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Diversamente Stabili: Io rido apre la terza edizione

Diversamente Stabili, rassegna ospitata dal Teatro Elettra di Roma, ha esordito nel mese di gennaio con lo spettacolo Io Rido. La recensione

 

foto ufficio stampa
foto ufficio stampa

Ci siamo stati circa un mese fa al Teatro Elettra, un piccolo spazio ai piedi del Colosseo che ospita dallo scorso mese e fino al prossimo giugno il concorso Diversamente Stabili. La rassegna, organizzata dal Teatro della Colazione in collaborazione con l’Associazione culturale Sipari d’Oriente Teatro Elettra, è pensata per registi e autori di opere inedite. Giunge quest’anno alla sua terza edizione, al termine della quale verranno premiati il miglior testo, la miglior regia e il miglior spettacolo – tra i 124 testi di 95 autori diversi ne sono stati in fase preliminare selezionati 6 per altrettanti registi – prevedendo la messa a disposizione di attori e sale prove e un diretto, reale coinvolgimento decisionale del pubblico: alla votazione della giuria tecnica si aggiunge infatti quella degli spettatori, cui a fine rappresentazione viene consegnata una scheda con più voci di valutazione a punteggio. Nella miriade di rassegne e manifestazioni di questo tipo ci piace poter registrare una certa propensione alla concretezza nella strutturazione del progetto che vede garantita una settimana di programmazione per la stagione 2015/2016 ai vincitori per la migliore messinscena, mentre alla migliore drammaturgia e alla miglior regia si decide di assegnare un premio in denaro che verrà proporzionalmente stabilito in relazione agli incassi con, si spera, impegni in prospettiva di produzione e promozione.

io rido-diversamente stabili
Foto Ufficio Stampa

La prima delle performance, Io rido. Storia misteriosa di una cena indimenticabile, è un atto unico scritto da Samuel Dossi e diretto da Sebastiano Bianco. In un’atmosfera asfittica, discretamente cupa la vicenda vede come suoi due unici animatori una donna e un uomo che l’accoglie nell’interno della sua abitazione. Un tavolo apparecchiato per uno soltanto nel nero dominante che fa da sfondo a poche suppellettili ordinarie, una radio che trasmette vecchi successi anni ’50 e ’60, e un tavolino sulla destra con una cornice il cui contenuto è invisibile alla platea, si inseriscono in un quadro di luci che sfuma tra il tono naturale e alcune flessioni cianotiche. Le prime azioni lasciano trasparire con maestria un certo zelo maniacale da parte del protagonista il quale, sorridente e precisissimo nella sua eleganza di scarpe lucide e farfallino, attende l’arrivo di qualcuno che si rivela essere una sconosciuta giunta lì per aver risposto a un annuncio. La donna è triste sino alla disperazione, smunta di stanchezza e, nonostante lui cerchi di continuo di strapparle un sorriso, lacrime di trucco scuro solcano gote già scavate. La calma e la temperanza che l’uomo infonde sin dall’inizio tradisce volontariamente un retrogusto inquietante che si vuole crescente per l’intera performance – ben sostenuta dall’interpretazione di Livia Massimi e Marco Giardina. Un meccanismo di ambivalenze stende sulla natura dell’inserzione un velo di mistero, che incrocerà il destino dei due in una macabra conclusione. Valida l’idea narrativa, risente tuttavia di alcune debolezze nello sviluppo drammaturgico e forse di una eccessiva “discrezione” registica, non affondando di pari passo alle potenzialità grottesche della situazione e tentando piuttosto la via di micro-approfondimenti emotivi non sorretti per altro dal tempo ridotto della rappresentazione.

Per il mese di febbraio ci sarà in palcoscenico dal 26 al 28 La cagnetta. Lo spettacolo di Edoardo Carboni è tratto dall’omonimo racconto Vasilij Grossman e vede Laika smettere di essere una cavia agli occhi dello scienziato che dovrebbe spedirla nello spazio per trasformarsi in un essere dai sentimenti quasi umani, forse ancora più umani, tutto con la Russia dell’URSS e della Guerra Fredda a fare da contesto. Insomma, dopo l’esordio, un’occasione per testare se e come una piccola iniziativa in un piccolo spazio restituisca grandi intenzioni e volontà.

Marianna Masselli

Visto al Teatro Elettra, Roma, gennaio 2015.

IO RIDO. STORIA MISTERIOSA DI UNA CENA INDIMENTICABILE
di Samuel Dossi
regia Sebastiano Bianco
con Livia Massimi, Marco Giardina

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Marianna Masselli
Marianna Masselli
Marianna Masselli, cresciuta in Puglia, terminato dopo anni lo studio del pianoforte e conseguita la maturità classica, si trasferisce a Roma per coltivare l’interesse e gli studi teatrali. Qui ha modo di frequentare diversi seminari e partecipare a progetti collaterali all’avanzamento del percorso accademico. Consegue la laurea magistrale con una tesi sullo spettacolo Ci ragiono e canto (di Dario Fo e Nuovo Canzoniere Italiano) e sul teatro politico degli anni '60 e ’70. Dal luglio del 2012 scrive e collabora in qualità di redattrice con la testata di informazione e approfondimento «Teatro e Critica». Negli ultimi anni ha avuto modo di prendere parte e confrontarsi con ulteriori esperienze o realtà redazionali (v. «Quaderni del Teatro di Roma», «La tempesta», foglio quotidiano della Biennale Teatro 2013).

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