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C&C: Tristissimo il corpo che non si lascia attraversare

Per le vie del Pigneto con C&C – Carlo Massari e Chiara Taviani – ospiti di Attraversamenti Multipli.

 

foto ufficio stampa
foto Veronica Billi

Davanti al Centrale Preneste Teatro, dove ci siamo dati appuntamento, Carlo Massari è il primo ad arrivare. Mentre ci salutiamo la figura di Chiara Taviani appare sul fondo della strada, a tratti esausta: «Ho provato ad arrivare a Trastevere oggi pomeriggio ma sono dovuta scendere dall’autobus e tornare indietro, non ce l’avrei fatta». Non aggiunge altro, sorride e ci inoltriamo verso i villini del Pigneto incominciando a parlare del laboratorio Universal discussion che stanno portando avanti in questa breve e intensa residenza romana, ma io sulla scia della loro ricerca non posso fare a meno di fermarmi un attimo e pensare a quanto sia triste una città che non si lascia attraversare.

Carlo Massari e Chiara Taviani, danzatori attivi con Balletto Civile di Michela Lucenti dal 2010, sono stati anche quest’anno con il loro progetto C&C ospiti di Attraversamenti Multipli, il festival organizzato da Margine Operativo che da quindici anni traccia un percorso di prossimità tra vita e arte, tentando appunto quella faticosa traversata urbana con eventi nei luoghi vitali della città. Incontro C&C nel mezzo della loro trilogia del dolore: dopo Maria Addolorata, premiato in ben sei paesi a sottolinearne la vocazione internazionale, e lo studio sul terzo capitolo della trilogia, Casher, vincitore del bando ODIOLESTATE 2015 presso Carrozzerie n.o.t., i due danzatori sono ora in scena con il secondo capitolo, Tristissimo, lavoro che prende ispirazione drammaturgica dal più antico mito di Tristano e Isotta e si muove tra il corno inglese, gli archi e i clarinetti del capolavoro musicale del romanticismo tedesco composto da Richard Wagner. «Abbiamo avuto voglia di confrontarci con un pezzo musicale più complesso e ci siamo avvicinati a questa nostra versione di Tristano e Isotta. – dice Chiara Taviani mentre morde un biscotto di uno dei cornettari sparsi per il Pigneto – In Maria Addolorata c’è l’idea di un dolore fisico, in Tristissimo l’idea di un dolore morale, interiore, però la dinamica è la stessa: è un corpo, un pezzo di carne attraversato da una scarica di radiazioni di dolore». Massari aggiunge: «Abbiamo scelto proprio il dolore perché è rimasta una delle rare sensazioni universali che ti possono far sentire ancora vivo; attraverso il dolore di una caduta ti puoi risvegliare da un torpore».

Il torpore, lo spleen, la spiritualità decadente è quel tedio esistenziale e relazionale in cui siamo immersi oggi e che in Tristissimo diventa la nebbia che apre la scena, quella nebbia nella quale lo spettatore può specchiarsi o attraverso la quale può scorgere due corpi nudi, vivi, con parrucche di stoppa gialla che iniziano a muoversi assieme sull’ouverture di Wagner. Ma perché Tristano è biondo paglia come Isotta? Mi domando, mentre io e Carlo Massari prendiamo da bere. Chiara Taviani mantiene il suo approccio immaginifico, di movimento, legato alla sua formazione da danzatrice; interviene per raccontare immagini e lascia le parole al compagno di scena, riassumendo così la sintesi di indagine fisica e verbale della compagnia che al lavoro in sala affianca un lavoro di costruzione e ricerca di scrittura testuale. «La stoppa è un materiale veramente triste oltre che povero, a vedersi, a sentirsi, a odorarsi. Serviva qualcosa di grezzo e animalesco, serviva un po’ di sporco. – mi dice Carlo– Cominciamo che siamo biondi e poi questo materiale aumenta, aumenta, fino a diventare una palla di pelo dalla quale Tristano è completamente ricoperto; più aumenta la tristezza che ci si tiene dentro e più questa si espande e diventa esteriore e quindi copre, rendendoti pieno di filamenti». «In camerino non si può entrare perché la stoppa puzza – mi confida Chiara – però il materiale è perfetto, perché se dovessi immaginare come cresce un capello triste, lo immaginerei che cresce come la stoppa».

foto ufficio stampa
foto Veronica Billi

Di Tristissimo colpisce l’impatto artistico che creano i corpi dei due ballerini, la loro ironia e la creazione innovativa; dalla leggerezza dell’apertura si passa a una serie di morti banali, inutili, mentre fuori sembra impazzare una guerra e le mani dei due protagonisti diventano armi puntate l’una contro l’altro, come se il regno di lei uccidesse lui e viceversa, come se le minacce per loro fossero loro stessi. Mi ami o mi ammazzi? «Lo spettacolo si interroga su che dimensione abbiamo nel campo della tristezza, di che materia siam fatti. – mi racconta Chiara – Quando abbiamo composto Tristissimo ci siamo resi conto che era complesso, che non sarebbe stato facile come Maria Addolorata, però io ero abbastanza convinta. La dimensione sconosciuta mi piace, perché la tristezza per me non è così codificabile. Tristissimo ti presenta una dimensione».

I bicchieri si stanno svuotando rapidamente e allora chiedo a C&C come siano arrivati alla loro dimensione, dove siano le loro radici e il loro archetipo di movimento al quale attingono. «Per me sono in ciò che mi ha trasmesso Balletto Civile. Però molto spesso vado a ricercarle in altri incontri precedenti che mi hanno permesso la scoperta del mio movimento», risponde Chiara. Carlo ci pensa un’istante, poi: «Sto scoprendo adesso che tutte le esperienze che ho fatto, rispetto al corpo o all’uso della voce o al teatro, sono state sempre una ricerca condotta in estrema vicinanza con la natura. Io sono nato e ho vissuto in campagna e il movimento per me è sempre stato animale. Nel momento della creazione, mi accorgo che devo ricorrere a quel mondo lì».
In che senso va la vostra creazione? Qual è il linguaggio e lo stile che volete raggiungere?
«Il nostro stile sembra essere in una specie di limbo. Non è prettamente definibile nel teatro, perché ci rinfacciano spesso di non essere abbastanza emozionanti; nella danza invece ci dicono che c’è qualcosa di troppo, ad Ammutinamenti 2015 nel Network Anticorpi ad esempio alcuni critici ci hanno detto che c’è troppa narrativa. Rimanendo così e maturando probabilmente saremo riconoscibili in una categoria nostra».

Ringrazio C&C e, tornando verso casa, continuo a cercare di mettere insieme i significati e le citazioni di Tristissimo alla luce delle parole dei due danzatori; poi mi torna in mente l’enorme vela bianca della nave di Isotta che chiede di arrendersi e di non trattenere il dolore, e allora mi arrendo anch’io e lascio la conclusione all’ultima risposta di Carlo Massari. Qual è la domanda o l’affermazione che Tristissimo presenta allo spettatore?

foto ufficio stampa
foto Veronica Billi

«Io direi che fa un’affermazione: “stai”. Lasciati attraversare. Un corpo attraversato da cultura decide quali scorie tenere su di sé e quali disperdere. Questo è il principio dal quale partiamo per la creazione, cioè iperprodurre, fare, lavorare su tanto materiale per poi lentamente mollarlo e vedere cosa rimane nel corpo di quel materiale. Di quel movimento meraviglioso che avresti voluto fare magari ne rimane il gesto di una mano. Quando riesci a far questo, per me sei arrivato a quello che io chiamo il “trapassato”, sei stato attraversato e su di te ci sono delle scorie. Lo stesso accade nella vita delle persone. Se cammini per strada e vedi delle immagini quante te ne rimarranno addosso? Quelle che restano lo fanno per un motivo, le hai da qualche parte nel tuo corpo e prima o poi le ritroverai. Forse vedendo questo spettacolo la gente può ritrovarne alcune. Forse. Tristissimo chiede di lasciarsi attraversare, non opporsi e non andarsi a ricercare in quella cosa perché non ti troverai, ti perderai ancora di più».

Tristissimo è in scena il 9 ottobre 2015 a BariTeatro Kismet OperAVisioni di (p)arte Festival Internazionale di Danza Contemporanea in Teatro

Luca Lòtano
Twitter @luca_lotano

visto al Centrale Preneste – ottobre 2015

TRISTISSIMO

Regia Coreografia: C&C
con: Carlo Massari e Chiara Taviani
Foto: Veronica Billi
Musica: Wagner- Tristan und Isolde Prelude, Rameau- Tristes apprêtes pâles flambeaux, Rick James-SuperFreak
Partner: Pim Off, Ballet National de Marseille, Next 2014
con il supporto di: Danzarte, Residenza Idra, Istituto Italiano della Cultura di Edinburgh, U.O.T, La pergola Monaco

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Luca Lòtano
Luca Lòtano
Luca Lòtano è giornalista pubblicista e laureato in giurisprudenza con tesi sul giornalismo e sul diritto d’autore nel digitale. Si avvicina al teatro come attore e autore, concedendosi poi la costruzione di uno sguardo critico sulla scena contemporanea. Insegnante di italiano per stranieri (Università per Stranieri di Siena e di Perugia), lavora come docente di italiano L2 in centri di accoglienza per richiedenti asilo politico, all'interno dei quali sviluppa il progetto di sguardo critico e cittadinanza Spettatori Migranti/Attori Sociali; è impegnato in progetti di formazione e creazione scenica per migranti. Dal 2015 fa parte del progetto Radio Ghetto e sempre dal 2015 è redattore presso la testata online Teatro e Critica.

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