Reportage dedicato al teatro in Burkina Faso, allo Spazio Culturale Gambidi a Ougadougou e all’incontro alcuni operatori del luogo.
La tradizione teatrale in Burkina Faso non è antica, tuttavia lo è la teatralizzazione, la spettacolarizzazione, la danza, i count, i quali possono essere però considerati come prodromi del teatro. È un pomeriggio di Dicembre quando ritorniamo a Gambidi. C’è una bella energia, un piacevole fermento laborioso, i colori balenano vivaci. Gambidi è uno spazio culturale creato a Ouagadougou nel 1996 da Jean Pierre Guingane, drammaturgo, regista e attore burkinabé fondatore del Teatro della Fraternità. Si tratta di un luogo di incontri, di scambio, di creazione e produzione, uno dei tanti dedito alla diffusione dell’arte e del teatro della capitale. Abbiamo modo di incontrare Luca Fusi, attore, regista, formatore ed organizzatore che mi racconta di come la vita lo abbia portato in Burkina Faso e di quanto siano cambiate le cose intorno a lui dal 2013, anno del suo arrivo, ad oggi. Tra i vari progetti che Luca Fusi coltiva c’è l’insegnamento: presso l’Ecole Supérieure de Théâtre, realizzata nel 2008 nella capitale e dedicata a Guingane, insieme ad altri artisti burkinabé si sperimentano linguaggi e tecniche attoriali.
Fusi illustra quale sia oggi la funzione e lo spirito del teatro nella “terra degli uomini integri” (questa la traduzione del nome della nazione cambiato nel 1984 dal suo presidente Thomas Sankara) e in particolare nella sua capitale. Tra i progetti vi è la realizzazione di un teatro pienamente contestualizzato in Africa. Il 90% dei testi inscenati sono testi tradizionali in lingua locale, e anche quando si attinge ai testi “universali”, come Shakespeare o Molière, si lavora riadattandoli allo scenario locale. Come spiega Fusi: «A Dicembre abbiamo realizzato Il Mercante di Venezia di Shakespeare trasformandolo in Aïcha de Toumbouctou. L’ebreo diventa un musulmano salafista, i cristiani diventano sunniti e Venezia diventa il grande mercato di Ouagadougou».
Le compagnie che si mantengono facendo teatro sono circa duecento, nonostante il Burkina Faso sia il sesto paese più povero al mondo. Il teatro non è solo un’attività ludica, ma soprattutto di intervento sociale. Gli spettacoli veicolano messaggi che offrono spunti di riflessione sull’evoluzione della vita culturale e sulla funzione dell’arte nel processo di sviluppo economico e sociale. In scena si fa informazione, vengono affrontati temi d’attualità come la prevenzione sull’AIDS o la sensibilizzazione per la causa delle spose bambin; talvolta questi spettacoli riescono ad andare all’estero ottenendo risonanza non solo in Burkina. Nonostante questo, si tutela fortemente l’interesse a costruire e sviluppare un pubblico locale sensibile sia nelle città che nei villaggi.
Il teatro di intervento sociale è figlio di una collaborazione dell’Atelier Théâtre burkinabé con il Brasile, attraverso il lavoro di Augusto Boal, regista, scrittore e politico brasiliano. Tra gli anni Settanta e Ottanta l’ATB, primo grande centro teatrale di Ouagadougu, entrò in contatto con il Teatro dell’Oppresso fondato da Boal. Grazie a questa connessione si è diffusa la cultura degli spettacoli di educazione popolare. Con il tempo è poi maturato un certo gusto per la qualità che ha favorito la diffusione di un teatro d’autore che ha determinato l’incremento della nascita di centri adibiti a questa pratica con delle troupe e dei teatrali stabili. Le generazioni teatranti successive hanno dato vita al CITO, Carrefour International de Théâtre, l’unico teatro in Africa occidentale che porta avanti una programmazione stagionale e crea tre o quattro produzioni ogni anno. Gli spettacoli ottengono il tutto esaurito ogni sera con spettacoli che godono di teniture anche mensili, e questa è solo una delle tante dinamiche realtà presenti sul territorio. Inoltre, il Burkina Faso è dimora di rinomati festival di arti visive come Les Récréâtrales, Furthermore, il Festival International des Masques et des Arts (FESTIMA) e il Festival Panafricain du Cinéma de Ouagadougou, il più grande festival di cinema del west Africa.
In una terra in cui il rito fa parte della quotidianità, nella musica come nel teatro, l’arte ha ancora una funzione vitale e sociale. Tradizionalmente, la figura dell’attore come anche quella del musicista è affidata al griot, custode della tradizione musicale ed orale che ricorda l’occidentale cantastorie. In questo contesto moderno in cui tutto si mischia, racconti e modalità di narrazione vengono riadattati per il teatro. La figura professionale è quindi mutata dal griot all’attore che, nonostante abbia maturato una formazione attoriale resta altamente rispettoso della tradizione. Questa è la forza e la bellezza africana. Radicato è anche il ruolo della maschera che, a differenza di quanto accade in Occidente, non ha funzioni teatrali, ma è parte di rituali sociali, mistici e religiosi. Raffigurando semi-dei antropomorfi, oggetti sacri, indossate da anonimi iniziati, le maschere hanno funzioni sociali legate alla cosmogonia e fungono da tramite con gli Dei. «Esse – esplicita Fusi – non sono subordinate alle leggi degli uomini poiché lo spirito della maschera possiede l’uomo quando egli si trova in uno stato di trance. Utilizzate per i funerali degli anziani e in alcuni momenti dell’anno importanti per l’agricoltura, la maschera non dà spettacolo, ma semplicemente esiste creando intorno a sé un cerchio magico spettacolare».
L’impressione, molto spesso, è che in Africa la gente possieda due volti, due identità: la prima pro-occidentale, apparentemente non lontana dalla nostra, e poi quella radicata, quella dei sacrifici, dei rituali, alla quale spesso l’occidentale non ha accesso. Gli elementi culturali tradizionali continuano ad essere custoditi con deferenza e consapevolezza, si tratta di un sapere per lo più iniziatico e tramandato oralmente, con generosità e ragguardevole solennità. In Burkina Faso il teatro così come la musica e la danza sono parte di un rito antico quanto l’uomo, Gambidi è uno tra tanti luoghi in cui si protegge questo spirito sublimandolo tanto nel quotidiano quanto nell’ ideale innestando cultura antica agli stimoli che arrivano dall’occidente.
Claudia Giannotta