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Se Dioniso è donna. Il temibile potere dell’estasi nelle Baccanti di Sicignano

Recensione. Laura Sicignano porta al Teatro Biondo di Palermo Le Baccanti di Euripide, prodotto dal Teatro Stabile di Catania. A Trieste e Brescia le prossime date.

Ph Antonio Parrinello

Le Baccanti di Euripide ha segnato un punto di non ritorno. Il suo allestimento ad Atene, alla fine del V secolo, aveva ratificato la dissoluzione di opinioni e valori consolidati, messi in discussione da una forma espressiva sperimentale che preludeva a nuovi – e contemporanei – sviluppi. La regia proposta da Laura Sicignano, prodotta dallo Stabile di Catania e vista a febbraio al Teatro Biondo di Palermo, rende conto di questo clima e ne rinnova il senso.

Il lavoro sul testo, tradotto e adattato da Alessandra Vannucci e da Sicignano, è ineccepibile. La parola del drammaturgo è stata oggetto di un ripensamento consapevole, che con energia ha recuperato dall’interno quanto poteva prestarsi a una rilettura contemporanea e contestuale del mito. Vannucci e Sicignano entrano con decisione nel dramma, e ne affrontano senza compromessi la lucida follia che origina da un sommerso archetipico scandaloso, delirante ed eterno. Ciò che riemerge, sulla scena del Biondo, è una parvenza a un tempo mitica e psichica, concreta e terribile quanto i corpi che la agiscono. Corpi che diventano un nuovo parametro di conoscenza, contrapposto alla ragione: quando ciò accade, vengono meno i solidi criteri sui quali è fondata la comprensione logica delle cose, e con essi la possibilità di stabilire dogmi e gerarchie sugli oggetti del pensiero e della percezione. È questo il significato della vicenda di Penteo, re di Tebe, personificazione di un potere maschile, assodato e fintamente razionale, che non può accettare il dilagare del culto dionisiaco nel suo regno. Le donne che prendono parte ai riti diventano infatti preda di una mania condivisa, e si lasciano trascinare da una sensualità brutale, incontenibile. Si tratta di un’isteria: con questa parola, legata nel suo etimo all’utero, l’uomo definisce e stigmatizza un’istintività che non sa definire, che sfugge a ogni possibilità di controllo sociale e politico.

Ph Antonio Parrinello

Il Dionisio di Laura Sicignano è donna (Manuela Ventura). Nel prologo cala dall’alto; è una presenza demoniaca, circondata da un’oscurità avvolgente, sulla quale pulsano le luci di Gaetano La Mela. Le sue braccia ondeggiano come serpi lungo direzioni opposte e speculari: se ne servirà per governare le sue seguaci, per rovesciare interi destini. La voce di Ventura è stridente, canzonatoria; il suo incedere è sciolto, di una sensualità ironica e allettante. Grazie ai movimenti di scena di Ilenia Romano, Dionisio scende come un deus ex machina nella reggia di Tebe, una stanza oscura e austera che nella scena di Guido Fiorato è una dimora nobiliare in decadenza. Sotto l’influenza della divinità, il piccolo corteo di adepte (le Baccanti: Egle Doria, Lydia Giordano, Silvia Napoletano), a cui partecipa anche Agave (Alessandra Fazzino), la madre di Penteo, cede vittima a una forza alla quale non oppone resistenza: non vi riesce, né lo vuole. I gesti delle donne sono fluidi, talvolta interrotti da uno scatto imprevisto. La loro estasi è una torsione che si stringe secondo le imperscrutabili volontà di una dea sorridente e straniera. Arrendersi è un piacere, sottrarsi sarebbe folle. Lo credono anche Cadmo, il padre di Penteo (Franco Mirabella) e l’indovino Tiresia (Antonio Alveario), approdati in vecchiaia a una nuova consapevolezza che accoglie i sensi senza condannarli.

Ph Antonio Parrinello

Nei loro dialoghi gli interpreti conservano una dignità veneranda, ma addolcita dalla saggezza sorniona con la quale salutano l’ebbrezza e i suoi misteri. Sono le prime vittime della rabbia del re tebano: Aldo Ottobrino, nei panni di un Penteo in giacca e cravatta, inveisce con un’asciuttezza prima perentoria e aggressiva, poi con un’indole esasperata ed esasperante, fondata sulla fede cieca nei confronti delle proprie ragioni, della ragione in sé. Una fede incrollabile, l’unica che il sovrano può davvero permettersi. Eppure, questa retrocede fino a dissolversi: avviene quando il Messaggero (Silvio Laviano) descrive con un ritmo sempre più incalzante e lusinghevole l’invasamento delle donne in estasi, o quando al monarca si offre la possibilità di spiare le Baccanti durante i loro riti. Il confronto tra Dionisio e Penteo è un sofismo: sulla scena si contrappongono attraverso una gestualità antitetica e speculare, che poi è il filo conduttore dell’intero dramma.

La dea prevale facilmente, solleticando le perversioni del suo interlocutore: un’inflessione patetica, infantile, contamina allora la voce di Penteo all’idea di vedere la propria madre trascinata da un istinto sessuale incontrollato; i suoi atteggiamenti si tingono di un femminile ridicolo, e scoprono una virilità incerta e precaria. Travestito, partecipa come un voyeur all’orgia evocata oltre la scena dalle superbe musiche di Edmondo Romano che, eseguite dal vivo, rimbombano nel torace con una ritmica concitata, ossessiva. Lo spazio scenico diventa la diretta proiezione di una vita psichica disturbante e disturbata, celata dai filtri di un super-ego castrato che, privato della coercizione, si perde nella confusione di aleatori camuffamenti. Il caos dionisiaco, inteso come libera potenza femminile, è il vero protagonista della rappresentazione: le danze esagitate delle menadi, nel loro eccesso orgiastico, sono eseguite con una verosimiglianza quasi filologica, e si presentano come il necessario elemento di sovversione, l’atto rigenerante che scuote le fondamenta di un cosmo apollineo più egemonico che radioso. Soltanto a partire dal lutto che segue allo smembramento rituale, è possibile un nuovo ciclo, un nuovo inizio.

Tiziana Bonsignore

Teatro Biondo, Palermo – Febbraio 2022

Tournée

– Trieste, Teatro Politeama Rossetti, dal 24 al 27 febbraio 2022
– Brescia, Teatro Sociale, dal 2 al 6 marzo 2022

BACCANTI
di Euripide
regia Laura Sicignano
traduzione e adattamento Laura Sicignano e Alessandra Vannucci
interpreti e personaggi (in ordine di apparizione) Manuela Ventura (Dionisio), Egle Doria, Lydia Giordano, Silvia Napoletano (Baccanti), Alessandra Fazzino (Agave), Antonio Alveario (Tiresia), Franco Mirabella (Cadmo), Aldo Ottobrino (Penteo), Silvio Laviano (Messaggero)
musiche eseguite dal vivo Edmondo Romano
scene e costumi Guido Fiorato
movimenti di scena Ilenia Romano
luci Gaetano La Mela
video e suono Luca Serra
regista assistente Nicola Alberto Orofino
produzione Teatro Stabile di Catania

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