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Amarcord. O la banalità del bene

Cosa si nasconde dietro la deriva del “Nostalgismo”? Quali rischi pone la comicità buontempona che affonda nella memoria nazional-popolare? Una analisi a partire dal recital dell’attore Massimiliano Gallo: Stasera, punto e a capo!

Ph Angrisani

C’è tutta una genia di spettacoli fatti così, per intrattenere il pubblico nel migliore dei casi, quando non invece per ingraziarsene la benevolenza, peggio ancora, la complicità. Quando ci si trova in queste platee scorre sotterraneo qualcosa che non si avverte a un primo approccio, perché d’istinto si è portati a partecipare, condividere sprazzi di allegria più o meno esplosivi, a seconda di quanto l’attore sappia trascinare con gli strumenti del proprio racconto, linguistici, espressivi, di contenuto. Ma poi, con il passare delle ore che separano dalla fine dei lazzi e delle parole, si percepisce una nota stonata, qualcosa di indigerito che riemerge a funestare il tempo successivo, come una memoria di cui si è perso qualche passaggio e che fa un po’ male ricostruire. Accade pertanto che si faccia più attenzione a ciò che l’attore ha condiviso, ossia tutto quel che non si nota se non nella trasparenza di una certa comicità ilare e buontempona.

Ph Angrisani

Un pretesto occasionale ma indicativo lo offre questo ultimo recital di Massimiliano Gallo, attore noto maggiormente in cinema e TV, che prende il nome di Stasera, punto e a capo!, in tournée in molti siti della Campania e intercettato a Paestum in occasione di Cilentart Fest, festival che alla terza edizione sta avendo il pregevole merito di creare un pubblico per il contemporaneo (Anagoor, RezzaMastrella, Latini, Sotterraneo tra gli altri) nelle zone storicamente poco servite dell’entroterra cilentano. Lo spettacolo è un viaggio a ritroso nel periodo della propria adolescenza, gli anni Ottanta ancora vivi nella memoria degli adulti di oggi. L’attore, mattatore, si avvale di un’orchestra che reinterpreta brani dell’epoca e di una dj (Shalana Santana) che raccoglie telefonate di ipotetici ascoltatori, desiderosi di confidarsi con una voce amica (spesso accadeva negli anni in cui la radio non era solo un contenitore commerciale di pubblicità e distrazioni), ma soprattutto dà fondo a un intero immaginario di elementi riconducibili al contesto storico e sociale: personaggi, eventi, canzoni, prodotti, programmi TV, tutto quanto ha attraversato il tempo nei ricordi di chi l’ha vissuto.

E fin qui tutto bene, intendiamoci, fanno sorridere gli sketch di uso quotidiano in dialogo col video, dalle pubblicità del Crystal Ball o Postal Market, da questo o quel Festival di Sanremo, scudetti e mondiali di calcio, lucchetti ai telefoni di casa e bollette impazzite al contascatti; ma nella pomposità celebrativa di quel tardo Novecento si avverte uno stridore nel confronto con il tempo contemporaneo, precisamente inizia a farsi largo quando i temi si fanno più complessi, là dove la società compie trasformazioni talvolta dolorose e, spesso, incompiute. Il sesso, per esempio, vissuto dallo spioncino di una serratura, con le riviste porno nascoste tra i giornali o sotto un mobile, non come oggi che i ragazzi fortunati hanno Pornhub ma che così si perdono l’immaginazione; ecco che qui il pubblico, quasi interamente, converge verso l’attore, occhieggia l’amico di fianco, annuisce divertito con un risolino laterale, sornione e compiaciuto. Eppure questi giorni, settimane, questi anni – ultimo il caso agghiacciante di Palermo – ci stanno consegnando un’urgenza impellente nella cronaca quotidiana, la totale mancanza di educazione affettiva sta deturpando la relazione tra i generi, violenze e stupri sembrano una sequenza infinita, inarrestabile di declino umano; e il porno, l’accesso indiscriminato a questa rappresentazione approssimativa del sesso, sta certo alimentando questo scenario apocalittico e una concezione dell’erotismo in cui coercizione, sopraffazione, glorificazione della virilità, veicolano desideri, ma più giusto è dire brame, verso una dinamica di potere e sottomissione.

Ph Angrisani

L’intero spettacolo è dunque un minestrone totocotugnesco di finto buonismo patriottico degli “italiani brava gente”, che mescola senza criterio Mani Pulite e l’inno di Mameli, Ustica, Stazione di Bologna e Mike Bongiorno, Il pranzo è servito e il muro di Berlino, lasciandovi nascosto non già un revanchismo di razza, genere o casta, per intenderci a là generale Vannacci, che sarebbe un nemico di facile individuazione, ma un sotterraneo sentimento di nostalgia, apparentemente innocuo, per un’epoca la cui leggerezza non era però superiore all’impianto patriarcale della società e della famiglia, in cui il potere del pater familias permetteva ancora, ad esempio, di colpire i propri figli con lo schiaffo del padre, inteso come giusto e autoritario gesto di trasmissione generazionale (“Ma ti pare che adesso – dice ridendo – gli adolescenti hanno così tanti diritti che io non posso dare uno schiaffo in testa a mio figlio?”).

Ma ciò che ancor peggio caratterizza questa deriva reazionaria del “nostalgismo” e del “volemose bene” è quel processo di consenso retorico che non intacca oltre la superficie e convince i più di essere sempre dalla parte del meglio. Quale logica può avere, dopo 30 anni di stragi e fiction, muri di gomma, inchieste e latitanze, ascoltare un attore che urla “Falcone e Borsellino erano brave persone!” e infine “degli eroi”? Acclama, in estasi, il pubblico in platea. Ognuno si identifica tra le “brave persone” e applaude, pensando sotto sotto che manca poco a definirsi “eroi”. Sorge il sospetto che non sia qui in discussione la banalità del male, evidenziata da Hannah Arendt ai processi a Norimberga, ma che quel male, nostalgico lussuoso confettoso, sia diventato ormai, invisibile e patinata, la banalità del bene.

Simone Nebbia

Capaccio Paestum – Cilentart Fest – Agosto 2023

STASERA, PUNTO E A CAPO!
con Massimiliano Gallo, Pina Giarmanà, Shalana Santana
e con l’ensemble Gianluca Mirra, Giuseppe di Colandrea, Davide Costagliola, Fabiana Sirigu
diretta dal M° MIMMO NAPOLITANO

Produzione Teatro Diana, Città Mediterranee – Nuovi Orizzonti

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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