Si guarda al futuro alle Buone pratiche del Teatro, con speranza, coerenza, concretezza, si confrontano idee, si evidenziano gli errori, si riparte dalle pratiche positive e virtuose che hanno segnato il mondo del teatro siciliano.
Arriva in Sicilia e precisamente a Catania, l’appuntamento creato da ateatro.org, che dal 2006 ha toccato le maggiori città italiane con lo scopo di riflettere sui cambiamenti e l’evoluzione dei sistemi teatrali italiani, stabilendo connessioni tra operatori, artisti, organizzatori, politici, studiosi, critici. Dopo Ravenna, altra tappa preparatoria dell’incontro di Firenze previsto per il 9 febbraio, l’incontro ideato da Oliviero Ponte di Pino e Mimma Gallina, tocca la Sicilia come ultimo atto di un percorso di rinnovamento iniziato dalla Rete Latitudini, cui aderiscono le principali, che ha messo in relazione le principali compagnie di teatro contemporaneo dell’isola, alla nomina del nuovo Governo Regionale, il cui Assessore annuncia grandi cambiamenti e maggiore trasparenza nella gestione dei fondi, all’esperienza dell’occupazione dei teatri a Catania, Palermo, Messina. Ed il vento di novità si respira davvero fin dalle prime battute, quando Fanny Bouquerel, con una lucidità poco comune, affonda il coltello in una delle piaghe più dolorose del sistema Sicilia, ovvero gli sperperi dei fondi europei e le spese scriteriate fatte dal Circuito del Mito negli anni passati. Cifre da capogiro, super eventi che non hanno lasciato nulla al territorio, pagamenti di cachet astronomici, mancanza di bandi, di controlli, di ricaduta territoriale, gestione clientelare e poco trasparente, e, per finire, blocco dei fondi da parte della comunità europea. Il quadro è disastroso? Ci pensa lo studioso Dario Tomasello a ridefinire il volto di una Sicilia protagonista della scena contemporanea. Cita Renato Palazzi, in un articolo del Sole 24 Ore, in cui si delinea il ruolo centrale del Meridione nel teatro contemporaneo, Vincenzo Pirrotta che parla di “scuola siciliana”, fa riferimento alla nuova drammaturgia, nata con Nunzio di Spiro Scimone, ma che continua con autori significativi, riconosciuti forse più all’estero che in Italia, alla fine cita anche Fausto Paravidino che definisce il teatro di ricerca un “nuovo teatro di tradizione”. Paolo Randazzo testimonia l’attenzione del mondo della critica alle politiche culturali e sente la sua attività “come un giardiniere nel deserto”, perché è davvero difficile la comunicazione tra fa teatro e chi dovrebbe sostenerlo. Entra nello specifico dei problemi della distribuzione e della difficile applicazione della Legge 25 del 2007 che pure rappresenta un ottimo strumento normativo, se migliorato secondo le esigenze delle compagnie. Turi Zinna, si fa portavoce del progetto C.RE.S.CO, proponendo un coordinamento capace di ridisegnare un territorio, per scrostare anni di ruggine di cattiva gestione politica.
Tante le testimonianze di “buone pratiche”: Piero Ristagno di “Neon” per il teatro delle diversità; Ivano Di Modica di Area Teatro di Augusta con l’impegno nelle tematiche sociali e nella lotta alle mafie; Emanuela Pistone con “Isolaquassud” che si occupa dell’incontro con le culture dell’Africa subsahariana. Fabio Navarra di Nave Argo, racconta la sua attività a Caltagirone che conta 20 anni di storia. Salvo Gennuso illustra il progetto del rinnovato teatro di Avola di aprirsi al territorio dopo anni di chiusura. Alfio Scuderi, Felicita Platania, Luca Mazzone e Daniele Zappalà hanno dato testimonianza del lavoro dei principali spazi che si occupano in Sicilia di teatro contemporaneo: Nuovo Montevergini e Teatro Libero a Palermo, Centro Zo e Scenario Pubblico a Catania (in questi ultimi due si è svolto l’appuntamento).
Ma l’intervento più atteso della giornata è stato quello di Alessandro Rais, Direttore generale dell’Assessorato al Turismo, cui, in Sicilia, dipende il comparto teatro.
Forse si tratta davvero di una rivoluzione in atto, ma il nuovo Dirigente, sembra avere le idee chiare su come stanno le cose, attento nell’ascoltare gli errori già commessi (già questa si potrebbe definire un’ottima pratica), pronto nel dare risposte che hanno tutta l’aria di non essere le solite promesse, dritto sulla propria strada del cambiamento per una maggiore trasparenza, legalità, giustizia e operatività. Tutte parole cui i siciliani erano davvero disabituati, quindi sentir citare Grotowski da qualcuno che parla con un piglio di concretezza senza arroganza, non può che riaccendere le speranze. Ma non ci fermiamo qui, perché Rais entra molto nello specifico, si espone, parla degli Stabili, insensibili alle esigenze di un pubblico che cambia, di un panorama teatrale che si evolve, che non dialoga con il teatro di ricerca. Ci sembra già tanto? Non basta, perché si spinge fino a dichiarare che le commissioni di valutazione rispondono a logiche clientelari, non tutti, replica qualcuno dal pubblico. Vero, ma poco importa, perché inutile negarlo, era questo il sistema Sicilia. Almeno fino a qualche tempo fa, si spera! A dire il vero non si sta nella pelle… a dire il vero la tentazione di cedere alla speranza anche per un popolo cinico come i siciliani, questa volta è davvero forte. Bisogna scriverlo, testimoniarlo, perché se un tentativo di cambiamento c’è, questo va incoraggiato, stimolato, guidato.
Ė in atto un nuovo corso della politica siciliana, almeno in campo culturale? Troppo presto per dirlo, per cantare vittoria, per dire che può esistere una Sicilia diversa, che crede nella coerenza delle scelte, che non sente le istituzioni come le eterne nemiche da combattere. Vuoi vedere che per una volta qualcuno ci ha ascoltato, ci ha provato… Vuoi vedere che stavolta la Sicilia cambia davvero?
Filippa Ilardo
cara Filippa e redazione tutta,
con molto rammarico leggo questo articolo e i sentimenti che hanno susseguito la lettura non sono stati benevoli.
Siccome sono uno che nella sua scrittura tiene molto alle forme, spiegatemi … liquidare l’intervento dei teatri occupati dopo la firma del giornalista significa considerarlo come un PS inserito dalla redazione? O cosa?
relegare a una nota di cronaca un intervento che ha acceso il dibattito per quasi un’ora ( e dico dibattito e non sbrodolamento, auto incensamento\compiacimento monologante come è pratica alle buone pratiche) cela velatamente il punto di vista di chi scrive e della redazione nei confronti di queste esperienze? c’è nella forma un tentativo di ridimensionamento oltrepassando la veridicità dei fatti e sminuendone i contenuti? cosa devo pensare?
eppure Simone Nebbia, da bravo osservatore qual’è, è venuto più volte al TGA a toccare con mano e da vicino l’esperienza e ne ha saputo cogliere lo spirito e apprezzarne pratiche e potenzialità.
leggere quest’articolo e notare come contenga gli stessi “contenuti” della relazione finale fatta da Latitudini ( alla quale,ahimè, appartengo anch’io ma per cui nutro , come tanti ormai e sempre piu, numerose perplessità) in qualità di organizzatrice dell’evento (https://www.facebook.com/pages/LATITUDINI/111313592291880?fref=ts) e dello stesso Ateatro (http://www.ateatro.org/mostranotizie2.asp?num=142&ord=40) cosa mi suggerisce se non una confusione nel giuoco delle parti di pirandelliana memoria?
Per quanto mi e ci riguarda, potete anche cancellare queste ultime 2 righe e fare finta che non ci siamo mai stati:a noi non ci interessa essere menzionati se non per i contenuti che abbiamo portato ( e non sto qui a esplicarli ) ma se non interessano e se il contraddittorio non è contemplato a favore di quella che chiamerei piuttosto “giornata del Buonismo delle pratiche teatrali” allora vuol dire che NON CAMBIERA’ PROPRIO NIENTE e ai presenti ( ed è quella la notizia pare) basterà la presenza dell’ennesimo dirigente regionale davanti al quale potersi mostrare belli e al quale chiedere maggiori attenzioni. lui calerà la testa . e che potrebbe mai fare in queste occasioni? Per fortuna Rais è più intelligente di quanto appaia ed è immune alle tirate di giacca e ai tanti ” le offro qualcosa?”
” Le persone si mettono insieme sostanzialmente per due motivi : o per provare a cambiare le cose o per prendere quel posizionamento che da soli non riescono a raggiungere” .
con dispiaciuto rammarico
giuseppe
Caro Giuseppe, se volete farci avere dei contenuti (sia riguardo alla vostra attività, sia riguardo alla giornata del 26), li pubblichiamo volentieri all’interno del dossier Buone Pratiche su http://www.ateatro.it, come abbiamo pubblicato altri interventi (e i dibattiti che hanno suscitato). Così magari le Buone Pratiche diventeranno meno buoniste. E magari qualcuno avrà voglia di contraddirvi 😉
Premettendo che il mio impegno serio e onesto di giornalista e critico non è minimamente scalfito da questo attacco che non ha nessuna fondatezza, per dovere verso il lettore, sono costretta a spiegare motivazioni e scelte, entrando, mio malgrado, in una polemica triste e consunta che riguarda le occupazioni, in particolare quella palermitana, da cui mi sarei voluta tenere lontana.
Quindi comincio con il dire che è vero ho taciuto, ho omesso. Ho omesso quanto i rappresentanti dei teatri occupati siano stati attaccati dai presenti, i maggiori esponenti del mondo teatrale siciliano, per far risaltare che uno dei motivi per cui una manifestazione, importante come le Buone pratiche, si sia tenuta in Sicilia, riguarda proprio la loro esperienza. Ma tant’è, visto che mi si chiama in causa, perché non mettere in evidenza il fatto che la platea dell’incontro ha affondato il coltello sulle contraddizioni evidenti che caratterizzano le occupazioni? Che siano fondate o meno le accuse che sono state loro rivolte, non credo che questo sia stato il vero focus dell’incontro, né tanto meno che sia il segnale del progressivo isolamento nei confronti di questa esperienza.
Nel mio pezzo ho individuato una linea che sentivo come necessaria al mondo teatrale siciliano che credo abbia già superato il dibattito sulle occupazioni e le sue tristi polemiche. Come questa peraltro, come quelle che riempiono i blog siciliani. Basta scorrere lo storify Twitter (LINK) della manifestazione, per accorgersi di quanto tutto ciò abbia toccato marginalmente la discussione della giornata.
Non ci vuole poi molto a capire che le righe fuori pezzo siano un semplice e innocuo errore redazionale. Del resto, il mio dovere di cronaca è stato assolto quando nelle occupazioni si è individuato una ventata di novità e freschezza tali da richiamare proprio l’attenzione delle Buone Pratiche. Non mi sembra poco, ma a loro non basta. Loro si sentono il centro dell’universo. Certi di essere sempre dalla parte del giusto. Io dubito molto di queste posizioni. E non sta certo a me stabilire da che parte sia il giusto. Se i teatri occupati, finita la tensione rivoluzionaria e romantica che li ha caratterizzati, non si stiano arrogando il diritto di proporre “modelli” con poche possibilità di essere applicati altrove. Sarà per la carica distruttiva, eversiva che li hanno saputo animare, tutti siamo affascinati dalla passione che li ha agitato. Quindi siamo stati sempre dalla loro parte, con il cuore forse, più che con la ragione. Anzi ritengo che il dibattito da loro suscitato sia una fase importante della storia del teatro siciliano, se non fosse che atteggiamenti come questi finiscono per rendere sbiadito il percorso fin qui fatto.Ma forse è ancora presto per operare delle riflessioni critiche, motivate e profonde sulle occupazioni in generale.
Per il resto, riguardo alle accuse di conflitto di interesse, mi basta dire che il mio ruolo all’interno della Rete Latitudini è principalmente di studiosa, di critico, di giornalista. Peraltro l’appuntamento delle Buone Pratiche è stato curato esclusivamente da Oliviero Ponte di Pino e Mimma Gallina, sebbene ci sia stato il supporto organizzativo di Latitudini. Mi sfugge quindi il motivo per cui non avrei dovuto scriverne. Forse i teatri occupati hanno da proporre, dall’alto della loro esperienza, un’altra etica, migliore di quella degli altri. Perché si sa, loro sono dalla parte del giusto. L’accusa di Provinzano non nasconde forse il non aver digerito le critiche affettuose, ma fondate, che il mondo del teatro siciliano unanimemente gli ha riservato? Forse allora, il caro Giuseppe sarebbe più utile al lavoro dei suoi colleghi occupanti se usasse toni meno saccenti e ricattatori. Mi sfugge quale sia il vantaggio nel fare terra bruciata attorno. Non sarebbe forse il caso di mettersi in ascolto e ogni tanto coltivare qualche dubbio, anche su sé stessi?
Filippa Ilardo
Caro Oliviero,
lo faremo certamente e saremo felici di condividerli con Ateatro. Allo stesso modo faremo con Teatro&Critica, la cui redazione ci ha chiesto altrettanto. Non avevamo dubbi sulla sensibilità e sulla qualità del lavoro da Voi svolto. Quanto al buonismo: perdona la pungente espressione ma non vuole essere riferita allo storico appuntamento da Voi creato, lungi da noi, saremmo pazzi, ma piuttosto alla piega che ha preso questa giornata siciliana, simile a tanti altri parterre a cui abbiamo assistito in cui l’Istituzione veniva accolta da operatori con la bava alla bocca che ne uscivano rincuorati e addolciti da splendide promesse e aperture. Già visto da queste parti. Già replicato a queste Latitudini.
Lo stesso Buonismo che esprime alla perfezione la risposta di Filippa Ilardo, alla quale non rispondiamo per le rime perchè sarebbe sin troppo facile ma soprattutto perchè non è questo il piano del dibattito che vogliamo intraprendere in quanto ha preso erroneamente i toni dell’attacco personale nei confronti di un portavoce che ha parlato per noi tutti e non a titolo personale, privandosi dei Veri contenuti e approfondimenti che meriterebbero le Buone Pratiche, così come Teatro&critica e tutti i presenti alla giornata che hanno lavorato ( perchè hanno lavorato e tanto e non supportato) e\o che hanno assistito e partecipato, nonché notare come essere infarcito di tutta una serie di inesattezze che si commentano da sole.
Chi c’era saprà fare le sue valutazioni ( e ne stiamo ricevendo solidarietà da parte di numerosi colleghi)
Chi non c’era aspetterà un nostro focus sulla giornata e si farà una sua idea.
Noi non vogliamo ragione, sappiamo di non sapere e lasciamo la ragione ad altri.
Prego.
Alimentiamo la partecipazione che non significa Volemose Bene.
alimentiamo il confronto che non significa scontro.
alimentiamo la coesistenza che non significa competizione.
Alimentiamo il dibattito che non significa polemica.
con stima e simpatia 😉
Cara redazione,
grazie di aver cancellato le righe a cui facciamo riferimento: certo potremmo sembrare matti al lettore ma ne acquistiamo tutti in dignità. Vi faremo avere un documento con i nostri contenuti. Grazie mille davvero.
buon lavoro
con stima e affetto
Teatro Garibaldi Aperto