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QUEL CHE RESTA (concept e coreografia di Simona Bertozzi)

Questa recensione fa parte di Cordelia, maggio 2023

Un paio di assoli per duo con ciabatte: ecco ciò che resta. Pure con un po’ di glitter, le ciabatte. Chi legge non si allarmi. È uno splendido lavoro di due corpi dissimili che non fanno nulla per assimilarsi, e che probabilmente (cioè sicuramente) si riflettono a vicenda e si ritrovano concordi su un qualche altro piano. Gli outfit, va detto sùbito, sono improponibili. Una mia studentessa presente congettura siano fatti apposta perché le interpreti devono essere qui percepite oltre l’abito. Ok, ci credo. Si tratta di Quel che resta, concept e coreografia di Simona Bertozzi, interprete insieme a Marta Ciàppina (si legge così, sdrucciola), e accompagnate da una giusta drammaturgia musicale che comprende la voce di un documentario sugli ippopotami e il loro habitat. Visto al Festival internazionale Prospettiva Danza Teatro di Padova, in una location estremamente suggestiva: l’Agorà del Centro Culturale Altinate. Se Bertozzi è aerea (insisto: inspiegabilmente vestita con colori terreni), apre lo spazio e intercetta linee, mentre tutto libera e scioglie e svapora; Ciàppina, invece, è più concreta (ma di bianco vestita, che sempre un po’ carica, e una camiciola fiorata con maniche a sbuffo che da un po’ non si vedevano, e che allargano, squadrano) tiene il punto, marca lo spazio e tutto comprime, contempla, e trattiene. Dopo l’avvio in ciabattine glitterate, un po’ in tandem effacé come per presentarsi a noi, con movimenti di pieghe e geometrie, finalmente se ne liberano (delle stimate ciabatte) e parte un fitto dialogo fatto anche di distanza e indipendenza, di riprese e di appuntamenti diversamente intesi, sempre però raggiunti e condivisi. I gesti e gli sguardi che si rimandano non si sovrappongono: nessuna sparisce nel corpo e nella presenza dell’altra. A una certa pronunciano e poi ripetono, alternate, titoli di canzoni della propria memoria adolescente: un nuovo piano qui si schiude, quello della memoria certo, ma senza sfondo, senza cornice, nella libertà di un tempo che non ha confini. Si approda così a una sezione di pose in luce notturna, con musica molto lirica, davvero inattesa e seducente. Rinforcate per il finale le (sovra)stimate ciabatte con rametti (forse) di salvia, entrambe si offrono all’ultimo congedo. (Stefano Tomassini)

Visto all’Agorà del Centro Culturale Altinate-San Gaetano per il Festival internazionale Prospettiva Danza Teatro di Padova, Quel che resta, concept e coreografia di Simona Bertozzi, con Marta Ciappina e Simona Bertozzi, musiche di Igor Stravinskij, Ray Chen, Timothy Young, soundscape di Roberto Passuti (con un estratto dal documentario Big Animals survival strategies), light design di Giuseppe Filipponio.

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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