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Saul. Il declino di una rockstar

Saul di Giovanni Ortoleva, tratto liberamente dall’Antico Testamento e da André Gide, dalla Biennale di Venezia 2019 apre una tournée nazionale. Recensione.

Ph. Camilla Vazzoler

Saul. Triste la vita di un figlio, adottivo, di Dio. La sua storia di re di Israele, eletto e poi ripudiato, è l’emblema più evidente dell’estrema inaccessibilità del divino per ciò che non smette d’essere umano. Allo stesso modo di come Icaro s’inerpica in cielo fino a cadere vittima della propria superbia, il mortale Saul si crede immortale, assimilato alla potenza per volere divino, mai danneggiato da contrasti né sconfitte; eppure Dio, quello vigoroso e turbolento dell’Antico Testamento, non tollera siano dissipati i suoi averi spirituali, tradita una fiducia che si articola in opere di magnanimità, attraverso le quali, soltanto, l’uomo può governare. È dunque il Dio della giustizia che dà, concede come un dono, infine toglie nello spettro della delusione. L’uomo, Saul, decade senza vedere mai il fondo della propria anima, in un lento ma inesorabile dilavamento perde ogni facoltà, il suo carismatico talento è consunto, il suo magnetismo si disperde in sciocche imitazioni di sé stesso. È questo il fondamento che presiede alla messa in scena di Saul, opera diretta da Giovanni Ortoleva che, dopo un debutto alla Biennale Teatro 2019 di Venezia, si appresta ad affrontare una tournée nelle maggiori città italiane.

Ph. Camilla Vazzoler

Ortoleva, regista giovane ma il cui valore ha già ricevuto particolari consensi proprio a partire dalla sede veneziana, si concede una crasi tra l’origine profetica congeniale alla provenienza biblica e la rilettura più moderna che André Gide ideò all’alba del Novecento.
In una stanza d’albergo circondata da una verde carta da parati a fiori, Saul (Marco Cacciola) è la rockstar celebrata dai media di tutto il mondo, unta dal beneficio del talento che oltrepassa il valore dell’umano, assecondando la relazione tra l’arte e il divino; eppure qualcosa va storto, Saul vive recluso nella propria gloria passata, non ha più contatto con la realtà, è assediato da domande dei media, dalle richieste sul proprio futuro artistico, da tutto ciò che riguarda molto parzialmente l’uomo che precede il personaggio pubblico; al suo fianco è il figlio, Gionata (Federico Gariglio), unico tramite con il mondo esterno, porta notizie e qualche pasto, porta un brio non richiesto nella polverosa solitudine di Saul, in quella reclusione scelta e magnifica in cui nessuno sembra poter entrare; nessuno, o forse. Perché da quella porta un giorno arriva Davide (Alessandro Bandini), scelto dalla “produzione” – entità astratta oltre l’umano, Dio di un mondo esteriorizzato e compromesso – per risvegliare il vecchio Saul, ma con l’intenzione sotterranea di sostituirlo al vertice del potere. L’attrazione che scatta tra i due è insieme nobile e perfida, l’arte fa da veicolo alle emozioni malcelate di entrambi, il terreno dove hanno luogo, al contempo, il loro incontro e la loro sfida.

Ph. Camilla Vazzoler

È uno spazio concluso in sé quello in cui Saul è imprigionato, non riesce più a percepire il mondo se non attraverso il racconto, l’oltre rispetto al perimetro in cui si è convinto a restare; l’arrivo dell’altro è un evento imprevisto e atteso, così che le interferenze che sono chiave del frammentato dialogo della prima parte, tra padre e figlio, via via si gonfiano in una isterizzazione verbale che rende i personaggi estremi, criceti dentro una ruota che schiaccerà ognuno a suo modo. Ortoleva, con la collaborazione alla drammaturgia di Riccardo Favaro, compie la trasformazione in una chiave contemporanea che dal potere politico e militare del Saul biblico intravede un uomo vittima di una fama trita e indolente, in cui la paura di scomparire va di pari passo con il bisogno di restare, esistere anche solo come ripetizione, imitazione di un modello immoto, come forse induce a pensare lo schermo posto in alto che, come i due personaggi attorno a una scena cardine di scontro aperto ripetuta a farne schema inerte, continua a ripetere i titoli iniziali di un vecchio western – Saul e David – che ogni volta si interrompe e ricomincia da capo.

Ph. Camilla Vazzoler

Il senso del fallimento, della solitudine, si raduna attorno all’uomo contemporaneo con buona aderenza alla storia biblica, raccogliendo lungo il cammino anche la lezione di Gide che più si dedicava al legame sensibile di amore e odio, rassegnazione e ferocia, ideando in Saul un dramma più umano che divino, in cui la vicinanza o distanza dei corpi è responsabile degli avvenimenti. Ortoleva riesce pertanto a veicolare le due forme in una propria, lasciando dubbi unicamente su due elementi: una recitazione che risente di qualche dichiarato immaginario più cinematografico che teatrale, quindi con un rischio di esteriorità che non aiuta nell’affondo intimo dei personaggi; una composizione non ancora equilibrata soprattutto in fase di chiusura, quando l’esitazione rischia di disperdere l’impatto di quella insanabile frattura tra la ferocia più o meno espressa dei contendenti e il personaggio di Gionata che, innamorato di entrambi, difende con dedizione inascoltata il cuore poetico di questa storia.

Simone Nebbia

Agosto 2019 – Teatro Arsenale, Venezia

SAUL
Produzione Teatro della Tosse
liberamente tratto dall’Antico Testamento e Saul di André Gide
menzione speciale alla Biennale di Venezia 2018, concorso Registi Under 30
Regia: Giovanni Ortoleva
Drammaturgia: Riccardo Favaro, Giovanni Ortoleva
Con Alessandro Bandini, Marco Cacciola, Federico Gariglio
Scenografia e Costumi: Marta Solari
Movimenti coreografici: Gianmaria Borzillo
Musiche originali: Pietro Guarracino con Ettore Biagi, Agnese Banti e Lorenzo Ruggeri
Disegno luci: Davide Bellavia
Decoratrici: Francesca Antolini, Maria Giulia Rossi, Martina Galbiati

Una produzione:
Fondazione Luzzati Teatro della Tosse, Arca Azzurra Produzioni , Teatro i,
in collaborazione con: AMAT e Comune di Ascoli Piceno nell’ambito di Marche in Vita. Lo spettacolo dal vivo per la rinascita dal sisma progetto di MiBAC e Regione Marche coordinato da Consorzio Marche Spettacolo
si ringrazia: Piccolo Teatro di Milano, Teatro Fontana
Un ringraziamento speciale a Stefano Scherini e Pablo Solari

Prossime date tournée

Roma, 25-27 ottobre 2019 – Teatro Vascello

Milano, 15-29 novembre 2019 – Teatro I

Genova, 4-8 febbraio 2020 – Teatro della Tosse

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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