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La difficoltà di (non) essere figli. L’amara commedia di Perrotta

Recensione. Nell’ambito del festival Primavera dei Teatri è andato in scena al Teatro Vittoria di Castrovillari Dei Figli, capitolo conclusivo della trilogia di Mario Perrotta dedicata alla famiglia. 

Foto Angelo Maggio

«Io voglio storie. Ma non mi interessa la fiction. Solo storie vere». Di questo si nutre Gaetano, fuori sede ormai adulto, una tazza grande tra le mani e un pubblico immaginario ad ascoltare le sue canzoni un po’ stonate. Non esce di casa da anni, per questo ha bisogno di storie. Se le fa portare in salotto dai coinquilini cui affitta per pochi euro le stanze della sua casa. In questa abitazione dalle porte aleatorie Mario Perrotta ambienta l’ultimo capitolo della sua trilogia dedicata alla famiglia contemporanea: In nome del padre, della madre, dei figli. Se il primo capitolo In Nome del Padre era un assolo, la drammaturgia di Perrotta – sviluppata sotto la consulenza dello psicanalista Massimo Recalcati – si è progressivamente dilatata, arrivando all’ensemble di Dei Figli, che vede in scena con l’autore dodici attori e attrici tra palco, video e voci off. 

Foto Angelo Maggio

Delle oblunghe silhouette metalliche suggeriscono letti su cui non c’è riposo possibile. Ognuna di esse è sormontata da enormi, invadenti schermi. Attorno alla figura scanzonata e malinconica di Gaetano si muovono le vite – tutte rigorosamente in vestaglia – di Aurora (Dalila Cozzolino) praticante avvocata, Ippolito (Matteo Ippolito) sceneggiatore in attesa perenne del primo film, e Melampo (Luigi Bignone) che progetta nei dettagli una marcia verso il Polo Nord contro la crisi climatica. Le ore di un sabato casalingo sono scandite dalle invadenti interazioni con quegli schermi che, come cornici troppo strette, contengono preoccupazioni e domande dei parenti in perenne videocall. Paola Roscioli e Alessandro Mor sono i genitori di Ippolito. In realtà vivono a due passi dal figlio, che è uscito di casa da  anni, ma ancora si fa lavare la biancheria dalla mamma e la domenica va a mangiare la sua lasagna. Arturo Cirillo e Maria Grazia Solano sono i genitori di Melampo. Innamorato lui, lucida ma pur sempre madre lei, accudiscono a distanza i sogni dettagliati eppure poco concreti del figlio. Marta Pizzigallo è la sorella minore di Aurora, portavoce di una madre assente. Anche Gaetano/Perrotta ha uno schermo, ma lo usa per guadagnarsi da vivere: impostando la voce e sfoggiando una virilità che non gli appartiene, fornisce spunti erotici e consigli di vita a donne insoddisfatte e invisibili. È il telefono che squilla – con la voce di Saverio La Ruina – a ricordargli di un padre lontano che non ha mai accettato la sua omosessualità e che ancora spera che il figlio torni dicendo di essersi sbagliato.

Foto Angelo Maggio

La scrittura di Perrotta cuce insieme un campionario di situazioni eterogenee e complementari: in una drammaturgia che rivendica leggerezza vediamo le diverse sfumature dell’essere figli, o figli dei propri figli, ognuno con il proprio delirio, la propria goffa specificità incarnata dalle interpretazioni vigorose e sfaccettate di tutto il cast. Gli ingredienti della commedia ci sono tutti, con tanto di momenti da musical, caratterizzazione dei personaggi, vezzi del linguaggio. Il quadro che emerge è però di grande sconforto. Nessuno di loro riesce a smettere di essere figlio, ovvero di delegare a qualcun altro le proprie responsabilità. Forse nessuno di loro vuole farlo. Tutti sono immersi in una vischiosa routine fatta di piccoli e grandi fastidi. Lamentarsene è rassicurante. Sognare qualcosa che non si potrà mai realizzare è, tutto sommato, comodo. L’equilibrio sta nelle cose ferme o in quelle che oscillano? Quando si smette di essere figli? Non basta uscire di casa. Non basta coltivare un sogno. Non basta neanche avere un lavoro o un compagno. Non basta essere amati, perché il troppo amore soffoca e intorpidisce. Non si smette di essere figli a maggior ragione se figli non ci si è sentiti mai. In questa casa in cui il mutuo soccorso non è altro che il contenitore in cui nascondere le proprie frustrazioni e debolezze, si ride dell’altro per non piangere di sé: è Gaetano il primo a farlo, creditore che bussa a riscuotere il suo tributo di storie settimanali. Neanche quelle lo curano. Neanche le storie bastano. Così l’altro non è più il conforto di una vita possibile, ma l’occasione per dire a se stessi che c’è sempre chi sta peggio di noi. E quando la vita scombina le carte e rimescola gli ingredienti di questo equilibrio stantio, nessuno è davvero pronto a reagire, ad abbracciare quel cambiamento tanto ambito.

Foto Angelo Maggio

La folla di personaggi e di linee narrative stratificate produce in alcuni momenti un eccesso di materiali, amplificato dalla presenza importante del dispositivo video che, esaurita la funzione didascalica di elemento tecnico-scenografico, rischia di togliere calore alla scena; banalmente, la perfetta sincronia tra la recitazione degli attori dal vivo e quella registrata in video si apprezza come trouvaille tecnologica, a discapito dell’umanità dei contenuti. Forse però anche questa freddezza rientra nelle intenzioni della regia firmata dallo stesso Perrotta. Dei Figli in fondo è una grande storia di solitudine chiassosa e affollata: le parole, come coriandoli colorati, una volta lanciati in aria lasciano cadendo un senso di straniante vuoto, una domanda senza risposta sul futuro, una costante e inappagabile richiesta d’amore.

Sabrina Fasanella

Teatro Vittoria, Castrovillari – settembre 2022 – Primavera dei Teatri

DEI FIGLI

terzo capitolo della trilogia In nome del padre, della madre, dei figli
uno spettacolo di Mario Perrotta
consulenza alla drammaturgia Massimo Recalcati
con Luigi Bignone, Dalila Cozzolino, Matteo Ippolito, Mario Perrotta
e – in video – Arturo Cirillo, Alessandro Mor, Marta Pizzigallo, Paola Roscioli, Maria Grazia Solano
e – in audio – Saverio La Ruina, Marica Nicolai, Paola Roscioli, Maria Grazia Solano
aiuto regia Marica Nicolai
costumi Sabrina Beretta
luci e scene Mario Perrotta
video Diane | Luca Telleschi | Ilaria Scarpa
mashup Vanni Crociani, Mario Perrotta
realizzazione scene Fabrizio Magara
sarta di scena Maria Isabel Anaya
produzione Teatro Stabile di Bolzano, Fondazione Sipario Toscana Onlus, La Piccionaia Centro di Produzione Teatrale, Permàr
in collaborazione e con il contributo di Comune di Grosseto, Teatro Cristallo, Olinda residenza artistica, La Baracca – Medicinateatro, Duel

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