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Corvidae. E se non avessimo più paura di morire?

 Recensione. Al Teatro Nuovo di Napoli è andato in scena Corvidae. Sguardi di specie di Marta Cuscunà. Scritto nel 2022 per il programma televisivo di Marco Paolini e Telmo Pievani, La fabbrica del mondo, i corvi della Cuscunà producono perturbanti relazioni in platea.

Foto Daniele Borghello

Sotto lo sguardo scuro e indifferente dei quattro grossi corvi imperiali dormienti sul palcoscenico ancora inattivo, la rappresentazione, in platea, era già iniziata. Le quattro bestie, legate a spessi cavi e manubri, fanno da inquietante fondale al dramma: qualcuno ne è attratto, qualcun altro lo ignora. Ogni spettatore, in realtà, contribuisce attivamente alla rappresentazione a cui assiste con l’espressione della propria vita: le sue reazioni, il modo in cui entra in teatro, come interagisce con conoscenti e no, come applaude, persino sulla strada di ritorno per casa a fine spettacolo. Erving Goffman nel considerare le interazioni sociali ne analizza le caratteristiche più spiccatamente “teatrali”: quelle che coinvolgono il vero gioco di relazione tra ruoli diversi, tra immagini personali e comunicazioni delle stesse. Per cui, eccoci qui. Al Teatro Nuovo di Napoli, giovedì 7 marzo, nel mentre della rappresentazione delle vite del pubblico, Corvidae di Marta Cuscunà sarebbe accaduto. Si potrebbe usare quel giovedì per osservare il fenomeno di quella specifica rappresentazione del reale.

Foto Daniele Borghello

Lentamente gli spettatori hanno preso posto, armeggiando con le note di regia consegnate all’entrata; a una rapida occhiata, concessa poi a più riprese per meglio accertarsi del dato, si ricava che la platea ha un’età media molto alta con pochissimi esemplari tra i trentacinque e i quarantacinque anni. Niente di straordinario nel secondo paese più vecchio al mondo: ma quale sarà il loro ruolo in questa dissertazione sulla crisi ambientale, come potranno “restare in contatto con il problema”, per usare le parole di Donna Haraway? Di cosa si compone questo campione di anziani? Difficile fornire un’indicazione completa, con la pretesa di assoluta esattezza. Eppure, proprio sotto il palco, sotto gli enormi volatili neri ancora muti, un piccolo gruppo si riunisce ed emerge netta una figura di uomo sui settant’anni: è risoluto e parla con i suoi interlocutori con una cognizione riconosciuta dai suoi vicini. Si distingue poco della conversazione, se non «quello è stato un vero dossieraggio: sai a quanti di loro stavano controllando?». Poco distante dal punto di osservazione, invece, una coppia molto matura si confronta sulle note di regia; la contesa intellettuale ruota attorno a “una nuova armonia fra la natura e un progresso finalmente sostenibile attraverso lo sguardo comico e disincantato di uno stormo di corvi meccanici.” La dinamica dell’interazione coniugale è classica: l’uomo si spazientisce poiché non capisce il senso di quello “sguardo comico” in relazione al mondo animale e fraseggia uno sfottò; la moglie, forse più propensa a cogliere delle sfumature poetiche, accenna un’interpretazione per essere poi immediatamente svilita e zittita dal consorte. È probabile che le cose vadano male a causa di uomini e donne (ma decisamente più uomini) che non hanno mai avuto immaginazione. Ma ecco presentarsi due esemplari molti giovani, studenti universitari tra i venti e venticinque anni, gli unici nella loro categoria. Sono entrambi poco disposti ad assumere una postura di condivisione dello spazio, e si scambiano rumorose e invadenti effusioni; in un atteggiamento di disinteresse nei confronti di quello che hanno attorno, continueranno con le loro attività fino all’uscita dal teatro.

Foto Daniele Borghello

Questi alcuni degli esemplari del campione di individui estrapolati da uno specifico habitat metropolitano, che presenta alcune delle caratteristiche che contraddistinguono le grandi città con delle specificità culturali da non sottovalutare. La cura del decoro urbano e della salute dei cittadini, oltre ad essere messa a dura prova da una mancata organizzazione della vita a da un’incuria perpetrata dalle amministrazioni e spesso dagli stessi abitanti, si presenta anche come una questione di classe: in un contesto di enorme divario sociale, è evidente quanto a delle rendite più cospicue corrisponda una maggiore cura. Potrebbe sembrare fuorviante riprodurre sotto gli occhi della lettrice e del lettore l’ecosistema appena presentato rispetto alla funzione dell’articolo, ma tutto diventerà più chiaro. Nel momento in cui Marta Cuscunà prende posto dietro i cinque volatili, stringe le mani attorno ai manubri, fa leva sulle braccia toniche e camuffa la voce, si trasforma in una gigantesca bestia mitologica di natura tentacolare. Uniti tra loro da una relazione di simpoiesi, i due componenti fusi in uno producono nuovi significati di pensiero e relazione; l’occhio antico, preistorico, del corvo, la sua storia mitologica che lo vede vaticinatore, è il legame con la vita degli uomini in un presente e in un futuro sovrapposti. Le luci in platea sono diffuse, tanto da permettere di percepire distintamente la presenza di chiunque. È tutto una relazione tra palco e platea, un fluire di informazioni e diversità. Per questo è stato necessario presentare l’ecosistema: per ricreare quel legame oltre la temporalità del fatto già avvenuto, per “restare a contatto con il problema”. I quattro volatili prendono voce; Aria sulla quarta corda di violino risuona comicamente come la sigla del classico prodotto di divulgazione scientifica. Perturbante eppure divertente.

Foto Daniele Borghello

Lo spettacolo si suddivide in otto momenti durante i quali i corvi parlano tra loro mentre guardano lo svolgersi del mondo sotto il dominio umano; ci prendono in giro, ci osservano con sufficienza eppure con interesse. Espongo l’inutilità della supremazia della nostra specie, la ridicolaggine dell’individualismo, l’incapacità di previsione della catastrofe. Quasi come slogan pubblicitari si proiettano alle spalle dei corvi le dichiarazioni di biologi, filosofi e scienziati sociali, Mathias Osvath, Bruno Latour, Anna Tsing, Albert Jacquard. Sotto la guida temibile delle voci dei corvi, gli spettatori reagiscono passivi allo stimolo delle informazioni fornite a rapidità snervante: dalle stime sugli allevamenti intensivi, allo spaventoso ed esponenziale alzamento delle temperature, ai sacrifici dei giovani attivisti; il tutto esposto tra agghiaccianti profezie, raccapricciati cronache e mordace e instancabile ironia. Fateci caso: più catastrofico sarà l’esito della crisi, più feroce sarà l’ironia. Si riduce tutto a un racconto distopico, la realtà si appiattisce in una finzione ben confezionata. Non è più chiaro questo tipo di linguaggio cosa voglia realmente comunicare; se sancire la fine o proporre una via d’uscita. Il pubblico passa da uno strano silenzio che si sente essere poco addentro al racconto, a istantanei scoppi di risa, in una inquietante insensibilità schizofrenica; intanto nell’aria echeggiano grotteschi gli schiocchi dei baci tra i due esponenti giovani.  E pensare che lo spettacolo fu scritto per il programma televisivo di Marco Paolini e Telmo PievaniLa fabbrica del mondo, andato in onda su RAI 3 nel 2022, seguendo quella vecchia e meravigliosa tradizione, ormai abbandonata quasi del tutto, che ha visto la televisione come uno strumento pedagogico democratico di diffusione del sapere. Il pubblico, inquadrato due anni fa e proiettato sulle televisioni in migliaia di cucine e salotti, allora aveva il serio e attento volto coperto per metà dalle mascherine.

Valentina V. Mancini

Teatro Nuovo, Napoli- Aprile2024

CORVIDAE. SGUARDI DI SPECIE

di e con Marta Cuscunà
progettazione e realizzazione animatronica Paola Villani
dramaturg Giacomo Raffaelli
scenografie video Massimo Racozzi
graphic design Carlotta Amantini
costumi Chiara Venturini
esecuzione dal vivo luci, audio e video Marco Rogante
consulenza scientifica MUSE – Museo delle Scienze di Torino
co- produzione Etnorama Cultura per nuovi ecosistemi, CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia; MUSE – Museo delle Scienze; Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa; Tinaos
installazione dei corvi è parte della scena de Il Canto della Caduta
una co-produzione Centrale Fies; CSS; Teatro Stabile di Torino; São Luiz Teatro Municipal | Lisbona

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