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«Racconta». Carbonio di Pier Lorenzo Pisano

Recensione. Pier Lorenzo Pisano ha portato in scena al Piccolo Teatro di Milano Carbonio, il racconto di un incontro tra umano ed extraumano il cui testo ha vinto l’anno scorso il 56° Premio Riccione per il Teatro. In scena, oltre all’autore, Federica Fracassi e Mario Pirrello.

Foto Masiar Pasquali

Un cilindro semitrasparente retato separa la scena dalla platea semicircolare che lo avvolge, ponendosi come filtro della visione, filtro di una verità che vuole essere indagata e ricostruita, ma che si rivela sempre parziale in quanto frutto di un sentire umano, di esperienze intimamente individuali. Una rete velata come gabbia che imprigiona e soffoca o come rifugio per qualcosa o qualcuno da cui invano si fugge. Un tavolo rotondo su piattaforma circolare come luogo in cui si cuce un dialogo serrato, che si dilunga in estenuanti domande inquisitorie e in risposte afasiche, flebili come le luci perturbate (di Gianni Staropoli) frutto della tecnologia ottica CoeLux, che sembrano quasi creare delle intermittenze azzurre nella penombra densa della sala. In questa meticolosa scenografia curata da Marco Rossi, il rimosso latente emerge per gradi, per poi lentamente dischiudersi.

«Racconta». A fare da motore all’intera narrazione sono le parole dell’attrice Federica Fracassi nello spettacolo Carbonio, di cui Pier Lorenzo Pisano firma testo e regia, vincitore del 56° Premio Riccione per il Teatro, il più prestigioso riconoscimento per la drammaturgia in Italia. Nelle vesti di una donna determinata, possibile detective, pronta a scoprire la verità sulla rivelazione degli extraterrestri sul pianeta Terra, Fracassi si rivolge con sguardo inquisitorio ad un interlocutore ricurvo, con i gomiti fissati sul tavolo a cui è seduto e che inizialmente si mostra al pubblico solo di spalle. Nel suo misterioso anonimato, l’uomo, Mario Pirrello, è chiamato a raccontare del surreale e confuso incontro con un’entità aliena, il cui ricordo si mescola fondendosi con un lutto passato che persiste nella sfera mnemonica personale e si ripresenta incessantemente in tutto il proprio sostrato doloroso.

Foto Masiar Pasquali

Sono la percezione sensoriale, l’emozione e il pensiero individuale ad essere chiamati in causa nel concitato interrogatorio; per ricostruire l’incontro, infatti, la casistica, le registrazioni e gli studi scientifici si rivelano dati scarni insufficienti. Al contrario è il sentire dell’uomo a costituire un dato essenziale per la ricerca di forme di vita “altre”, indagata nella relazione come fondamento del processo maieutico, di cui l’incontro con l’Altro si configura momento disvelatore non solo dell’essere umano tout cour ma anche di ciò che umano non è. Il testo di Pisano trova, qui, un equilibrato compendio nella recitazione attoriale: il climax ascendete del colloquio investigativo si cristallizza nella crescente tensione emotiva, nell’ansia cieca che soggiace alle parole, ai gesti, agli sguardi impauriti dei due interlocutori che cercano delle risposte per una realtà tanto ignota quanto paralizzante. Il confuso terrore si traduce così nell’incapacità narrativa, nel difetto della mancanza che abita la dimensione più vasta e opprimente dell’incomunicabilità. Ai resoconti imprecisi dell’uomo, segue poi il sospetto dell’investigatrice che comincia a dubitare della reale entità di chi si trova di fronte (un umano? O un “trasformato” dall’incontro alieno?).

Foto Masiar Pasquali

Per risolvere l’apparente staticità della mise en abyme, che si svolge tutta attorno al tavolo entro il cilindro retato, l’autore decide di far scorrere le sedie in un moto circolare, modificando così le prospettive attraverso cui non soltanto viene narrata la storia, ma anche percepita dagli spettatori che si ritrovano ad abitare la soglia di un luogo sospeso su più livelli. La stessa scrittura si muove su binari paralleli: alla frammentarietà del racconto dialogico, che trova una sua coesione nella forza centripeta del moto di scorrimento, si accompagna il commento di una voce extradiegetica. Nelle sue numerose apparizioni dislocate all’interno della sala teatrale, il personaggio (interpretato dallo stesso regista) ironizza con spigliato umorismo sull’espansione delle prime forme di vita (ovvero di carbonio) e sui problemi e i destini dell’esistenza sulla Terra, che sono effettivamente i problemi e i destini di una corposa e nutrita “squadra di carbonio”: attraverso la proiezione di alcune immagini impresse nel Disco d’Oro Voyager, spedito alla fine degli Anni Settanta nello spazio, illustra la repentina ambizione umana di farsi conoscere e decriptare da un indistinto osservatore dell’universo. È la stessa forma circolare del disco a fungere da legante all’intero spettacolo, configurandosi come una forma simbolica panofskiana, uno schema interpretativo attraverso cui vedere il mondo e agire la messa in scena stessa (costellata di rimandi circolari).

Alla fine, si giunge a un patto di verità in cui la sovrascrittura del ricordo assume lo statuto definitivo, senza escludere però le realtà possibili. I due interlocutori si fanno più vicini nei sentimenti condivisi e nella relazione creano un nuovo modello di umanità. Nelle note di testo, il regista stesso spiega: «La fantascienza ci serve solo a spostare alcune variabili un po’ più in là nel tempo, a inventare situazioni che ancora non sono successe, ma che hanno alla base le dinamiche universali dei rapporti umani». Il cerchio trova così la propria chiusura: sola, in piedi nella sala buia, una donna descrive la storia del processo evolutivo dell’umanità e di ogni forma vivente a ritroso, a partire dalla fine che è il presente, per riportare tutte le cose, e noi con loro, al proprio inizio e ritrovarne i segni del nostro, sempre possibile, futuro. «Racconta».

 

Andrea Gardenghi

Piccolo Teatro Studio Melato, Milano – giugno 2022

CARBONIO

scritto e diretto da Pier Lorenzo Pisano
scene Marco Rossi
luci Gianni Staropoli
costumi Raffaella Toni
con Federica Fracassi, Mario Pirrello, Pier Lorenzo Pisano
assistente alle scene Francesca Sgariboldi 
assistente volontario Alberto Marcello
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
in coproduzione con Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
Testo vincitore del 56° Premio Riccione per il Teatro

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Andrea Gardenghi
Andrea Gardenghi
Andrea Gardenghi, nata in Veneto nel 1999, è laureata all’Università Ca’ Foscari di Venezia in Conservazione e Gestione dei Beni e delle Attività Culturali. Prosegue i suoi studi a Milano specializzandosi al biennio di Visual Cultures e Pratiche Curatoriali dell’Accademia di Brera. Dopo aver seguito nel 2020 il corso di giornalismo culturale tenuto dalla Giulio Perrone Editore, inizia il suo percorso nella critica teatrale. Collabora con la rivista online Teatro e Critica da gennaio 2021.

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