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Premio Scenario 2015. The lost generation

Premio Scenario 2015: i nomi dei vincitori accompagnati da una riflessione sull’ultima generazione di artisti in concorso e sui meccanismi del premio. Dalle finali di Santarcangelo dei Teatri.

 

Gianni foto Cristiano Proia
Gianni foto Cristiano Proia

Due anni. Passano due anni perché una gestazione piuttosto lunga dia conto di quali tendenze linguistiche, quali risvolti del mondo contemporaneo sappiano passare le maglie di un filtro artistico per finire sui palchi del Premio Scenario. L’evoluzione artistica si disegna in traiettorie piuttosto definite, parabole ora slanciate verso una felicità espressiva ora invece a scontare un tempo meno fluido in cui il racconto del presente si rende con maggiore difficoltà. Nel mezzo, il tentativo. Ovvero ciò che pertiene, pur come una parentela biologica da cui cercare emancipazione, al fallimento. Non ancora, o non per forza, all’arte del fallimento. Ossia: non tutto ciò che si tenta e fallisce, può dirsi teatro.
Anche la finale del Premio Scenario 2015, edizione numero XV, ha avuto luogo all’interno del festival di Santarcangelo dei Teatri, come ormai da tradizione, in quella sala del Lavatoio che convoglia la curiosità di operatori da tutta Italia, ospitando il chiacchiericcio mai passivo di interrogativi urgenti la cui spendibilità sarà pari al riscontro qualitativo delle proposte di spettacolo in gara.

Dodici, i finalisti. Dodici linguaggi in venti minuti di messa in discussione di fronte a un pubblico per parte giudicante. Dodici a contendersi l’attenzione verso i materiali grezzi con cui sapranno – alcuni – realizzare uno spettacolo completo che debutterà al Teatro Litta di Milano il 28 e 29 novembre. La giuria ha decretato i suoi vincitori, che andranno a comporre la Generazione Scenario per i festival di estate e autunno fino al debutto invernale: il Premio (8000 euro) è andato ad Angela Dematté con Mad in Europe – Uno spettacolo in lingua originale, lavoro incentrato su un’attenta ricerca linguistica in grado di creare una parola ibridata da suggestioni e visioni oscillando tra sacralità e religione. Gianni di Caroline Baglioni, pur se spostato in tale categoria in corso di selezioni, si aggiudica invece il Premio Scenario per Ustica dedicato all’impegno civile (5000 euro) per aver colto quel «dentro e fuori» del nostro tempo, averne compreso la complessità per poi restituirla nella sua semplice essenza; segnalazioni speciali (1000 euro) vanno a Homologia di DispensaBarzotti e Pisci ‘e paranza di Mario De Masi: il primo riguardante l’uomo e il suo doppio, la solitudine dell’essere imbrigliato tra realtà e finzione, il secondo ci racconta invece di un viaggio potenziale, fatto da strani individui che navigano in un grande acquario come pesci muti, incapaci a comunicare tra loro.

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Mad in Europe – Uno spettacolo in lingua originale – foto Marco Grisa

Insindacabile il giudizio della giuria, che ricalca peraltro in ordine sparso un po’ il pensiero generale dei presenti, ma avendo considerato per qualità sullo stesso piano i due progetti vincitori si affaccia un dubbio sul meccanismo cui occorre fare attenzione: poniamo il caso che il vincitore del premio “per Ustica” – essendo ufficialmente in gara anche come miglior progetto – risultasse il più valido di dodici, ma che non vi fossero altri concorrenti per la stessa sezione abbastanza validi da meritarsi una vittoria; in questo caso, posto che non è esclusa ma abbastanza improbabile la vittoria in entrambe le classi di un solo progetto, il miglior spettacolo rischia di vedersi declassare (almeno e di certo economicamente) per mancanza di un sostituto che copra il premio di categoria. Non sappiamo se ciò sia accaduto in questa occasione, ma certo il dubbio che vi sia un diverso peso nelle valutazioni, imposto dall’attuale struttura del Premio, resta e merita riflessioni.

L’iter del Premio è piuttosto complesso e si pone come un affiancamento duraturo – dai 5 ai 20 minuti il passaggio da prima a seconda valutazione, cui si aggiunge un colloquio intenzionale con gli artisti – permettendo così uno screening acuto sull’intero panorama nazionale; la sua forza pertanto non si modifica per un’offerta maggiore o minore ma la certifica e vi pone dibattito: la generazione di questo Scenario – o, meglio, il campione generazionale presente – si segnala per la difficoltà di percorrere una linea decisa che imponga un linguaggio (come accaduto lungo tutti gli Anni Zero) e, al netto di una varietà attoriale e formale o di piccole buone idee sceniche, una ricerca da cui si sappia intravedere una prossima fecondità. Rintracciare una responsabilità unitaria non è semplice, perché se da un lato ogni ondata ha una risacca, dall’altro è vero che questo tempo in mutazione perenne sta ponendo un blocco compositivo inaudito, cui poco può il ricorso a strutture classiche, anche ammettendo la cristallizzazione della sperimentazione in una categoria definitiva. La stessa immagine scelta per rappresentare in locandina il premio di quest’anno ci sembra così artisticamente emblematica: Ein Hirsh in Venedig, un cervo a Venezia, opera fotografica di Tomaso Mario Bolis. Sentirsi al di fuori, spaesati, ma allo stesso tempo consapevoli dell’assenza di un luogo – o più propriamente di un tempo – che possa esperirsi come proprio e al quale scegliere di appartenere. Embrioni di lavori che trasmettono una formalità imperante e soffocante, una ricerca della citazione, un pastiche di segni che nella maggior parte dei casi non suggerisce una propria autonomia e un’evidente necessità. Di certo però è che la generazione appena sorta all’attenzione stia scontando un “eccesso” di gioventù nelle generazione precedenti, eterne promesse mai davvero giunte all’età adulta: come si diventa l’avanguardia dell’avanguardia? Quale età per la qualità?

Lucia Medri – Simone Nebbia
Twitter @LuciaMedri – @Simone_Nebbia

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