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IL DISPERATO

Questa recensione fa parte di Cordelia, novembre 2022

Una tavola imbandita, quattro sedie, tre generazioni. Attorno a questi elementi che bastano da soli a evocare una famiglia viene disposto il pubblico de Il disperato, lavoro del collettivo olandese Wunderbaum fondato da Marleen Scholten e presentato in prima restituzione pubblica al Romaeuropa Festival. Con lentezza abitudinaria e normalità disperata si consuma il rito del pasto, tradizionalmente sede delle piccole complicità e dei piccoli fastidi della routine familiare. Forte è il senso di oppressione in un unico spazio condiviso, che non concede intimità o ritiro, nella quale riecheggia la condizione del confinamento pandemico ma che facilmente coincide con la realtà di molte famiglie. La disposizione dello spazio scenico ricostruisce tanto un ambiente casalingo quanto un ring, o una gabbia, dalla quale gli attori si sporgono, in sospesi momenti precisi, come a chiedere aiuto in silenzio, o a denunciare l’invadenza di quegli sguardi esterni. Sebbene tutti i personaggi vivano a loro modo una qualche personale disperazione, il disperato del titolo è l’unica figura maschile presente, vittima di sé stesso, di un mondo in cui il modello patriarcale assimilato da generazioni si scontra con contesto, fragilità, insicurezze sociali e umane. Impreparato ad essere mantenuto, fragile, insicuro, ricorre alla violenza. Da vittima di se stesso, si fa carnefice di un’intera famiglia. A raccontarlo è figlia, riportando dati e statistiche in un finale un po’ didascalico, a dispetto dei momenti onirici e poetici proposti durante la messa in scena. (Sabrina Fasanella)

Visto al Mattatoio, Romaeuropa Festival. Di Marleen Scholten|Wunderbaum, Con Marleen Scholten, Alessandro Riceci, Ludovica Callerio, Elisabetta Bruni, Regista assistente Dafne Niglio, Scenografia e luci Maarten van Otterdijk, Produzione Wunderbaum, Associazione TRAK, Consulenze Paolo Giulini-criminologo clinico, Roberto Bezzi-Responsabile Area Educativa Seconda Casa di Reclusione Milano

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