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Assenze e dilatazioni dell’Ipercorpo

Ipercorpo 2020: tempo reale. A Forlì il festival interdisciplinare, in seguito al necessario slittamento, ripensa il proprio formato. Una riflessione e un approfondimento su due delle compagnie che storicamente hanno contribuito alla nascita del festival, gruppo nanou (Conversazione per Arsura) e Muta Imago (Senza quinte né scena, da I sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello).

EX ATR. Foto Gianluca “Naphtalina” Camporesi

Il tempo dilatato è diventato realtà nell’edizione appena conclusa del festival Ipercorpo, slittata alle soglie dell’autunno rispetto alla consueta programmazione primaverile, e con, in previsione, una seconda tappa più fortemente internazionale nella primavera 2021. Una dilatazione che non è soltanto conseguenza delle ormai comuni manovre di ricollocazione delle attività causa virus, ma che è nata da una riflessione e revisione della propria postura artistica e curatoriale. Allora, nella visione di Claudio Angelini assieme a Mara SerinaValentina Bravetti (per la sezione teatro e danza), Davide FabbriElisa Gandini (sezione musica), Davide Ferri (sezione arte) tali riflessioni hanno determinato la necessità di un tempo più articolato da passare con gli artisti, condividendo diversi momenti della creazione e dunque aprendo a incontri, prove e performance. La programmazione di Ipercorpo (negli spazi dell’EX ATR e dell’EX AGIL di Forlì) che da sempre ha avuto una vocazione pluridisciplinare, coinvolgendo arti performative, musica e visual art, ha dunque dedicato focus giornalieri su un singolo artista o gruppi ristretti di artisti declinandone la presenza in vari modi, oppure presentando uno stesso spettacolo in tempi inusualmente lunghi per un festival, così da offrire, nell’idea, una visione prolungata.

Cacao e Villa in concerto. Foto Gianluca “Naphtalina” Camporesi

C’è  poi un altro carattere che emerge in questa edizione e che, anche in questo caso rispecchia pienamente, come da titolo, il Tempo reale che ci governa: l’assenza. Ma non parliamo tanto di assenza in termini numerici o di scarsa adesione (agli eventi spettacolari le platee sempre piene, meno nelle occasioni di incontro e dibattito, su cui andrebbero poste delle domande in merito alla ricchezza di una possibilità del genere non sempre saputa cogliere o non sempre saputa sufficientemente valorizzare), quanto di una declinazione quasi filosofica dell’assenza, declinata formalmente, tematicamente. Assenza come non-ancora-presenza, ovvero attesa, assenza come non-ancora-noto, quindi sconosciuto, assenza come qualcosa che si cela ma che non genera vuoto, ma pensiero attorno.

gruppo nanou. COnveersazione per arsura. Foto Gianluca “Naphtalina” Camporesi

Osservando le attività del primo dei due weekend, dilatazione e assenza ritornano come parole chiave delle attività di gruppo nanou, Muta Imago, Paola Bianchi, Teatro Akropolis, Coorpi e dei concerti del duo Cacao e Roberto Villa, ciascuno nelle declinazioni che gli sono proprie. Per esempio, Conversazione per Arsura dei nanou è uno spazio d’azione i cui gesti ipnotici vibrano e significano pur senza un’identità che li supporti; difatti, il corpo di Rhuena Bracci è totalmente coperto, perfino mani e perfino il viso, quasi che a interessare siano la pura generazione di sensazioni ed emozioni. È un corpo che parla pur muovendosi in una «dimensione volutamente non narrativa», come racconta Marco Valerio Amico (coreografo e fondatore della compagnia assieme a Bracci), dice della tensione all’azione, del tentennamento e della spinta alla scelta, «senza che il danzatore-performer tenti di dare un’interpretazione di quanto agisce, ma che si muova agendo a partire da parametri spaziali e ritmici». È dunque innanzi tutto nella drammaturgia ritmica del corpo e del tappeto sonoro e luministico che si trovano questi inneschi all’azione; mentre, nell’incontro con Marina Bertoni e Marco Maretti che subentrano in un secondo momento, il percorso acquisisce una dimensione più eminentemente relazionale nonostante i tre proseguano una danza autonoma, in questo spazio di luci rosse e blu. I tre sembrano inseguire ombre di sensazioni prettamente fisiologiche che si riversano nella camminata strascicata e rapida, nelle spalle che si ricurvano, nelle cadute continue, nel voler continuamente sfuggire dalla centralità, divenendo terra arida loro stessi, in fibrillazione, in attesa di essere inondati, verso una nuova trasformazione di stato.

paola Bianchi. ON. Foto Gianluca “Naphtalina” Camporesi

Per quanto riguarda la dilatazione in quanto “temporalità allargata” vengono in mente gli esempi di attività raccontate da Lucia Carolina De Rienzo, anima di COORPI (Coordinamento danza Piemonte) e da Clemente Tafuri e David Beronio di Teatro Akropolis. Occasioni di incontro in cui è stato possibile entrare a contatto con due realtà di resistenza, entrambe legate alla danza. Attività dai tempi lunghi, protratte, fuori tempo, ma che di questa dismisura cronica fanno invece propria forza, invitando a dare giusta attenzione anche a eventi passati o ad approfondimenti biografici e artistici. Nel primo caso parliamo della restituzione di Campo Largo, un progetto di cinema di danza fortemente legato al territorio avvenuto a Torino tra il 2015 e il 2017, di cui abbiamo anche visto i sei corti dell’edizione 2016, che sta vedendo, grazie al bando di Creative Europe, una versione ampliata su cinque paesi europei,  tra il 2019 e il 2022, tramite il progetto mAPs, declinato sul tema del potere. Nel secondo caso ci riferiamo al progetto di film documentari creato, in collaborazione con Luca Donatiello, Alessandro Romi, su alcune figure artistiche, come il primo, La parte maledetta. viaggio ai confini del teatro, dedicato a Paola Bianchi e visto proprio qui in anteprima. In entrambi i casi si tratta di due realtà che mettono al servizio degli artisti pensiero e strumentazione, offrendo la possibilità di allungare le temporalità di creazione e riflessione, iniziando a ripensare la danza come strumento «che sappia riaffermare la centralità del corpo, non inteso soltanto come immagine» (Beronio) ma come “corpo politico” (recuperando il titolo del volume di Bianchi del 2013), in grado di generare cambiamento, riflessione; di superare questa messa sotto attacco del corpo non soltanto dal virus, ma dall’intera società.

Muta Imago. Senza quinte né scena. Foto Gianluca “Naphtalina” Camporesi

Altro esperimento interessante in cui i concetti di dilatazione e assenza interagiscono con uno dei capisaldi della letteratura teatrale primo novecentesca, è Senza quinte né scena, che, nell’idea diretta da Claudia Sorace e scritta da Riccardo Fazi, parte dai Sei personaggi pirandelliani, ma in un gioco di specchi in cui rispetto e radicalizzazione si intrecciano tra loro. Questo spettacolo, nato dentro il Teatro Valle (che storicamente ne vide anche il debutto oramai quasi 100 anni fa) e pensato per essere presentato in teatri abbandonati, in questa presentazione a Ipercorpo vede la propria scena in tutti gli spazi dell’EX Gil (ora rinominata Casa dello Sport). Un luogo imponente nella sua architettura razionalista, che si presenta allo sguardo degli spettatori come un teatro il cui fondale è stato sostituito con un muro di cemento, la platea vuota tranne che per 8 sparute sedie, e il palco – decadente, con i muri a nudo, la buca dell’orchestra visibile, da cui si sente ogni tanto una voce che canta, lo spettro di un colpo di tosse, i passi udibili senza percepirne la fonte – è in realtà tutto l’edificio; lo è il sottopalco, lo sono i bagni, lo è la buca, lo sgabuzzino, l’androne. Lo è perfino il monumento funebre ad Arnaldo Mussolini, un vuoto cilindrico alla cui base una lapide marmorea accoglie una delle figure, prima guida per un incontro uno-a-uno con lo spettatore, stratificando testo pirandelliano, brandelli di possibile adesione alla realtà, sgomento di fronte a quel luogo e, quasi, invito a reagire.

Incontro con Monica Francia. Foto Gianluca “Naphtalina” Camporesi

In questo, il merito a Muta Imago di aver reso quello che viene presentato come esito del laboratorio della scuola di teatro e perfezionamento professionale del Teatro di Roma uno spettacolo con una sua compiutezza drammaturgica e scenica, un dispositivo al cui interno permettere ai giovani attori coinvolti, Sara Bertolucci, Gloria Carovana, Edoardo Coen, Michela De Rossi, Ivan Graziano, Marisa Grimaldo, Benedetta Parisi, la possibilità di sperimentarsi e crescere in un confronto ravvicinato e, a suo modo, rischioso. Reazioni vere, finte e falsate si intrecciano portando la macchina meta teatrale pirandelliana del dramma dei sei personaggi irrisolti e abbandonati dal loro autore in una dimensione biografica (o fintamente biografica, ma non importa), che gioca a istillare il dubbio, a continuare a riflettere sul paradosso pirandelliano di forme che prendono vita anche se non potrebbero, forme che dovrebbero essere assenti ma che sono ancora lì a urlare; un po’ come i nostri corpi, assenti, dilatati.

Viviana Raciti

Ipercorpo – ottobre 2020, Forlì

CONVERSAZIONE PER ARSURA
Progetto: gruppo nanou
Coreografia: Marco Valerio Amico, Rhuena Bracci
Con: Marina Bertoni, Rhuena Bracci, Marco Maretti
Prodotto da: Nanou Associazione Culturale
Con il contributo di: Mibact, Regione Emilia-Romagna, Comune di Ravenna.

SENZA QUINTE NÉ SCENA
Ideazione: Muta Imago
Regia: Claudia Sorace
Drammaturgia: Riccardo Fazi
Assistente alla drammaturgia: Elisa Clara Maddalena
Di e con: Sara Bertolucci, Gloria Carovana, Edoardo Coen, Michela De Rossi, Ivan Graziano, Marisa Grimaldo, Benedetta Parisi
Allestimento: Maria Elena Fusacchia
Esito del laboratorio con gli attori della Scuola di Teatro e Perfezionamento Professionale del Teatro di Roma.

O_N
[anteprima] Coreografia e danza: Paola Bianchi
Musiche composte da: Fabrizio Modonese Palumbo
Disegno Luci: Paolo Pollo Rodighiero
Tutor: Roberta Nicolai
Sguardo esterno: Ivan Fantini
Staff scientifico: Laura Gemini, Alessandro Pontremoli
Realizzato con il contributo di: ResiDance XL – luoghi e progetti di residenza per creazioni coreografiche, azione della Rete Anticorpi XL – Network Giovane Danza D’autore, coordinata da L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino
Residenze: Centro di Residenza della Toscana (Armunia Rosignano – CapoTrave/Kilowatt Sansepolcro), CID Centro Internazionale della Danza di Rovereto
Con il sostegno di: Masque teatro
Produzione: PinDoc
In coproduzione con: Teatri di Vetro, Santarcangelo Festival
Con il contributo di: Mibact e Regione Sicilia

LA PARTE MALEDETTA. VIAGGIO AI CONFINI DEL TEATRO⎪PAOLA BIANCHI
Soggetto e sceneggiatura: Clemente Tafuri, David Beronio
Fotografia e montaggio: Clemente Tafuri, David Beronio, Luca Donatiello, Alessandro Romi
Riprese: Luca Donatiello, Alessandro Romi,
Una produzione: Teatro Akropolis / AkropolisLibri
Diretto da: Clemente Tafuri, David Beronio
2020

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Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

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