Questa recensione fa parte di Cordelia di giugno 25
A leggere il foglio di sala di Neural fugue, quindici minuti di prova a scena aperta di Giuliano Logos – poeta, rapper e primo italiano vincitore nel 2021 del campionato mondiale di poetry slam – si parte l’aspettativa di una sperimentazione tra poesia declamata e intelligenza artificiale. L’incontro effettivamente avviene in scena: tra l’idea classica di condivisione del verso poetico per tramite di un novello aedo e una forma “sostenibile” di machine learning in grado di produrre un tappeto sonoro che si adatta alla prosodia/flow del discorso pronunciato (sostenibile perché meno dispendiosa sul profilo energetico, ci rivela in scena, questo progetto sviluppato dall’Università di Tor Vergata, A-MINT). Eppure, questo è forse l’aspetto più debole della performance, perché per quanto la macchina sia in grado di processare ritmi in continuo mutamento, non riesce ancora a rispettarne toni e volumi, sovrapponendosi alla voce dell’artista le cui parole per le file più lontane sono diventate di difficile comprensione. Ma, tolto il “problema di soundcheck” non appena la tecnologia sarà presto in grado di affinarsi ulteriormente, l’aspetto più interessante della prova sta non nel dispositivo, ma nel pensiero. Il cuore più interessante dell’esperimento, inserito nella sezione Digitale dello Youth Fest di Dominio Pubblico, è nella riflessione di Logos sulle possibili vie d’uso, negative e positive, con le tecnologie. Dopo una parte introduttiva (che serve al pubblico per comprendere i dati in campo e a lui per testare la macchina), prosegue con due racconti immaginifici, raccontando applicazioni di tecnologie diverse: una del passato, legata a rituali di mare, dove la tecné vocale del “tagliatore di trombe d’aria” diventa magia salvifica in grado di riportare a casa le barche che uscivano durante le tempeste. La seconda diventa racconto poetico di un possibile futuro post apocalittico, dove il mondo quasi distrutto prova a guarire grazie alle proprietà dei girasoli (in grado di assorbire radiazioni); qui l’uomo non canta più, la voce, ancora sorretta dall’uso delle figure retoriche, a volte si concede il balbettio e sonorità preverbali, quasi fossero manifestazioni tangibili del mondo spezzato, ma del quale forse qualcosa sembra ancora salvarsi. La bontà della tecnologia è sempre nell’uso che se ne fa. (Viviana Raciti)
Vito al Teatro India per Dominio Pubblico Youth Fest | Prova a scena aperta di Giuliano Logos con AI speech-to-music.