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The Happy Bear Show. Woody Neri e l’Apocalisse interiore

La recensione dello spettacolo di Woody Neri / Compagnia Vanaclù: The Happy Bear Show

 

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foto di Manuela Giusto

Dobbiamo dare innanzitutto conto dell’ennesima ottima mossa di carrozzerie n.o.t., spazio romano diretto da Francesco Montagna e Maura Teofili che mescola la residenza artistica a debutti inseriti in una programmazione saltuaria, riuscendo a sparigliare davvero le carte di un sistema cittadino che ha bisogno certo di rete, ma anche di coraggio nelle scelte dei singoli luoghi. E occorre pure ricordare l’altro esperimento che avevamo visto a Orvieto firmato dalla giovanissima (per formazione) compagnia Vanaclù, GabbiaNo. Lì, attorno al lavoro su un classico dei classici come il testo di Čechov, si era intravisto il germe di un lavoro collettivo rivelatosi molto interessante per il piglio frontale con cui smontava e rimontava l’intera macchina. Ma quella era una macchina perfetta, il proverbiale dado che comunque rotoli mostra infine una faccia sempre diversa ma sempre chiara. Il passo successivo porta invece la firma di Woody Neri anche sulla drammaturgia. The Happy Bear Show ha debuttato sotto Natale, raccogliendo in un weekend un folto pubblico dai volti, laddove conosciuti, non per forza complici. E il risultato è senza dubbio meritevole di un piccolo approfondimento.

In questa sorta di apologo apocalittico il protagonista è un uomo intrappolato dentro la propria professione. In modo non del tutto metaforico. Il dramma interiore si consuma infatti sotto le spoglie di Orso, popolarissimo peluche televisivo idolo delle folle giovani e meno giovani ed esplode in un inconsulto pugno in faccia dato a un povero bambino del pubblico in diretta mondiale. Sopravvissuto – insieme al resto dell’umanità – a un’apocalisse/bufala annunciata dai media, l’uomo dovrà affrontare una fine del mondo personale, concentrata nella totale spersonalizzazione e in un delirio schizofrenico che lo farà parlare con lavandini e bidè, improvvisamente saggi e premonitori. Il mondo finirà davvero, alle 10.30 della notte di Natale, nel bel mezzo del Christmas Show di cui proprio Orso sarà la star. Ma l’incontro – profetizzato anche quello – con la bella Alba (nome evocativo, quasi biblico) lo spingerà forse a usare la popolarità mediatica per salvare il mondo, o forse solo per salvare se stesso.

locandina
locandina

In mano a un attore col talento di Marco Brinzi, accanto al quale la presenza di Gioia Salvatori funge da ottimo solvente e crea, per sovrapposizione di livelli, un’interessantissima nuova sfumatura per una recitazione altrimenti troppo tirata sul filo dei nervi, la storia immaginata da Neri di certo acquista lo spessore necessario a non far pesare una durata probabilmente eccessiva. Da un punto di vista narrativo, l’espediente dell’orologio in scena che mostra al pubblico un’equivocabile durata ha sempre come punto debole la sottrazione della sorpresa e mette in primo piano la necessità di gestire tempi e ritmi senza lasciarsi andare troppo all’istrionismo o a una penna fluviale. E infatti, nell’economia della trama, la sequela di sketch tra l’uomo e il lavandino rischia di serrarsi su una ripetitività, così come il monologo finale, sfiancato da una durata eccessiva, non riesce a difendere il fianco da un affondo di retorica.

Eppure è intrigante e, come già constatato, utile per i nostri tempi questo atteggiamento testardo di regia e drammaturgia, stavolta ben in linea con la metafora scelta per raccontare un’urgenza. In uno spazio fluttuante che non ha pareti ma solo i mobili necessari (dai colori di uno sgargiante cartoon), con il costume da Orso che quando non è indosso al protagonista penzola da una gruccia come un macabro impiccato, scandito dall’ossessivo tic sonoro del jingle della trasmissione omonima, The Happy Bear Show pare trarre verve, ritmo e struttura dall’immaginario delle serie TV americane per parlare a chi, tra noi, non riesce più a star comodo nel proprio guscio, imposto o ben arredato che sia. Lo spauracchio dell’Armageddon, luogo frequentato da tutte le arti con ogni genere di fantascienza (tecnologica o metafisica) tenta, spesso con successo, di comporsi in una fiaba amara in fondo molto adatta agli ultimi giorni dell’anno, quando ci capita, guardandoci allo specchio, di segnarci a matita le rughe, per essere certi di riconoscerci di nuovo nel mondo che verrà domani.

Sergio Lo Gatto
Twitter @silencio1982

visto a carrozzerie n.o.t., dicembre 2014

THE HAPPY BEAR SHOW
uno spettacolo di Woody Neri
con Marco Brinzi & Gioia Salvatori
ed il contributo radio di Alfredo Angelici
disegno luci / datore luci / responsabile tecnico Paride Donatelli
consulenza scenotecnica Javier Delle Monache
composizione ed elaborazione sonora Giorgio Stefanori
musiche Luigi Montagna
assistente alla regia Valentina Cruciani
locandina/grafica Stefano Patti
produzione Vanaclù
co-produzione / residenza carrozzerie | n.o.t
in collaborazione con Teatro di Anghiari

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Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto è giornalista, critico teatrale e ricercatore. È stato consulente alla direzione artistica per Emilia Romagna Teatro ERT Teatro Nazionale dal 2019 al 2022. Attualmente è ricercatore presso l'Università degli Studi Link di Roma. Insegna anche all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna, alla Sapienza Università di Roma e al Master di Critica giornalistica dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" di Roma. Collabora alle attività culturali del Teatro di Roma Teatro Nazionale. Si occupa di arti performative su Teatro e Critica e collabora con La Falena. Ha fatto parte della redazione del mensile Quaderni del Teatro di Roma, ha scritto per Il Fatto Quotidiano e Pubblico Giornale, ha collaborato con Hystrio (IT), Critical Stages (Internazionale), Tanz (DE), collabora con il settimanale Left, con Plays International & Europe (UK) e Exeunt Magazine (UK). Ha collaborato nelle attività culturali e di formazione del Teatro di Roma, partecipato a diversi progetti europei di networking e mobilità sulla critica delle arti performative, è co-fondatore del progetto transnazionale di scrittura collettiva WritingShop. Ha partecipato al progetto triennale Conflict Zones promosso dall'Union des Théâtres de l'Europe, dove cura la rivista online Conflict Zones Reviews. Insieme a Debora Pietrobono, è curatore della collana LINEA per Luca Sossella Editore e ERT. Tra le pubblicazioni, ha firmato Abitare la battaglia. Critica teatrale e comunità virtuali (Bulzoni Editore, 2022); con Matteo Antonaci ha curato il volume Iperscene 3 (Editoria&Spettacolo, 2018), con Graziano Graziani La scena contemporanea a Roma (Provincia di Roma, 2013). [photo credit: Jennifer Ressel]

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