtin, della multivocità, della pluralità; ci interessava che fossero proprio i sopravvissuti a parlare di Willy per permettere a una comunità intera, e non solo quella locale, di elaborare il lutto, senza però che questo diventasse centrale» afferma Christian Raimo. «È per me un radiodramma, anzi un concept album che dimostra come la vita di quei ragazzi e ragazze sia fatta di storie “altre” che riguardano Willy, i suoi interessi, i suoi amici, colleghi, insegnanti, ma anche i luoghi». L’intreccio drammaturgico delle puntate sottende un filo le cui estremità sono un prima e un dopo. Il prima è relativo all’ottundimento della pandemia nel quale eravamo ancora chiusi, anche se a settembre 2020 con la parentesi estiva all’aria aperta, ci eravamo un po’ illusi di un parziale, fugace, ritorno alla normalità. Il dopo è quello che segue l’uccisione, notizia di cronaca che squarcia l’infodemia relativa al Covid.

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A differenza degli stralci a cui ha dato finora risalto la stampa, quel 5 settembre è stata una giornata rappresentativa non solo del massacro ma anche e soprattutto dell’attivismo che caratterizza il territorio, delle battaglie portate avanti dai presidi sociali la cui azione è stata ed è tuttora determinante per la comunità. La sera infatti era stato programmato lo spettacolo Il Grande Carrello di e con Claudio Morici liberamente tratto dal libro di Fabio Ciconte e Stefano Liberti – andato in scena gratuitamente al mercato coperto di Colleferro e organizzato dall’Unione Giovani Indipendenti (UGI), associazione ambientalista, culturale e apartitica. A contattare Morici, è stato proprio il referente dell’UGI, Alessandro Coltré, da tempo impegnato come giornalista e attivista ambientalista della Valle del Sacco, con la volontà di «tornare a condividere insieme eventi di aggregazione e di pensiero, per fare cultura e attivismo attraverso l’offerta teatrale». Morici ricorda infatti della bellezza di quella giornata in cui la replica aveva visto «la partecipazione di circa 150 persone di cui 30, 40 ragazzi/e volontari/e che alla fine dello spettacolo hanno riordinato tutti i tavoli su cui l’indomani ci sarebbe stato il mercato. E mi ha colpito molto questo calore e presenza. Dopo, siamo andati insieme a cena proprio di fronte al locale Duedipicche, dove Willy poi sarebbe stato ucciso la notte, mentre io stavo tornando in macchina a Roma».

È il primo podcast a cui Morici partecipa, ed è anche la prima volta che da attore usa la propria voce “senza il corpo”, a differenza dei suoi spettacoli e video. La sua non è però una voce impostata, dalla dizione uniforme, priva di inflessioni dialettali anzi, è molto familiare e restituisce la grana dei tanti discorsi registrati e uniti insieme, per comunicare l’informalità degli incontri, le testimonianze libere perché sono, innanzitutto, chiacchiere tra amici e conoscenti. «È un’anti-crime che non segue gli schemi tipici degli altri podcast, concentrati più sui carnefici e non sulle vittime; vittime che in questo caso sono tutte e tutti, compresi i criminali che per una violenza di venti secondi si sono rovinati l’esistenza», conclude Morici.

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Il fluire del tempo, aspetto nodale della scrittura del podcast che ascoltiamo negli incantevoli passaggi musicali di Teardo, stimola la riflessione e stratifica il ragionamento, e permette a tutte e tutti di elaborare ciò che è successo. «La storia non è stata scelta ma ci è venuta addosso e abbiamo risposto con un esercizio di ascolto, senza giudizio e soprattutto facendo attenzione a non mostrificare i responsabili» dirà Coltré, che eredita l’esperienza di Alessandro Portelli, tra i padri della storia orale, dando valore all’intervista come strumento di inter-relazione.

«La maggior parte delle dichiarazioni della comunità locale non erano avvenute o erano state addirittura manomesse dagli stessi inviati/e» riporta la giornalista di Fanpage Simona Berterame intervenuta in una delle prime due puntate. Si è arrivati addirittura a creare una finta lettera che sarebbe stata firmata dalla madre di Willy e che la figlia e sorella Milena definisce, nella seconda puntata, del tutto falsa, inventata di sana pianta. La stampa ha così allontanato invece che avvicinare alla verità, diffondendo la retorica secondo la quale la Ciociaria è «tutto Far West, tutto Bronx, tutta periferia criminale» insistendo su parole chiave atte a creare scandalo, come il fuorviante movente razzista, la banda di aggressori dedita a sport violenti, l’uso di alcool e droga.

Coltré intende sottolineare un aspetto determinante: si tratta di un crimine non premeditato, compiuto in venti rapidissimi e accidentali secondi da «quattro singolarità, di cui solo due si conoscevano e gli altri due sono fratelli, avulse da qualsiasi idea di territorio e di politica, che hanno costruito legami di prepotenza in virtù di una marginalità culturale scaturita nella brutalità». E poteva accadere ovunque e a chiunque, non solo in quella che è stata stigmatizzata come la «città operaia, la città fabbrica e poi la città pattumiera», come evidenziano Raimo e Coltré in un contestuale reportage pubblicato per Internazionale a ottobre 2020.

Come riassume il titolo del podcast, quella di Willy è sì una singola storia ma stavolta è illuminata, finalmente, da un’assemblea di ragazze e ragazzi, da coloro che per timore di non riconoscersi nelle loro dichiarazioni, perché strumentalizzate dalla stampa, si sono chiusi nel silenzio per molto tempo. E a queste voci si aggiungeranno, nel corso delle puntate, quelle di esperti/e i cui approfondimenti convergeranno in un paesaggio ascoltabile in cuffia, in cui la fonte orale non è solo la parola, ma anche la musica, i rumori, le risate, il dialetto, il tempo, il territorio che irrompono nelle descrizioni dei protagonisti e che partecipano dei loro discorsi. «Ascoltare le loro voci, accorgersi che splendono, anche quando sembra che è tutto buio».

Lucia Medri

Ascolta il podcast

WILLY, UNA STORIA DI RAGAZZI. VITA, MORTE E BELLEZZA DI WILLY MONTEIRO DUARTE

di Christian Raimo, Teho Teardo, Claudio Morici, Alessandro Coltrè e Alberto Nerazzini

Musica e drammaturgia sonora di Teho Teardo

Registrazione ed editing voci di Francesco Fazzi

Una produzione Dersu e Storielibere.fm

Realizzata con il contributo di Guido Larcher

Illustrazione di Luca Mori Pace

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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