Banner workshop di critica a inDivenire
Banner workshop di critica a inDivenire
Banner workshop di critica a inDivenire
Banner workshop di critica a inDivenire
Banner workshop di critica a inDivenire
HomeArticoliFoscarini: Nardin: D'Agostin - Spic & Span: la danza tirata a lucido

Foscarini: Nardin: D’Agostin – Spic & Span: la danza tirata a lucido

Questa è la storia di un fallimento, meraviglioso incagliarsi di una barca nelle sabbie di fronte al porto che ha sempre avuto intenzione di raggiungere, nonostante i propositi di rotte lontane e sconosciute (e chissà che pericolosi naufragi). Qui non importa l’approdo, questa storia qui è fatta di un viaggio, così lontano così vicino, così puntuto nelle indicazioni di direzione e così dolcemente disarmato quando il vento – per sua forza naturale – ne ha tradito le rotte. È proprio in questo viaggio imprevisto che scoprono approdi sorprendenti, questi ragazzi danzautori – Foscarini:Nardin:D’Agostin, l’uno specifica dell’altro con i due punti ad esplicitare che si tratta di tre corpi in uno solo Francesca:Giorgia:Marco – marinai che vorrebbero far saltare ogni regola di navigazione, ma che proprio dal fuggirle al ritrovarle fanno il loro viaggio più bello, questo loro primo lavoro compiuto, dal titolo Spic & Span.

Spic e Span è il coloratissimo detersivo che troviamo tra gli scaffali di ogni supermercato, famosissimo nelle case di tutto il mondo, da quando la sua inventrice Elizabeth Mac Donald compose questa formula in accordo con una zia farmacista. Letteralmente è una espressione che i marinai usavano per definire una nave “tirata a lucido”, che risplendeva della stessa nettezza che doveva avere quando appena fabbricata. Ecco allora che inizia a farsi più chiaro l’intento di questi tre abili danzatori: la loro danza è “tirata a lucido” e s’innesca da una perfezione formale, da una ricchezza espressiva del segno estetico, da un rigore conciso e un dosaggio ritmico assai convincente, di cui dispongono senza cedimenti strutturali, segno di una spiccata (e precoce) professionalità. Ma – c’è un ma – questa loro costruzione di sé, questa impostazione di uno sgargiante nazismo, non è in fondo che una mostra dell’esatto contrario: il loro obiettivo primario e finale è denunciare sé stessi dell’impossibilità che l’arte sia totalmente assente di sentimento e, quindi, di umanità. È qui che lo spettacolo prende forma, da quando la forma e la simmetria iniziano ad essere traditi: il puro movimento, fuori di ogni drammaturgia, dapprima si compone senza installare attesa d’altro, liberati dalla semantica misurano il loro potenziale cinetico sopprimendo con pochi elementi la loro emotività (l’espressione immutabile e gli occhiali da sole neri e coprenti sempre sugli occhi). Poi però i primi elementi che iniziano a far soffiare vento su quello che inizia a palesarsi come un castello di carte, fragile tentativo di vietarsi contenuto, fanno la loro comparsa: palloncini colorati (e il loro fiato – organico – a gonfiarli), fino a tre flaconi del detersivo atteso, l’oggetto che rappresenta loro, l’oggetto da loro rappresentato. La rapida e inarrestabile assimilazione dell’intero contenuto, mentre il fiato dello sforzo fisico si rompe e quasi se ne annegano, ci conduce a un risultato sorprendente: svuotati di emotività, questi uomini si sono fatti contenitori, recipienti che possono ingoiare un litro di detersivo senza battere ciglio, perché fra di essi, uomini e oggetti, non c’è più alcuna differenza.

Ed eccoci al punto: cercando una seriosità improbabile, così colorati e “lucidi”, innescano un gioco grottesco che spinge proprio a quella partecipazione emotiva che cercavano – già per sé stessi, come per gli spettatori – di negare; “se esiste un modello – dichiarano nelle note – noi lo abbiamo seguito e rincorso, fino ad inciamparci addosso”: l’indipendenza da quel modello giunge proprio nel momento in cui anche l’imitazione più perfetta mostra l’impossibilità di replicarlo, l’approdo nega l’abbrivio e proprio per questo concede senso all’intero viaggio: decretando il vuoto della forma, infine, l’hanno resa contenuto.

Simone Nebbia

visto a Zoom Festival 2011 [programma] Scandicci

Leggi anche Zoom Festival – da Krypton al teatro, il viaggio dei supereroi

Spic & Span
di foscarini:nardin:dagostin
con Marco D’Agostin, Francesca Foscarini, Giorgia Nardin
musiche Trio Lescano, The Puppini Sisters, Matthew Herbert
editing musicale e ambienti sonori Tommaso Marchiori
costumi disegno Federico Zingano realizzazione Federica Todesco
immagine di copertina Ilaria Cardinaletti

Telegram

Iscriviti gratuitamente al nostro canale Telegram per ricevere articoli come questo

Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Pubblica i tuoi comunicati

Il tuo comunicato su Teatro e Critica e sui nostri social

ULTIMI ARTICOLI

Braunschweig e Deflorian con Pirandello oltre la morte

Recensione. La vita che ti diedi di Luigi Pirandello, con la regia di Stéphane Braunschweig e l'interpretazione di Daria Deflorian nel ruolo da protagonista....

Media Partnership

Contemporaneo Futuro: nel tempo della nuova visione

Presentiamo con un articolo in media partnership la IV edizione del festival Contemporaneo Futuro dedicato ai nuovi autori e ai nuovi pubblici a cura di Fabrizio Pallara che si svolgerà al Teatro India - Teatro Torlonia dal 10 al 14 aprile .